mercoledì 4 maggio 2016
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I mercati aumentano la pressione Bce: Atlante e Gacs non bastano MILANO Il no della Borsa alla quotazione della Popolare di Vicenza, per quanto non imprevedibile, ha aperto una nuova fase critica per le banche italiane. Per il secondo giorno consecutivo le azioni del credito sono crollate, con tonfi più pesanti per le banche al centro del risiko avviato forzatamente dalla riforma delle popolari. Il Monte dei Paschi ha perso il 7,5%, Ubi il 5,1%, UniCredit il 4,6%, la Popolare dell’Emilia il 4,3%, quella di Milano il 3,5%, mentre Intesa ha lasciato il 2,3%. L’indice di settore è scivolato del 3,7% riavvicinandosi pericolosamente alla soglia dei 10mila punti dopo che un progressivo recupero da metà aprile era risalito sopra gli 11mila. Meglio non andare troppo indietro, perché la caduta è da vertigini: un anno fa il Ftse Italia Banche era sopra i 16.700 punti, il crollo in 12 mesi è stato quasi del 40%. La pressione rischia di essere troppa anche per il fondo Atlante. Fin dall’inizio è stato sottolineato come lo strumento di sistema per gestire le ricapitalizzazioni delle banche e aiutarle a liberarsi delle sofferenze parta con una dotazione un po’ scarsa. Dei 4,25 miliardi raccolti 1,5 saranno spesi per l’aumento la Popolare di Vicenza. Restano 2,75 miliardi, dei quali però 1 rischia di dovere andare alla Banca Veneto, che per giugno ha in programma un aumento (garantito da un gruppo di banche con al centro Intesa Sanpaolo) poco rassicurante, dati i tempi che corrono. E non è un mistero che c’è chi si aspetterebbe un aiuto anche al Banco Popolare, che deve raccogliere un miliardo, e un gettone per la Cassa di Risparmio di Cesena e quella di Rimini. Come ha sintetizzato ieri in audizione al Senato il membro del direttivo della Vigilanza della Banca centrale europea Ignazio Angeloni, le riforme di Popolari e Bcc sono state «uno strumento molto positivo per sanare le carenze di governance», Atlante «rappresenta un passo ulteriore nella giusta direzione», il programma di garanzie sulle sofferenze concordato con l’Europa (il Gacs) è una buona misura ma non ci si può aspettare che queste misure «possano da sole condurre a una svolta». Ad esempio, ha fatto presente Angeloni, è ancora da verificare se le regole del Gacs sapranno rianimare l’interesse degli investitori per sofferenze italiane, («soprattutto perché rimane ampio il divario tra la valutazione di mercato dei portafogli di NPL e i prezzi attesi dalle banche ») mentre per Atlante c’è un problema di «entità ridotta». Per il fondo, ha aggiunto, la Popolare di Vicenza «sarà una prova importante; se condotta con successo, può innescare un circolo virtuoso e attrarre anche altri investitori». Certo, Atlante progetta di rimettere in seso la banca nel giro di 18 mesi e l’Italia non può aspettare un anno e mezzo per le sue banche. Ora l’attesa è tutta per la Banca Veneto, che riunisce la sua assemblea domani per approvare il bilancio e rinnovare il Consiglio di amministrazio- ne. La banca di Montebelluna è pronta ad avviare il suo aumento da 1 miliardo, la fase di premarketing inizierà la settimana prossima. Lunedì Carlo Messina, di Intesa Sanpaolo, si è detto ottimista, anche se non ha escluso che Atlante possa intervenire. «Abbiamo sentito – spiegava ieri Pier Luigi Bolla, presidente della banca veneta –ribadiamo la fiducia che abbiamo ma siamo consapevoli anche della difficoltà del mercato», comunque, ha concluso, «ad oggi riteniamo che Atlante non sia necessario» perché l’aumento è garantito da un consorzio «di grande rilevanza internazionale ». © RIPRODUZIONE RISERVATA Pier Luigi Bolla (LaPresse)
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