giovedì 13 gennaio 2011
Il rapporto tra i giovani milanesi e il mondo del lavoro sembra abbastanza «disincantato». A rivelarlo è un’indagine commissionata da Job (mensile free press promosso dalla Cisl di Milano).
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L’aspetto che pesa maggiormente è quello economico, hanno per lo più contratti flessibili, sono impegnati in attività che spesso c’entrano poco con gli studi che hanno fatto e con i propri desideri, una buona parte è disponibile ad andare a «cercar fortuna» all’estero. Il rapporto tra i giovani milanesi e il mondo del lavoro sembra abbastanza «disincantato». A rivelarlo è un’indagine commissionata da Job (mensile free press promosso dalla Cisl di Milano) a S&G Kaleidos, che sarà pubblicata sul numero di gennaio del giornale, in distribuzione martedì 18.«I risultati del sondaggio – afferma il segretario generale della Cisl di Milano, Danilo Galvagni – sono in linea con le tendenze generali di questi anni. Il lavoro è diventato sempre più flessibile e precario e, purtroppo, sempre meno un modo per realizzarsi, per mettere in gioco le proprie capacità. Non a caso molti, per quanto riguarda l’occupazione, dicono di guardare soprattutto allo stipendio e devono ripiegare su mansioni che non corrispondono alle proprie aspettative e inclinazioni. Il rapporto con il lavoro mi pare quasi utilitaristico: il lavoro è un mezzo per fare altro, la vita è altrove. E questo è un problema su cui dovremmo interrogarci tutti: parti sociali e istituzioni. Trovo positivi i giudizi sul sindacato che, nonostante le sue fatiche e i suoi detrattori, resta un punto di riferimento anche per i giovani».L’indagine ha preso in esame un campione di persone di Milano e provincia, divise in fasce d’età (18-24 anni e 25-34 anni). Tra queste, lavora il 59,8% (51%: 18/24; 68,6: 25/34), non lavora il 20,3%, non risponde il 19,9%. Tipologia contrattualeTra chi è occupato, il 27,4% ha un contratto a tempo determinato/a termine, il 22,2% a progetto/di collaborazione, il 18,8% a tempo indeterminato (12,2%: 18/24; 25,3%:  25/34), il 12,2% interinale, il 6,6% è socio di una cooperativa, il 5,1% lavora in nero. Cosa conta di più nella scelta di un lavoroIl 50,2% ha detto che l’aspetto di maggior peso è quello «economico/stipendio», il 26,1% «l’inquadramento professionale», il 10,5% la «tipologia contrattuale», il 6,9% la «vicinanza al luogo di residenza».Canali di reclutamentoIl 36,6% ha trovato lavoro tramite un’agenzie del lavoro, il 23,3% grazie a  conoscenze, il 16,6% con annunci di lavoro, il 9,9% navigando su internet (il 12% nella fascia 18-24 anni), il 4,1% attraverso la scuola.Corrispondenza con titolo di studio e aspirazioniSolo il 20,5% svolge una professione che corrisponde al proprio titolo di studio. Il 35,9% «in parte», il 36,6% «no». Alla domanda «In relazione alle offerte di lavoro che ha visionato…» il 37,7% ha risposto di «avere accettato anche se non era esattamente ciò che cercavo», il 26,9% di avere «trovato ciò che mi interessava», il 16,6% di non avere «trovato niente che facesse al mio caso» e il 10,5% ha detto che le proposte interessanti «offrivano un salario basso».Lavorare all’esteroQuasi un giovane milanese su due (48,4%) ha dichiarato di essere disponibile ad andare a lavorare all’estero. Ha detto “no” il 41,4%.Giovani e sindacatoI giovani mostrano ancora fiducia nel sindacato. Alla domanda: «Lei pensa che tra le priorità delle organizzazioni sindacali ci sia la questione giovanile?» il 29,4% ha risposto «sì, anche se la situazione del mondo del lavoro non è semplice», il 20,2% «sì, anche se potrebbero fare molto di più», il 18,8% «sì, ma le Istituzioni sono assenti». Quelli che hanno detto «per ora no» sono il 16,1%.Lavoro e sicurezzaGli intervistati sottolineano che la sicurezza nei luoghi di lavoro è ancora un problema, non solo per colpa delle aziende. Secondo il 35,5% «le imprese ne richiedono il rispetto, ma talvolta i lavoratori non hanno consapevolezza dei rischi che corrono sul luogo di lavoro», per il 29,6% «nonostante una buona normativa ancora oggi non vi è piena applicazione». Infine a giudizio del 18,3% «i datori di lavoro non rispettano la normativa».
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