giovedì 2 novembre 2023
Per la prima volta i criteri per ottenere gli incentivi pubblici per l'acquisto di un'auto elettrica saranno legati all'impronta di carbonio di tutto il ciclo di vita del prodotto
Una Link&co, auto cinese molto venduta in Italia

Una Link&co, auto cinese molto venduta in Italia - Fredrik Etoall

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La Francia sarà il primo Paese d'Europa a legare l'erogazione degli incentivi per l’acquisto di automobili elettriche a un “punteggio ambientale” che tiene conto anche di fattori ecologici produttivi e logistici, e non solo delle emissioni allo scarico come avviene oggi. L’obiettivo è quello di difendere l’economia francese arginando l’invasione agevolata dei prodotti cinesi.

La svolta decisa dal presidente Macron parte dai dati di mercato, secondo i quali gli attuali incentivi francesi (5mila euro sull’acquisto di veicoli 100% a batteria con un prezzo fino a 47mila euro e un peso inferiore alle 2,4 tonnellate) hanno riguardato per il 40% vetture elettriche fabbricate in Cina. E rappresenta il primo passo avanti concreto dopo l’avvio dell’indagine anti-dumping da parte della Commissione europea, provocata anche dal fatto che a livello di barriere doganali, se i brand cinesi oggi pagano il 10% per esportare le loro auto nel Vecchio Continente, le Case occidentali devono far fronte a tariffe comprese tra il 15% e il 25% per vendere laggiù auto costruite in Europa.

Dal 1 gennaio prossimo dunque, in Francia entrerà in vigore una riforma dei contributi statali all'acquisto di veicoli elettrici: il bonus sarà pari al 27% del prezzo d'acquisto (tasse incluse), con un massimo di 5.000 euro per i privati (più altri 2.000 nel caso di redditi sotto i 14.089 euro) e di 3.000 per le società. Le auto avranno però diritto all’incentivo solo se rispetteranno determinate condizioni: una massa inferiore a 2,4 tonnellate, un listino non superiore a 47 mila euro e, soprattutto, un “punteggio ambientale” compreso tra 60 e 100.

Questa è la grande novità. In sostanza, per ogni veicolo sarà misurata l'impronta di carbonio (in chilogrammi di CO2 equivalente), calcolata sulla base di una somma di diversi fattori produttivi e logistici: i materiali ferrosi, non ferrosi e l’alluminio usati durante l’assemblaggio della vettura, le batterie che impiega, l'energia utilizzata e il peso dei trasporti.

Il meccanismo è piuttosto complesso. Non lo è, però, l’obiettivo: valutare cioè l'impronta sull’ambiente di una vettura elettrica nel suo intero ciclo di vita, come non è mai stato previsto in passato dalle normative Ue. Con questi criteri, è chiaro che la produzione cinese pagherà soprattutto gli elevati fattori emissivi di riferimento per l’energia e i trasporti. Del resto, il ministro della Transizione energetica, Agnès Pannier-Runacher, è stata chiara: l’obiettivo dei nuovi incentivi è «favorire le produzioni europee», come promesso da Macron, ed escludere di fatto dai bonus le vetture prodotte in Cina.

Il meccanismo – che verrà precisato con la pubblicazione dei modelli incentivabili da parte dell’Agenzia per l’Ambiente il 15 dicembre prossimo – in realtà rappresenta una minaccia anche per la produzione di alcuni modelli di marchi occidentali. I criteri indicati ad esempio escluderebbero paradossalmente dai bonus la francese Dacia Spring (del Gruppo Renault, ma fabbricata in Cina), una delle elettriche più economiche del mercato.

Se la filiera automobilistica francese ha accolto positivamente la novità, definendola «doppiamente virtuosa, sul piano ambientale e industriale», i rappresentanti delle aziende estere hanno bocciato il meccanismo considerandolo «discriminatorio». Il governo, da parte sua, lo ha difeso, sottolineandone la coerenza con le regole europee e dell’Organizzazione mondiale del commercio.

La svolta decisa da Parigi potrebbe dare la scossa ad altri Paesi alle prese sul mercato con l’identica minaccia cinese. A partire dall’Italia, che sta valutando come affrontare il problema e difendere l’industria e soprattutto la filiera nazionale.

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