venerdì 22 dicembre 2023
Va verso la chiusura la più grande delle società che lavorano sul sistema sottovuoto e superveloce sostenuto anche da Elon Musk. L'unico progetto in fase di studio, al momento, è quello in Veneto
Una capsula di Hyperloop One

Una capsula di Hyperloop One - WikimediaCommons

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Arrivano brutti segnali dal settore degli Hyperloop, i treni supersonici che dovrebbero farci sfrecciare ad altissima velocità all’interno di tubi a bassa pressione. Se ne parla ormai da diversi anni, soprattutto dopo un “white paper” sul tema pubblicato da Elon Musk di Tesla nel 2013. Ci stanno lavorando diverse imprese, soprattutto americane. Quella che era stata capace di raccogliere più investimenti – 450 milioni di dollari dalla fondazione nel 2014 – era Hyperloop One. Nata come Hyperloop Technologies è stata una startup di successo: ci avevano investito colossi come la Virgin di Richard Branson e DP World, il gruppo della logistica di Dubai, che attualmente è il primo socio. Ne parliamo già al passato perché Hyperloop One è diretta verso la chiusura. Secondo indiscrezioni riportate da Bloomberg, l’azienda ha già abbandonato i suoi uffici di Los Angeles e messo in vendita macchinari e strutture, compreso il tubo a bassa pressione da mezzo chilometro in cui aveva completato con successo i suoi test. Quasi tutti i duecento lavoratori sono già stati licenziati, mentre ai pochi rimasti a occuparsi della vendita delle ultime cose è stata comunicata la cessazione di ogni attività dal 31 di dicembre.

Hyperloop One chiude perché in dieci anni non ha mai ottenuto un contratto per costruire i treni supersonici. Esauriti i fondi raccolti tra gli investitori non è riuscita a trovarne altri.

Resta attiva la sua principale rivale, Hyperloop Transportation Technologies (HyperloopTT). È anche questa una società con base a Los Angeles, ma ha un cuore europeo: il centro di ricerca e sviluppo è a Tolosa, in Francia, e tra i fondatori c’è l’italiano Gabriele Bipop Gresta, imprenditore che ha fatto successo ancora giovanissimo a fine anni ‘90 con l’agenzia cross-media Bipop e che poi ha fondato l’incubatore di startup Digital Magics. Gresta è a capo di Hyperloop Italia, che si occupa dei progetti italiani dell’azienda.

Il progetto di interni di una 'capsula' di HyperloopTT

Il progetto di interni di una "capsula" di HyperloopTT - HyperloopTT

Anche HyperloopTT però sta avendo qualche problema. Per due volte ha cercato, senza successo, di portare avanti un progetto di quotazione a Wall Street attraverso la fusione con delle spac, società di investimento quotate che hanno il preciso scopo di fare acquisizioni. Il primo tentativo, con la spac Forest Road, è andato male perché dopo l’accordo firmato nell’estate del 2022 la spac si è trovata a corto di fondi e ha interrotto l’operazione lo scorso febbraio. La seconda volta è andata anche peggio: HyperloopTT ha firmato a fine agosto una lettera di intenti con la spac Fusion Acquisition Corp II, ma tutto è naufragato quando il 20 ottobre New York Stock Exchange, la società che gestisce la Borsa di New York, ha imposto l’uscita da Wall Street della spac, incapace di mantenere una capitalizzazione superiore ai 40 milioni di dollari per più di un mese, come invece era tenuta a fare per restare quotata.​




Il rischio che questa avveniristica modalità di trasporto resti un sogno che non si concretizzerà mai cresce in parallelo alle difficoltà delle aziende. Qualcuno, perfidamente, nota che dei tanti Hyperloop rischia di restare solo l’hype: il molto clamore e le enormi aspettative.


Digital Magics, che aveva come suo principale investimento proprio le azioni di HyperloopTT, con l’ultima semestrale ha svalutato da 12 milioni a 350mila euro la propria quota nella società di Las Vegas. Una scelta che l’incubatore ha giustificato con la prudenza, davanti all’impossibilità di «valorizzare adeguatamente la partecipazione» in un’azienda in cui comunque Digital Magics continua a vedere «straordinarie potenzialità».

Il progetto più avanzato di realizzazione di un Hyperloop è proprio qui in Italia. Un consorzio formato da Leonardo e WeBuild si è aggiudicato lo scorso maggio la gara di Concessioni Autostradali Venete per uno studio di fattibilità del Veneto Hyper Transfer per trasportare merci e persone a una velocità massima di 1200 chilometri all’ora tra Padova est e il Porto di Venezia. Del consorzio dovrebbe fare parte anche Hyperloop Italia, anche se nel comunicato ufficiale della Regione Veneto l’azienda non è menzionata. Alla stampa, Gresta ha detto che i risultati dello studio di fattibilità arriveranno nel giro di cinque mesi. Di un progetto simile si era parlato nel 2020 in Lombardia: in quel caso i treni sottovuoto avrebbero dovuto collegare Milano e Malpensa in 10 minuti. Ma gli esiti dello studio di fattibilità assegnato da Ferrovie Nord non sono mai stati resi noti. Passati ormai tre anni e mezzo è lecito pensare che non abbiano dato esito positivo.

Il rischio che questa avveniristica modalità di trasporto resti un sogno che non si concretizzerà mai cresce in parallelo alle difficoltà delle aziende. Qualcuno, perfidamente, nota che dei tanti Hyperloop rischia di restare solo l’hype: il molto clamore e le enormi aspettative.

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