venerdì 17 aprile 2020
L’uso della tecnologia Bluetooth per tracciare i contatti può aiutare a contenere la diffusione del virus e al contempo a tutelare la privacy
Immuni, l'App per tracciare il virus
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Il coronavirus ha modificato vite e abitudini, condizionato le economie globali e confermato come la tecnologia può essere fondamentale anche in momenti come questi. Sin dai primi giorni di emergenza si è capito infatti come tutti gli strumenti che abbiamo già a disposizione potrebbero essere un aiuto concreto in situazioni come queste. Non sempre per risolvere, ma in alcuni casi soprattutto per prevenire o fronteggiare situazioni “non ordinarie” come quella che stiamo vivendo: dallo smart working all’organizzazione della didattica a distanza e fino alla gestione della salute.

Intelligenza artificiale, big data e connettività diffusa sono già oggi i principali “mezzi” utilizzati per l’analisi e l’incrocio dei dati epidemiologici e per la ricerca scientifica.

Uno dei temi più battuti nelle ultime settimane è quello della possibile utilità di piattaforme o applicazioni di contact tracing, ossia di tracciamento dei contatti tra utenti, per fare in modo che si possa facilmente risalire alle persone entrate in contatto con un positivo e avviare delle procedure di gestione per i potenziali contagiati e le persone intorno a loro. Se tutti utilizzassero questo tipo di sistemi sarebbe possibile ricevere informazioni se ci si trova vicino a persone che hanno avuto una diagnosi di positività, senza conoscere la loro identità e senza condividere la propria.

Ieri il commissario straordinario per l’emergenza sanitaria, Domenico Arcuri, ha firmato l’ordinanza con cui il governo italiano ha scelto l’applicazione che potrebbe essere impiegata per il tracciamento dei contatti nel nostro Paese: si chiamerà “Immuni” ed è stata sviluppata dall’azienda milanese Bending Spoons in collaborazione con il Centro Medico Santagostino, dopo essere stata selezionata tra oltre 300 proposte arrivate.

In questo contesto in continuo divenire è arrivata però alcuni giorni fa la notizia che persino Google e Apple, che da sempre lottano per dividersi il mercato dei dispositivi mobili e il controllo dei sistemi operativi, hanno deciso di fare fronte comune con un progetto congiunto di contact tracing che consentirebbe di aiutare i governi e le autorità sanitarie a ridurre la diffusione del virus. Sia Google che Apple hanno specificato infatti che la gestione dei dati (che saranno tutti crittografati su più livelli) sarà fatta nel rispetto della privacy e che non sarà possibile risalire a nessuna informazione “sensibile” degli utenti coinvolti.

Per favorire questo tipo di progetto, le due società lanceranno una soluzione completa che include sia delle Api (interfacce di programmazione delle applicazioni), sia tecnologie a livello di sistema operativo: lo sviluppo potrebbe partire verso metà maggio, anche se ancora restano diversi dubbi sull’effettiva efficacia di un sistema del genere che si baserebbe - almeno in questa fase - su un’adesione volontaria. I due nodi principali restano però quella della privacy e della fiducia da parte degli utenti. Inoltre la soluzione viaggerebbe attraverso quello che si chiama Bluetooth Low Energy, una tecnologia wireless progettata per nuove applicazioni emergenziali: si tratta di un bluetooth a bassissimo consumo energetico adatto a essere utilizzato per settori come quello dell'assistenza sanitaria e che non richiede che sia attivato il Gps o che il telefono sia sempre “attivo” consumando così la batteria.

Anche l’applicazione scelta per il momento dall’Italia si baserà sul bluetooth: l’utilizzo di questa tecnologia è infatti una delle due regole ferree (l’altra è la volontarietà) dettate dalla Commissione europea per tutti i sistemi di tracciamento utilizzabili.

Nel frattempo infatti l’Europa si sta muovendo per utilizzare i sistemi di tracciamento in modo uniforme in tutti gli Stati membri e creare dei presupposti comuni nel rispetto della privacy. Con questi presupposti per esempio è già nata la Pan-European Privacy Preserving Proximity Tracing, un’iniziativa che riunisce circa 130 ricercatori ed esperti di otto Paesi europei con l’obiettivo di creare un sistema unico per il tracciamento.

Per il momento, però, la soluzione proposta da Apple e Google - e che dovrebbe essere poi personalizzata dai diversi sistemi sanitari - potrebbe essere l’unica capace di raggiungere l’obiettivo più importante: essere pervasiva. Dal momento che si tratta di una soluzione proposta dai due principali “gestori” della tecnologia mobile nel mondo, infatti, alcune funzionalità verranno sicuramente introdotte sui dispositivi Android e sugli iPhone anche a livello di sistema, ossia già integrate in partenza sul dispositivo. Ciò renderebbe questa soluzione potenzialmente disponibile su più di 3 miliardi di telefoni nel mondo: un numero che in altro modo sarebbe impossibile da raggiungere.

Come hanno spiegato in questi giorni anche gli esperti del MIT, al di là del possibile tracciamento dei contagi fine a stesso, il prossimo passo sarà sfruttare queste tecnologie per lo sviluppo di capacità di prevenzione intelligente che non richiedano necessariamente misure di isolamento globali. I dati, spiegano i ricercatori, se incrociati in tempo reale con una serie di variabili potrebbero essere utilizzati anche per prevedere precisi rischi di infezione a livello di comunità. Questo consentirebbe valutazioni più dinamiche, magari identificando una giornata ad alto rischio virale per una specifica località o identificando quali uffici o scuole debbano rimanere chiuse, invece di gestire le situazioni di emergenza per macro-settori.

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