venerdì 14 luglio 2023
In calo l'occupazione regolare. Crescono le iniziative per qualificare e regolarizzare colf, badanti e baby sitter
Un'anziana a passeggio con una badante

Un'anziana a passeggio con una badante - Archivio

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Con la fine della pandemia cala il numero di colf e badanti regolari e torna sotto quota 900mila. Mentre si stima che gli irregolari sfiorino il milione. Dopo gli incrementi registrati tra il 2020 e il 2021 dovuti a una spontanea regolarizzazione dei rapporti di lavoro per consentire ai domestici di recarsi al lavoro durante il lockdown e con l'entrata in vigore del decreto Rilancio che sempre nel primo anno del Covid ha regolamentato l'emersione di rapporti irregolari, l'asticella scende di nuovo. Prevalgono sempre le donne (l'86,4% del totale). Gli stranieri (69,5%) sono più degli italiani e provengono soprattutto dall'Europa dell'Est. La fotografia arriva dal report Tutto regolare? Colf, badanti e babysitter in Italia, realizzato dall'Osservatorio Inps. Così, nel 2022 i lavoratori domestici con contributi all'Istituto di previdenza risultano 894.299, ovvero il 7,9% in meno rispetto al 2021 (-76.548). Maggiore è la diminuzione del numero di colf (-9,9% rispetto all'anno precedente, a 464.873), ma cala anche il numero di badanti (-5,6%, a 429.426). Quasi tre quarti dei lavoratori domestici regolari dichiara meno di 10mila euro l'anno, mentre solo il 27,7% ha ricevuto una retribuzione superiore ai 10mila euro. Il 14,6% può contare su una retribuzione di almeno 13mila euro annui. In questo settore le donne in media hanno una retribuzione più alta rispetto agli uomini. Il 39,7% è sotto i 5mila euro l'anno contro il 46,5% dei colleghi. Il Nord-Ovest è l'area geografica con il maggior numero di domestici (30,8%). La regione al top è la Lombardia (19,5%), seguita da Lazio (13,8%), Emilia Romagna (8,8%) e Toscana (8,7%). In queste quattro regioni si concentra poco più della metà dei lavoratori domestici in Italia. L'obiettivo è andare incontro alle esigenze delle famiglie e aumentare l'occupazione regolare. «Bisognerebbe favorire attraverso una legislazione l'emersione del lavoro nero, con agevolazioni fiscali e contributive. Ma c'è anche la necessità di una formazione specialistica», sottolinea il direttore generale dell'Inps Vincenzo Caridi. La deducibilità dei contributi Inps per i lavoratori domestici «è un tema che porteremo certamente in legge di Bilancio», afferma la ministra del Lavoro Marina Calderone, evidenziando che questo è anche un elemento che consente poi di fare un ragionamento sul numero di ore di lavoro dichiarate e che quindi sono regolari nell'ambito di altrettanto regolari contratti. È necessario «aiutare le famiglie con provvedimenti duraturi nel tempo, soprattutto in materia fiscale, che agevolino l'assunzione di badanti», rimarca il presidente dell'associazione Nuova collaborazione Alfredo Savia. «Preoccupa il loro calo, un dato in contrasto rispetto ai trend che descrivono un Paese alle prese con un "inverno demografico" senza precedenti. Fa supporre un contestuale aumento del sommerso», afferma il presidente di Assindatcolf Andrea Zini. La composizione dei lavoratori per nazionalità evidenzia una forte prevalenza di lavoratori stranieri, anche se nel 2022 il numero dei lavoratori stranieri è diminuito dell'8,4% rispetto all'anno precedente. Si registra anche una diminuzione dei lavoratori italiani (-6,6%). Pakistan, Georgia, Cina, Egitto, Bangladesh e Senegal, sono Paesi dai quali c'è stato un maggior aumento dei nuovi collaboratori domestici. La maggior parte dei lavoratori domestici (316 817 lavoratori, pari al 35,4% del totale) proviene dall'Europa dell'Est; seguono i 272 583 lavoratori di cittadinanza italiana (30,5%), quelli provenienti dal Sud America (7,8%) e quelli dall'Asia Orientale (6,8%). Prevale la tipologia di lavoro "Colf" con il 52% del totale dei lavoratori, contro il 48% della tipologia "Badante". La prima è prevalente tra i lavoratori italiani e quasi tutti i lavoratori stranieri, a eccezione di quelli provenienti dall'Europa dell'Est, dall'Asia Medio Orientale e dall'America Centrale, in cui prevale la tipologia ''Badante''. Dal rapporto emerge anche un cambiamento della classe d'età dei nuovi collaboratori. La classe ''50-54 anni'' è quella con la maggior frequenza tra i lavoratori domestici, pari al 17,2% del totale, mentre il 21,4% ha un'età pari o superiore ai 60 anni e solo l'1,9% ha un'età inferiore ai 25 anni.

