sabato 17 febbraio 2018
Poche nascite, invecchiamento record: e il governo approva una bozza di modifica delle regole attuali per consentire un innalzamento dell’età pensionabile oltre i 70 anni.
Il Giappone vuole portare la pensione oltre i 70 anni
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Davanti a un’ulteriore contrazione della forza-lavoro conseguente all’invecchiamento accelerato della popolazione e nascite sempre più rare, il governo giapponese ha approvato ieri una bozza di modifica delle regole attuali per consentire un innalzamento dell’età pensionabile oltre i 70 anni.

La proposta dell’esecutivo è di arrivare nell’anno fiscale 2020 a consentire a titolo volontario l’accesso alla pensione pubblica anche dal 71° anno di età, considerando i più recenti dati socio-sanitari che indicano nel Paese una popolazione anziana mediamente in buone condizioni psico-fisiche, non solo in grado di proseguire in un’attività lavorativa ma in maggioranza anche disposta a farlo. I pensionati giapponesi sono anche molto attivi in iniziative ricreative, culturali e nel volontariato. Finora l’età pensionabile è posta tra 60 e 70 anni, con la possibilità – peraltro accolta da pochi – di godere di un incremento della pensione mensile se percepita a partire dai 65 anni.

Una situazione che ha incentivato il governo guidato da Shinzo Abe a rivedere quella che viene definita «la standardizzazione degli stadi della vita secondo le categorie di età». Non solo legata alle necessità produttive e di gestione del Paese, ma da tempo un’emergenza che ha molti aspetti e – finora – poche possibilità di intervento. Davanti a un tasso di natalità tra i più bassi al mondo, con un saldo netto in calo di 200mila unità da diversi anni infatti, la popolazione ultrasessantacinquenne è ora il 26 per cento dei 127 milioni di giapponesi e le previsioni del ministero del Welfare indicano che salirà al 40 per cento su una totale sensibilmente inferiore nel 2060.

Un incubo, a cui non corrisponde finora alcuna volontà di fare dell’immigrazione una risorsa complementare anche sotto questo aspetto. Da qui la decisione di rivedere le regole ponendo anche obiettivi specifici. Il principale è di accrescere la presenza di lavoratori tra i 60 e i 64 anni dall’attuale 63,6 per cento al 67 per cento nel 2020, puntando ovviamente a percentuali ancora maggiori in futuro. Ieri il premier Abe ha chiamato ancora una volta alla realizzazione 'di una società dove persone di tutte le generazioni possano partecipare ampiamente e attivamente', ma non ha segnalato una maggiore integrazione per chi non sia etnicamente giapponese ma pure vive e lavora nel Paese del Sol Levante. A partire proprio da categorie di servizio utili nel sostegno a una popolazione sempre più vecchia e sempre più sola.

L’esecutivo ha invece indicato di volere aumentare il sostegno alle aziende che hanno manifestato (almeno la metà, secondo un sondaggio dello scorso anno) la volontà di alzare l’età del pensionamento o di volere occupare personale già in pensione. Allo stesso modo prenderà in considerazione misure a sostegno di individui che vogliano avviare proprie attività e benefici per lo sviluppo di tecnologia in grado di aiutare i giapponesi in età avanzata, sia nel mondo del lavoro, sia nella vita privata.

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