giovedì 12 maggio 2016
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In Germania accadono cose interessanti che dovrebbero dare qualche utile lezione al nostro sistema finanziario e, più in generale, al capitalismo casalingo. La casa automobilistica Volkswagen, uno dei cuori pulsanti del 'made in Germany' e del suo orgoglio è stata messa sotto accusa, come ormai noto, dagli Stati Uniti per quello che con l’andar dei mesi si è rivelato un vero e proprio 'scandalo delle emissioni'. La storia ha avuto, com’era facile prevedere, pesanti ripercussioni anche in sede di bilancio 2015 perché l’azienda di Wolfsburg ha accumulato perdite per 1,6 miliardi di euro, il peggiori risultato della sua storia peraltro eccezionale in molti frangenti che dura da quasi 80 anni. Ebbene: nonostante ciò, è accaduto che i 12 membri del consiglio d’ammini- strazione di Volkswagen si siamo remunerati lo scorso anno con ben 63,2 milioni di euro complessivi, distribuiti fra tutti loro. I maggiori azionisti del gruppo automobilistico tedesco sono le due famiglie fondatrici dei Porsche e dei Piech che hanno complessivamente il 52% dei diritti di voto nell’assemblea soci, seguiti dallo stato della Bassa Sassonia (dove c’è Wolfsburg) col 20% mentre Qatar Holdings, fondo sovrano dell’emirato arabo, detiene il 17%. Oltre al Cda, secondo una prassi in uso nel capitalismo germanico, c’è un consiglio di sorveglianza fatto da 20 persone espressione solo dei grandi azionisti e del sindacato. Il duplice risultato di questo sistema è che da una parte negli organismi esecutivi dell’azienda (consiglio d’amministrazione e di sorveglianza) non ci sono vero e propri 'esterni' indipendenti e che dall’altra, in borsa, il 'flottante' (cioè le azioni libere di essere contrattate) sono meno dell’11%. La storia non poteva durare a lungo. A metttere i bastoni fra le ruote diVolkswagen ci ha pensato l’inglese 'Sir' Christopher Anthony Hohn, strano connubio di finanziere-filantropo che gestisce il fondo Tci, denominato 'attivista' proprio perché acquisisce pacchetti di grandi società e cerca di cambiarne le regole, se le ritiene sbagliate. Hohn ha speso 1,2 miliardi comprando titoli Vw e ha scritto agli organismi esecutivi perché soprassiedano alla loro milionaria remunerazione, o comunque la riducano. Sarebbe davvero utile che anche nel nostro Paese i fondi d’investimento, siano essi italiani o esteri, svolgano questa funzione quando a bocce di bilancio ormai ferme si scopre che manager e consiglieri di aziende quotate si sono dati dei super emolumenti, talvolta senza meritarseli. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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