giovedì 2 gennaio 2020
Nel 2016, un terzo del personale, 150 su 450, aveva contratti a termine. L'Istituto nazionale di ricerca su lavoro, formazione e politiche sociali rilanciato negli ultimi anni
Stefano Sacchi, presidente dell'Inapp

Stefano Sacchi, presidente dell'Inapp

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L'Inapp, l'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche, ha completato le stabilizzazioni, avviate nel 2018, di tutto il personale precario. «Quando sono arrivato all'allora Isfol, nel 2016, un terzo del personale, 150 su 450, aveva contratti a termine, rinnovati di volta in volta – ha spiegato Stefano Sacchi presidente dell’Istituto -. Molti erano in queste condizioni da oltre 20 anni, prima con collaborazioni e poi con contratti a termine. Ho preso un preciso impegno per stabilizzare tutti i precari nel corso del mio mandato e sono felice di averlo mantenuto. Si parla molto in questi giorni dei precari della ricerca, in particolare negli enti pubblici di ricerca. Inapp ha risolto integralmente questo problema, e può ora concentrarsi ancor meglio sulle nuove sfide della ricerca».

Inapp nasce nel 2016 dall'Isfol, un ente di ricerca storico nel campo dell'analisi delle politiche del lavoro e della formazione, che però rischiava la chiusura come ente inutile. «In soli quattro anni – ha proseguito Sacchi - Inapp si è accreditato come istituto di ricerca seria e rigorosa e di produzione di dati e analisi fondamentali per chiunque si occupi di politiche sociali, del lavoro e della formazione nel nostro Paese e in Europa». Inapp cura infatti per l'Italia indagini internazionali come Piaac sulle competenze degli adulti e European Social Survey, la più importante indagine su atteggiamenti, credenze e comportamenti dei cittadini europei. Tra le indagini nazionali più importanti, la Rilevazione Imprese Lavoro su 30mila imprese di tutte le dimensioni, fondamentale per le analisi di produttività e innovazione e le misure di politica industriale del nostro Paese, e Inapp-Plus sul tema del lavoro, che fornisce informazioni non disponibili altrove, ad esempio sui lavoratori delle piattaforme e sulla gig economy.

L'Atlante del lavoro e delle qualificazioni e il sistema sulle professioni e fabbisogni sono strumenti essenziali per chi si occupa di settori economici, professioni, competenze, qualificazioni e formazione in Italia. Questi strumenti hanno consentito a Inapp di posizionarsi alla frontiera della ricerca in Europa sul tema dell'impatto socioeconomico del cambiamento tecnologico. «Collaboriamo con Ocse, con la Commissione europea e con molte istituzioni di ricerca internazionali sull'impatto sociale e occupazionale del cambiamento tecnologico e sulle necessità di adeguamento della formazione che ne conseguono – ha
aggiunto Sacchi - e questo è un settore di ricerca che intendiamo rafforzare, assieme agli strumenti per la formazione curati da Inapp, come Stage4EU che consente ai ragazzi italiani di cercare uno stage in Europa e l'Agenzia nazionale Erasmus+Inapp, che in pochi anni ha coinvolto 25mila giovani con uno stage o esperienza di lavoro all'estero».

«Abbiamo prodotto molte analisi importanti per i policymaker, sulla gig economy, sui green job, sul rischio di disoccupazione tecnologica e il sostegno per politiche sociali di vario tipo, dal reddito di base a un sussidio di disoccupazione europeo – ha concluso il presidente dell’Inapp - Intendiamo continuare su
questa strada, sfruttando il patrimonio informativo dell'Istituto, per mettere a disposizione di chi prende decisioni a tutti i livelli – aziende, enti privati e del terzo settore, regioni, governo – strumenti e scenari per
governare il cambiamento nel campo delle politiche sociali e del lavoro, della formazione e delle politiche industriali».

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