La formazione a sostegno di famiglie e lavoratori

In Italia, riuscire a trovare personale competente e affidabile a cui lasciare con serenità la cura dei propri cari arrivati alla terza età sta diventando sempre più difficile. Nel nostro Paese, la popolazione sta invecchiando sempre di più, a causa del calo delle nascite e grazie all’allungamento della vita. Secondo i dati Istat, infatti, a inizio 2022 i residenti nel nostro Paese con 65 anni e oltre erano più di 14 milioni, circa tre milioni in più rispetto a 20 anni fa; si stima che nel 2042 saranno quasi 19 milioni. Da oltre dieci anni, sottolinea Assindatacolf, le quote dedicate al comparto domestico nei decreti flussi sono inadeguate e non vengono calcolate in base a una esatta misurazione del fabbisogno. Come conseguenza, sempre più famiglie hanno difficoltà a trovare personale disposto ad occuparsi di anziani e disabili. Nel 2020 l’associazione stimava una carenza di oltre 60mila operatori di assistenza domestica, per colmare la quale sarebbe necessario l’ingresso in Italia di 10mila persone ogni anno fino al 2025. Va inoltre considerato che così come invecchia la popolazione italiana, lo stesso accade a chi si prende cura dei nostri anziani: badanti e colf under 30 rappresentano, infatti, solo il 7% del totale, mentre il 57% ha tra i 30 e i 54 anni e il 35% è over 55. «Il lavoro domestico molto spesso è stato tenuto in poca considerazione dall'agenda politica. Sta iniziando invece a diventare centrale, come ha riferito anche la ministra Calderone. Per il governo in carica, in merito al lavoro di colf, badanti e babysitter, serve un passaggio culturale importante per farlo diventare un lavoro che si rispetti. Il lavoro domestico è un lavoro come gli altri, non è un lavoro marginale. Inoltre evidenzio che in questo tipo di professione serve anche una formazione adeguata se si vuole lavorare in una famiglia. Serve riconoscere il valore della professionalità delle persone che fanno questo lavoro. Abbiamo parlato spesso di ammortizzatori sociali classici e a mio avviso è giusto che ci siano. Dobbiamo anche dire che i veri ammortizzatori sociali nel nostro Paese negli ultimi anni sono state le famiglie ed è chiaro che la politica deve dare una mano in questo senso. Le famiglie devono essere protette. Da tenere in grande considerazione la sicurezza, che deve essere applicata anche all'interno del lavoro domestico». Così in una nota il presidente della Commissione Lavoro alla Camera Walter Rizzetto (Fdi). Al centro del dibattito la proposta di un programma di formazione dei migranti sui lavori di cura, anche in via preventiva attraverso l'istituzione di centri per l'immigrazione nei Paesi di provenienza - grazie ad accordi bilaterali con autorità locali e rappresentanze consolari e diplomatiche - in modo da consentire il rilascio dei permessi di soggiorni per motivi di lavoro, prima della partenza per il nostro Paese, e un percorso di preparazione professionale adeguato. L'informazione e la formazione sulle aspettative che nella collaborazione familiare ripongono le famiglie, ma anche sui diritti e sui doveri di cui diventa titolare chi vive e lavora nel cuore degli ecosistemi parentali, è importante per il benessere sia delle famiglie che delle persone immigrate. «È necessario un percorso di formazione perché in questo settore non esiste l'apprendistato, dal primo momento in cui entra nella casa, l'assistente familiare entra a contatto diretto e non mediato con l'elemento costitutivo della società: la famiglia - dichiara la presidente Api-Colf nazionale Antonia Paoluzzi. -. La collaborazione familiare può essere un banco di prova per promuovere l'integrazione dei flussi migratori nella nostra società, poiché è spesso il primo sbocco occupazionale degli immigrati e poiché pone la persona migrante direttamente a contatto con tratti culturali e gli stili di vita peculiari del Paese di accoglienza (lingua, abitudini alimentari, ritmi di vita, scala valoriale, e così via)». A cercare di supportare le famiglie italiane in questa situazione complessa c’è anche Sant’Anna 1984, Cooperativa Sociale specializzata nell’assistenza domiciliare a persone anziane o malate, attiva a Roma e a Milano, che oggi assiste con i propri operatori circa 200 famiglie. Il personale della cooperativa è formato internamente, in modo che sia in grado di gestire con professionalità e umanità le varie problematiche che potrebbero sorgere con l’assistito. Ogni operatore è scelto attentamente in base alle caratteristiche della persona che dovrà seguire, anche in termini di carattere, personalità e livello culturale. In questo modo, Sant’Anna 1984 è in grado di fornire servizi di assistenza domiciliare di altissimo livello. Sant’Anna 1984, inoltre, collabora in modo molto stretto con i care giver famigliari, fornendo loro anche supporto psicologico da parte di tutor aziendali, laureati in psicologia, disponibili sia per le famiglie che per gli operatori stessi. Infine, le famiglie non sono mai lasciate da sole: oltre a ispezioni mensili da parte di responsabili tecnici che controllano che tutto stia andando bene, i famigliari ricevono resoconti giornalieri via Whatsapp sui propri cari e sulle attività svolte ogni giorno, anche dal punto di vista mnemonico e di attività fisica.

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