martedì 16 maggio 2023
Commissioni elevate, sino al 20%, e incassi dilazionati sono le principali criticità. Il presidente Fadda: riequilibrare i rapporti per evitare l'aumento dei costi per i consumatori
Le piattaforme digitali secondo l'Inapp applicano le stesse politiche di "dipendenza" ai lavoratori e alle imprese della ristorazione

Le piattaforme digitali secondo l'Inapp applicano le stesse politiche di "dipendenza" ai lavoratori e alle imprese della ristorazione

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Sono un’opportunità ma anche un costo considerevole. Per i ristoranti, e in generale le attività legate al turismo, l'adesione alle piattaforme digitali si rivela un'arma a doppio taglio. Le imprese sono dipendenti dalle app con commissioni che superano, in un terzo dei casi il 20%. La commissione media per i ristoranti è del 18%, nel turismo si scende al 16%. Solo un’ impresa su dieci paga una commissione fissa. Nella ristorazione il 68% dei contratti stipulati dalle aziende con le piattaforme (37% nel turismo) prevede clausole di dipendenza per l’incasso dei pagamenti e sette volte su dieci le condizioni contrattuali derivano dall’imposizione di clausole unilaterali. Così come unilaterali sono le richieste di modifica contrattuale da parte delle piattaforme (32% nel turismo e 20% nella ristorazione). Inoltre, un’impresa su 4 nella ristorazione non ha accesso a informazioni sulla propria clientela, una su 8 nel turismo, con possibili ripercussioni per quanto riguarda le strategie di mercato.

È quanto emerge dal policy brief “L'Economia delle piattaforme digitali” presentato oggi dall’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) nel corso di un seminario. Il lavoro trae spunto dall’indagine “Inapp Digital platform survey”, che per la prima volta ha analizzato nel corso del 2022 un campione di circa 40mila imprese, che comprende anche le aziende con meno di 3 addetti, rappresentativo delle 299mila imprese operanti in Italia nei settori della ristorazione, del turismo e dei trasporti terrestri.

“Esiste un rischio di dipendenza tecnologica, economica e finanziaria delle imprese dalle piattaforme, che richiama, anche se in misura ridotta, lo stesso rapporto sbilanciato che queste hanno coi lavoratori - ha sottolineato il presidente Sebastiano Fadda -. A partire dai sistemi di rating commerciale, che comportano potenziali rischi reputazionali, al 32% delle aziende della ristorazione e al 19% nel settore del turismo è capitato almeno una volta di perdere clienti per disservizi causati dalle piattaforme con cui lavorano, fino ai ritardi nei tempi di incasso dei pagamenti mediati dalle piattaforme”.

Secondo l’indagine, nella ristorazione le clausole di dilazione dei trasferimenti degli incassi dalla piattaforma all’impresa sono presenti in circa tre quarti dei contratti (il 37% nel turismo). Una pratica che rappresenta un costo e un fattore di rischio finanziario intrinseco nel caso di pagamenti tramite piattaforma. Le condizioni meno vantaggiose risultano applicate più frequentemente nel settore della ristorazione in cui nel 92% dei casi gli incassi mediati dalla piattaforma sono differiti nel tempo. In Italia le imprese che utilizzano le piattaforme digitali sono oltre 57mila: sono il 42% del totale di quelle turistiche e il 13% di quelle della ristorazione. Nel biennio 2020-2021 il fatturato intermediato dalle piattaforme digitali rappresenta circa la metà del giro d’affari nel turismo e quasi un quinto dei ricavi nella ristorazione. Nell’ambito del turismo la distribuzione delle imprese che utilizzano le piattaforme è molto differenziata, con una prevalenza nelle attività alberghiere. In particolare, sono affittacamere o bed and breakfast e alberghi che superano il 75%.

“Se è vero che una quota rilevante di imprese nel turismo faceva ricorso alle piattaforme già prima del 2020 - ha commentato Fadda - è altrettanto vero che per il 45% delle imprese della ristorazione che ha iniziato ad utilizzare le piattaforme digitali per l’asporto durante la pandemia si è aperto uno spazio di mercato altrimenti sconosciuto, che ha consentito anche lo svolgimento di una funzione sociale. Tuttavia, sarebbe opportuno riequilibrare i rapporti tra piattaforme e imprese al fine di non imporre oneri eccessivi a queste e ai consumatori”.

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