sabato 17 maggio 2014
Entro il 2050 previsti oltre 120mila occupati solo nel settore eolico tra addetti diretti e indiretti e 15mila per quanto riguarda l’offshore.
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“Il mondo si sta dirigendo verso un futuro d’innalzamento della temperatura globale tra i due e i sei gradi. I governi hanno la responsabilità di scegliere quale futuro si vuole intraprendere e quindi sono chiamati a costruire il sistema energetico appropriato. La quota odierna di combustibili fossili nel mix globale è pari a 82%, valore identico a quello di 25 anni fa. Il forte aumento delle fonti rinnovabili ridurrà questa quota a circa il 75% nel 2035, ma ora bisogna spingersi verso quelle tecnologie che ci possono far raggiungere la sostenibilità. Nonostante il potenziale delle tecnologie, i progressi che si sono registrati sono ancora oggi troppo lenti! Il futuro dell’energia sostenibile richiede un approccio di tipo ‘sistemico’, con l’utilizzo di diverse smart technologies, e penso che abbia ancora senso attuare politiche di incentivazione per realizzarlo”. Queste le dichiarazioni del presidente di Ises Italia, professor Umberto Di Matteo, in apertura della conferenza 2050: l’energia del futuro, tenutasi a Roma presso l’Università Marconi e organizzata da ISES Italia con la rivista Eidos (Smart Grid & Smart City magazine) edita Gruppo Italia Energia.Un'occasione in cui sono state analizzate molte filiere tecnologiche in campo energetico, nell’intento di cogliere i maggiori orizzonti di sviluppo scientifico e le eccellenze dell’impegno italiano in questo campo. Sebastiano Serra, della segreteria tecnica Ministero dell’Ambiente, è intervenuto spiegando: “Tra il 2010 e il 2030 dobbiamo fare molto altrimenti la curva di aumento della CO2, dato l’effetto di accumulo dell’anidride carbonica in atmosfera, arriverà a un punto irreversibile, a prescindere dalle politiche e dalle tecnologie che saranno adottate. Il punto di non ritorno è il 2030. Occorre quindi lavorare su nuove tecnologie: Ccs, idrogeno, nucleare di IV generazione, nuove rinnovabili”. Molti gli sviluppi tecnologici di filiera, all’interno di una conferenza che ha avuto il merito di mettere a confronto tante branche dell’energia. Ad esempio nel caso del metano ricavabile in una maniera “ripetitiva”, al punto da essere definito “rinnovabile degli idrocarburi”, se si utilizza acqua come catalizzatore batterico nelle risorse “unconventional” di Cbm (Coal Bed Methane), come descritto dalla professoressa Fedora Quattrocchi dell’Ingv.“Il futuro è nella nanotecnologia - ha spiegato il professor Aldo Di Carlo, Università di Tor Vergata, Condirettore Polo solare organico della Regione Lazio - Noi stiamo lavorando sul fotovoltaico organico o ibrido, che permette di portare all’industria convenzionale una soluzione capace di rispondere a un’elevata richiesta di energia, attraverso una tecnica di produzione a stampa. Una soluzione, ad esempio, perfettamente compatibile con l’edilizia”. Presente anche il settore eolico. Sul palco con il presidente di Anev Simone Togni, che ha sottolineato anch’egli il valore delle nanotecnologie nello sviluppo dei materiali per l’industria eolica. Inoltre, “è ragionevole ipotizzare che tali materiali innovativi possano contribuire alla realizzazione di macchine con dimensioni del rotore che possano spingersi oltre gli attuali limiti imposti per motivi strutturali e logistici”. Dal un punto di vista occupazionale “tali scenari portano a prevedere livelli occupazionali crescenti con obiettivi al 2050 individuabili in oltre 120mila unità solo nel settore eolico nazionale tra addetti diretti e indiretti di cui circa 100mila relativi all’eolico tradizionale, 15mila per quanto riguarda l’offshore e i rimanenti suddivisi tra le nuove tecnologie e quelle che attualmente si trovano ancora in fase di studio, ricerca e sviluppo”.Grande interesse ha destato l’intervento dell’ing. Guglielmo Sessa, che ha descritto l’idea - brevettata - di realizzare “un CDRq (combustibile da rifiuti di qualità) da utilizzare come carburante per le navi, che assicura risparmi in termini di emissioni, rispetto al bunker oil, nell’ordine del 92% sugli NOx, 99,74% SO2 e 93,75 PTS”. Una soluzione che potrebbe “attingere dalle isole di plastica - come il noto Vortex - che si formano negli oceani per avere materia prima di produzione del CDRq”. A concludere gli interventi di carattere tecnico il professor Matteo Martini dell’Università Marconi e rappresentante dell’Istituto Nazionale Fisica Nucleare, che ha descritto i trend di sviluppo tecnologico in campo nucleare, spiegando come “nella road map 2050 questo comparto può contribuire grazie ai reattori basati sugli Accelerator Driven System (Ads), cioè reattori sottocritici non capaci di mantenere una reazione a catena senza una fonte esterna di neutroni”, risolvendo così molti problemi sul tema della sicurezza; oltre che “per il prosieguo degli studi sulla fusione nucleare, ma per il 2050 è auspicabile solo la fine delle varie fasi di R&D”.
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