mercoledì 2 ottobre 2013
​L'assurdo sgambetto di Londra: sconsigliata la dieta mediterranea. Il ministro della Salute invita la grande distribuzione ad apporre sui prodotti un'etichetta con i colori rosso, giallo e verde. Segnale di “pericolo” su olio extravergine, grana padano, parmigiano reggiano, prosciutto crudo e mozzarella (Giorgio e Caterina Calabrese)
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È da un po’ di mesi che il Governo inglese insiste giustamente nel voler migliorare la salute dei suoi cittadini. Soluzioni e suggerimenti nascondono con ogni probabilità una manovra di marketing, ben congegnata, a scapito delle eccellenze alimentari italiane. L’Inghilterra ha deciso di far diminuire l’introito di alcuni nutrienti: grassi, sale e zuccheri, presenti negli alimenti. L'dea può presentarsi giusta, ma il metodo no. Invece di proporre un necessario e insostituibile metodo di educazione alimentare, ha pensato di apporre sulle etichette dei prodotti alimentari un semaforo! Il Ministro della Salute inglese, Anna Soubry, ha invitato la grande distribuzione e i supermercati del suo Paese a utilizzare, da quest’anno, i colori del semaforo per le indicazioni nutrizionali. Il sistema escogitato risulta un po’ astruso e generalizzante. Il colore rosso indica pericolo, il giallo mediamente pericoloso, il verde buono. Sulle etichette però non sono affatto suggerite le quantità giornaliere. Inoltre, le porzioni consigliate dovrebbero indicare il valore delle calorie e dei nutrienti riferiti al fabbisogno giornaliero. In altre parole, le indicazioni troppo generiche dovrebbero essere comprese e applicate da normali persone prive delle conoscenze nutrizionali specialistiche. Per alcuni prodotti, in corrispondenza dei numeri indicanti le quantità di ingredienti sono previste parole come "alto", "medio" e "basso" per segnalare in modo intuitivo se un cibo è ricco di grassi e sale. Alcune aziende di distribuzione hanno subito adottato sistemi analoghi a quello dei semafori, imitate da numerose catene di ristoranti, specialmente nei grandi alberghi. Ma l’iniziativa finora era stata lasciata alla discrezione delle aziende, con risultati poco soddisfacenti. Ad aggravare l’offensiva ha pensato il sistema sanitario nazionale inglese che, per rendere omogenea la raffigurazione delle qualità nutrizionali, ha deciso di passare a un’indicazione ufficiale unica. Si è saputo che anche le catene di hard discount, che in un primo momento avevano rifiutato la proposta, adesso aderiscono alle nuove norme, ma c’è ancora qualche catena alimentare che resiste a questo diktat commerciale. Perché tutto questo dovrebbe nuocere alle eccellenze italiane? Perché l’olio extravergine, per esempio, si ritroverebbe un grosso bollino rosso di pericolo, corrispondente a una improbabile porzione di ben 100 grammi, invece dei normali 15-30. La stessa cosa accadrebbe a formaggi, salumi, dolciumi, eccetera. E i nostri eccellenti prodotti italiani e quelli del Europa meridionale si ritrovano così col semaforo rosso. Questo sistema penalizzante per una sola parte di prodotti era già stato bocciato non solo dall’Italia, ma anche dall’intera Unione europea che, saggiamente (almeno questa volta!), aveva suggerito di mettere in atto una campagna di educazione alimentare per i cittadini, specialmente nei confronti dei bambini. L’Ue ha anche proposto altre norme, ad esempio esporre le informazioni nutrizionali sui prodotti alimentari, compresa la provenienza. Speriamo che questa esigenza educativa al buon consumo alimentare sia una proposta ribadita, venerdì prossimo a Bruxelles, quando si riuniranno tutti i responsabili del Comitato scientifico della Catena alimentare dei 28 Paesi, su proposta dell’Italia. Ma, nonostante la bocciatura europea del semaforo, la Gran Bretagna non si adegua. Alimenti come la mortadella, l’olio d’oliva, i sughi, grana padano, parmigiano reggiano, prosciutto crudo, gorgonzola, mozzarella, taleggio, dolci, potrebbero essere eliminati dalle tavole inglesi, provocando un ulteriore problema al settore all’export italiano. In questa battaglia si sono trovati d’accordo sia la Coldiretti che la Federalimentare, che temono questa visione tecnicistica della qualità che rischia di mischiare il prodotto buono e quello cattivo. Gli inglesi potrebbero fare ciò che l’Unione consiglia e l’Italia attua già da molti anni: programmare cicli di educazione alimentare per le scuole e la classe medica. Ciò renderebbe tutto più facile e fruibile. Si comprenderebbero le porzioni da introdurre, le loro calorie, i nutrienti, specie antiossidanti. Sbagliano gli inglesi a non capire che proprio queste caratteristiche del cibo italiano hanno fatto della nostra nazione il popolo più longevo del mondo.
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