sabato 30 marzo 2024
La vicenda dell'eredità di Maria Malfatti, che ha lasciato 5 milioni alla badante, ha risollevato il problema delle scelte ultime di anziani in situazioni di carenza affettiva e poca lucidità mentale
Troppi testamenti "suggeriti": come proteggere gli anziani

CC Pexels - Andrea Piacquadio

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Alla badante ha lasciato 5 milioni di euro, agli eredi nulla. È l’ultima in ordine di tempo, ma non è l’unica storia di questo tenore. Protagonista della vicenda è Maria Mafatti, un’ottantenne di Rovereto di nobili origini, deceduta lo scorso novembre, con un patrimonio che fra conti correnti, palazzi e appartamenti si aggira attorno ai 5 milioni di euro. Non aveva marito o figli, gli eredi più prossimi sono dieci nipoti.

Alla lettura del testamento, però, la sorpresa: la donna ha infatti lasciato tutti i suoi averi in eredità alla badante albanese che negli ultimi anni si è presa cura di lei. I mancati eredi hanno presentato querela per circonvenzione d’incapace, sospettando che la donna non fosse lucida nell’ultimo periodo, e i beni sono stati, per il momento, congelati.

​Lasciti scritti nella solitudine

Perché un testamento olografo sia ritenuto valido, deve soddisfare tre parametri: autografia, cioè testo redatto di proprio pugno, data e firma. Se, in passato, era norma comune recarsi da un notaio per sottoscrivere il proprio testamento, oggi sono sempre meno le persone che ricorrono ai professionisti, preferendo redigere a mano i propri lasciti testamentari, anche per una ragione economica.

Ma a questo fenomeno se ne accompagna un altro, anch’esso in crescita negli ultimi anni, di cui la storia di Maria Mafatti è esempio principe: «Un tempo le persone anziane vivevano in famiglia o, comunque, i familiari erano in grado di conciliare nel migliore dei modi assistenza morale e materiale ed interesse economico. Oggi, invece, le persone che redigono i testamenti sono più sole, le famiglie un po’ più disgregate e spesso i figli per le più svariate ragioni vivono lontano dai loro genitori» spiega l’avvocato Federico Casa, socio fondatore dello studio Casa & Associati di Vicenza.

La prima e più diretta conseguenza di questo cambiamento sociale ricade proprio sui lasciti testamentari, con eredi che, alla morte del parente, spesso incappano in testamenti a favore della badante che si è presa cura della persona anziana. Continua infatti l’avvocato Casa: « Ne deriva che essi, soprattutto se in loro è in parte menomata la capacità cognitiva e vivono in carenza di affetto, possono percepire in modo distorto piccoli gesti quotidiani attuati da vicini di casa o da persone che li assistono (fare la spesa, guardare la televisione, leggere il giornale); ne possono discendere manifestazioni di gratitudine sproporzionate rispetto alla natura e all’entità di tali gesti».

La sentenza della Cassazione

C’è in materia – spiega ancora l’avvocato – una sentenza della Cassazione del 2022: protagonista un anziano, capace di intendere e volere, ma «affetto da venir meno della consapevolezza affettiva». Aveva redatto, nel tempo, diverse versioni del suo testamento e ogni volta riduceva la parte che spettava ai familiari in favore di una badante. I criteri per impugnare un testamento sono l’incapacità di intendere e volere del testatore e il dolo subìto: in passato era molto difficile, secondo questi due parametri, che un testamento venisse annullato.

Oggi, questi criteri cominciano ad ampliarsi. « La novità – continua Casa – è che la Cassazione ha parlato di “testamenti suggeriti”, dove il dolo viene valutato con maggiore larghezza: non occorre che ci sia l’inganno per annullare un testamento, ma si ritiene che siano sufficienti pressioni, vicinanze, attenzioni esagerate per indurre una persona che si trova in uno stato di debolezza affettiva a fare un testamento in favore di chi lo inganna».

Il contributo dei grafologi

«Si rivolgono a me, e in generale a tutti i grafologi, sia gli studi legali, civili e penali, sia i privati cittadini che vogliono accertare la veridicità di un documento»: a parlare è la dottoressa Patrizia Giachin, grafologa specializzata in ambito giudiziario e criminalista. «Nel caso di testamenti olografi che si pensa siano manomessi, il primo passo è il riconoscimento della firma e della grafia mediante la comparazione con scritture autografe dell’anziano. Può darsi che il testamento sia tutto falso o che ci sia l’intervento di una mano che ha guidato il testatore, capita che la firma sia falsa: in ogni caso, una terza mano invalida sempre il testamento. A volte si trovano testamenti con parole scritte in maniera strana, con magari una lettera presa da un alfabeto che non è quello italiano: in quel caso chiedo sempre al cliente se in casa c’erano persone straniere a contatto con l’anziano che potrebbero aver manomesso il testo».

Nella maggior parte dei casi – spiega ancora la dottoressa Giachin – il primo segnale che qualcosa non va è che chi vuole manomettere un testamento comincia isolando l’anziano dalla sua famiglia e facendo in modo che non si senta libero di parlare e denunciare quanto succede. «Quello che mi sento di consigliare, se proprio non ci si vuole recare da un notaio, è di utilizzare la propria grafia abituale, così che sia riconoscibile, e un linguaggio comune, senza termini ricercati che non si usano nel quotidiano» aggiunge la dottoressa Giachin. « La soluzione ci sarebbe, ma per ora la giurisprudenza non è ancora orientata in questo senso: obbligare il testatore a redigere il testamento solo di fronte a un notaio, che potrebbe verificare lo stato del testatore nel momento in cui firma, facendogli capire che la riconoscenza non implica scelte abnormi, come quella di escludere completamente gli eredi da un testamento» conclude l’avvocato Casa.

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