giovedì 24 giugno 2021
La sensazione di isolamento cresciuta durante la pandemia con un crollo dell'accesso alle prestazioni dell'87%. E l'inserimento nel mercato del lavoro subisce una battuta d'arresto
L'Inapp: crollato l'accesso ai servizi socio-sanitari
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L'emergenza sanitaria ha avuto ripercussioni gravi sulla vita delle persone sordocieche e delle loro famiglie imponendo una condizione di isolamento nell'isolamento. In particolare, la pandemia ha messo a dura prova i servizi socio-sanitari rilevando una drastica riduzione (-87,5%) degli accessi ai servizi sociali, mentre allo stesso tempo sono aumentati significativamente i disturbi psicologici ed emotivi (+38,4%) dei disabili dovuti alla paura del contagio e alla preoccupazione e all'incertezza per il futuro, con il 49,2% che ha riportato disturbi del sonno. È quanto emerge da uno studio dell'Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche (Inapp). Lo studio, diffuso alla vigilia della giornata nazionale delle persone sordocieche che si celebra domenica 27 giugno ha coinvolto una comunità di individui con comprovate gravi disabilità neurosensoriali, appartenenti a sei associazioni nazionali di pazienti: Lega del filo d'oro, Unione italiana ciechi, Fiadda Umbria onlus, Istituto Statale Sordi, Affrontiamo la sordità insieme e Associazione Portatori di impianto cocleare onlus.

Nel nostro Paese sono 189mila le persone sordocieche, pari allo 0,3% della popolazione, con un significativo incremento dell'88% tra coloro che hanno più di 65 anni. Il 31,2% di loro vive nelle regioni del Nord, il 21,4% nel centro, 30,6% del sud e il 16,8% nelle isole. La pandemia ha avuto come effetto collaterale anche quello di interrompere il trend positivo sull’occupazione per i portatori di handicap. La nona Relazione al Parlamento curata da Inapp (relativa al tirennio 2026-2018) ha messo in evidenza come nel 2018 ci sia stato un aumento delle assunzioni, salite a quota 62mila. Si tratta della prime relazione che fotografa gli effetti delle novità introdotte dal Jobs Act nel 2015. Sono cresciuti gli iscritti al collocamento mirato, che hanno raggiunto quota 900mila ma restano scoperte almeno 145mila posizioni che per legge dovrebbero vedere al lavoro altrettante persone con disabilità. In Italia purtroppo il tasso di occupazione dei portatori di handicap è fermo al 35% contro una media europea del 50% e la pandemia ha accentuato le difficoltà per questi lavoratori fragili.

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