giovedì 23 aprile 2020
Ai familiari delle vittime spetta l’indennità «una tantum», il cui importo può variare da 13mila a 3mila (valori anno 2018)
Il personale sanitario tra i più colpiti dalla pandemia

Il personale sanitario tra i più colpiti dalla pandemia - Archivio

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Ai familiari di vittime del Coronavirus spetta l’indennità «una tantum» per gravi infortuni sul lavoro, il cui importo può variare da 13mila a 3mila (valori anno 2018). A precisarlo è l’Inail nella circolare n. 13/2020 precisando, peraltro, che la prestazione è erogata sia agli assicurati che ai non assicurati all’Inail. La circolare precisa, ancora, che la tutela assicurativa (per cui è infortunio sul lavoro il contagio avvenuto in occasione di lavoro) si applica, oltre ai dipendenti, a “tutti” gli assicurati Inail, quindi anche a parasubordinati, sportivi professionisti dipendenti e dirigenti. Per infermieri, medici, cassieri e venditori da banco vale la “presunzione” semplice dell’origine professionale del contagio.

La prestazione «una tantum», che è di tipo economico, ordinariamente viene riconosciuta ai nuclei familiari eredi di vittime del lavoro: coniuge e figli, innanzitutto, e in loro mancanza genitori, fratelli e sorelle. Come detto, possono beneficiarne anche i lavoratori non assicurati all’Inail, come ad esempio militari, vigili del fuoco, forze di polizia, liberi professionisti, domestici. Gli ultimi importi della prestazione, erogata lo scorso anno in relazione alle vittime del 2018, sono stati: 3mila euro all’unico superstite; 6mila euro a due superstiti; 9mila euro a tre superstiti; 13mila euro oltre tre superstiti. La novità, dunque, è l’estensione della prestazione ai familiari superstiti nelle ipotesi di decesso del lavoratore per coronavirus sul lavoro.

Il dl Cura Italia (art. 42 del dl n. 18/2020) stabilisce che il contagio è infortunio sul lavoro, nei casi di accertata infezione da coronavirus in “occasione di lavoro”. In questi casi, ne deriva il riconoscimento all’infortunato, da parte Inail, della tutela assicurativa estesa anche al periodo di quarantena con astensione dal lavoro, sia per i datori di lavoro pubblici sia per quelli privati. Tale disposizione, spiega l’Inail, confermando l’indirizzo già seguito dall’istituto assicuratore, chiarisce che la tutela, spettante nei casi di contrazione di malattie infettive e parassitarie in ambienti di lavoro e/o nell’esercizio delle attività lavorative, opera anche nei casi d’infezione dal nuovo coronavirus contratte in occasione di lavoro per tutti i lavoratori assicurati all’Inail. Sono destinatari di tale tutela, pertanto, non soltanto i lavoratori dipendenti, ma anche gli altri soggetti assicurati: parasubordinati, sportivi professionisti dipendenti, lavoratori appartenenti all’area dirigenziale.

Nella difficile situazione pandemica, aggiunge inoltre l’Inail, la tutela spetta prima di tutto agli operatori sanitari, esposti a un elevato rischio di contagio. Per tali soggetti, pertanto, vige una presunzione semplice di origine professionale del contagio, considerando l’elevata probabilità che gli operatori vengano a contatto con il coronavirus. Alle stesse condizioni d’elevato rischio di contagio vanno ricondotte anche altre attività lavorative che comportano costante contatto con il pubblico e utenza. In via esemplificativa, ma non esaustiva, l’Inail indica: lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all’interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi, etc. Anche per tali figure vige il principio della presunzione semplice valido per gli operatori sanitari.

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