martedì 19 febbraio 2019
Le giovanissime riducono il divario sociale con i coetanei. E alcune caratteristiche storicamente considerate prerogative “maschili” diventano “femminili”: a partire dalla capacità di leadership
Il sorpasso rosa della Generazione Z
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Cambiano i rapporti di forza tra i sessi, almeno tra i giovanissimi. Fra i cosiddetti Centennials o Generazione Z, i nati attorno al 2000, le differenze si assottigliano, e diversi fattori caratteriali si capovolgono, persino quelli più impensabili. Primo fra tutti: la capacità di leadership. Le ragazze che si dichiarano inclini a questa attitudine sono il 45,2% contro 43,8% dei maschi. Una differenza apparentemente lieve in termini statistici ma una rivoluzione copernicana sul piano sociale, se si pensa ai luoghi comuni veicolati lungo il ‘900 attorno alla presunta esclusiva maschile nella capacità di comando. E se in alcuni tratti i ragazzi mantengono le tradizionali prerogative del cosiddetto (ex) sesso forte (più fiducia in se stessi e maggiore capacità di superare le delusioni della vita), le compagne di classe li superano nell’impegno (46,2% a 40,1%) e li staccano nella capacità di provare empatia verso gli altri (51,4% contro 36,4%).

Sono alcune delle sorprese che scaturiscono dall’ampia indagine Teen’s Voice 4 (Voce dei teen-agers) condotta da Salone dello studente Campus Orienta e Università La Sapienza di Roma su un campione di 1.270 studenti 17-22enni di tutta Italia, incontrati durante le 13 tappe della manifestazione sull’orientamento universitario realizzata dal gruppo Class Editori in altrettante città: la capitale Roma, sei capoluoghi di regione (Torino, Milano, Bari, Firenze, Napoli e Palermo) e i centri di Catania, Reggio Calabria, Pescara, Pesaro, Monza e Vicenza. Ma la leadership, evidenziata durante gli anni della formazione, resterà tale anche nel mondo delle professioni? Gli autori della ricerca ne sono convinti, e per una ragione precisa: «A cambiare non è solo il genere più incline a dirigere, ma anche la modalità di esercitare leadership: in futuro sarà sempre meno autoritaria e prescrittiva e sempre più empatica e accogliente - spiega Pietro Lucisano, presidente del corso di laurea in Scienze dell’educazione e della formazione all’Università Roma I e autore della ricerca insieme alla collega Emiliane Rubat Du Mérac -. A condizione, però, che le ragazze siano aiutate a trovare fiducia in sé stesse: a fronte del 60% di maschi che si sente sicuro, infatti, vi sono soltanto quattro ragazze su dieci che dichiarano altrettanto. Per alimentare questa autostima, la scuola dovrà rafforzare l’attitudine alla collaborazione con e fra gli studenti». Mentre nel mondo delle professioni servirà una società più affrancata dagli stereotipi di genere e dal “machismo” delle leadership oggi prevalenti: «Se gli atteggiamenti autoritari dovessero invece continuare ad essere premianti nella selezione delle classi dirigenti - precisa Du Mérac - le ragazze assurgeranno a ruoli apicali soltanto a patto di mascolinizzare i propri caratteri».

Alla loro valorizzazione contribuiscono diverse nuove iniziative pensate ad hoc per le ragazze, a partire da Steamiamoci. «Nei Saloni dello studente - spiega Domenico Ioppolo, chief operating officer di Campus Orienta - da due anni insieme a Confindustria proponiamo sotto questo logo una serie di incontri con aziende, istituzioni e start-up per promuovere le pari opportunità e contrastare gli stereotipi di genere, incoraggiando le ragazze a intraprendere quei percorsi formativi scientifici un tempo considerati prerogativa maschile».

Il “cambio di leadership” non è l’unica novità della ricerca: dopo il sorpasso nella percentuale di laureati (fenomeno consolidato da anni, tanto che oggi, ogni 100 laureati, 55 sono femmine e 45 maschi), ora le ragazze appaiono, oltre che più forti in alcuni tratti positivi, anche meno deboli in quelli negativi, come la discriminazione in base all’orientamento sessuale: un fattore che ora condiziona i maschi in misura quasi doppia (12% contro il 7%), delle ragazze. Ad accomunare i due generi, invece, resta la scarsa percezione delle discriminazioni sul Paese d’origine, sul colore della pelle e sulla classe di provenienza, tutti sotto il 10%. Per i giovanissimi di oggi, insomma, razzismo e differenze etniche e sociali vanno esaurendosi. Un mutamento di mentalità che fra gli adulti appare più lento.

Altra sorpresa, stavolta in negativo, il rapporto con i docenti: se gli episodi di cronaca recenti raccontano di professori “bullizzati” dagli alunni, i teen-agers interrogati da Roma La Sapienza e Campus Orienta denunciano invece un forte ostracismo dei cattedratici verso di loro. Tanto che sono più numerosi gli studenti che si sentono “presi in giro” dai prof (27,4%) piuttosto che dai propri compagni di scuola (21,3%). Una sorta di bullismo al contrario? In tutti i casi un rilievo che appare ingrato verso l’impegno che il personale docente, pur tra tante difficoltà, rivolge ai propri discenti. Eppure un elemento non trascurabile, dato che si ripropone anche su altri piani: gli studenti si sentono infatti anche più ignorati dagli insegnanti (28,4%) che dai loro coetanei (27,1%), e talvolta persino maltrattati (14,1%) seppure un po’ meno che dai pari grado (16,5%).

Il pensiero dei giovanissimi verso il futuro mette in luce diverse preoccupazioni: non pochi ritengono che avranno un tenore economico inferiore ai propri genitori (23%), più difficoltà a trovare lavoro (60%), specie in Italia (66%) e che saranno destinati a vivere in un mondo più inquinato (77,3%) a maggior rischio guerre (72,4%), e in una società che li ignora (61,8%). A fronte di tanto pessimismo, tuttavia, sono pronti a scommettere soprattutto su una cosa: se stessi. Il 73,9% si ritiene in grado di determinare il proprio futuro, e il 51,5% capace di contribuire a far cambiare la società.

Moltissimi, comunque, gli aspetti approfonditi della ricerca che i ricercatori hanno suddivisi in 5 ambiti. Il primo, le soft skills sulla percezione di se stessi, indaga dieci aspetti della loro personalità: impegno, apertura, leadership, problem solving, curiosità, autonomia, collaborazione, empatia, fiducia di sé, resilienza; la scala del contesto di classe indaga discriminazioni, coesione, insicurezze e riconoscimento; la scala della visione della realtà il protagonismo dei giovani e la confidenza; quella del futuro il miglioramento politico-sociale, il peggioramento socio-economico, la parità e la liberta religiosa, il benessere occupazionale e infine la giustizia e l’umanità. L’ultima scala indaga infine il condizionamento subìto dalle cosiddette fake news.

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