sabato 14 marzo 2020
Da collettivi dei ciclo-fattorini da Napoli a Milano un invito ai consumatori: «Non ordinate, l’emergenza sanitaria non possiamo pagarla noi senza tutele»
Anche i rider sono rimasti senza lavoro per colpa del Covid-19

Anche i rider sono rimasti senza lavoro per colpa del Covid-19 - Ansa

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Un reddito di quarantena per i rider e il diritto allo sciopero delle consegne. A Milano e in Lombardia negli ultimi venti giorni la situazione è precipitata. L’ultimo tassello è stato l’obbligo di chiusura per bar, ristoranti e fast food stabilito mercoledì sera dal premier Conte mentre è rimasto il via libero alla consegna dei pasti a domicilio. Una contraddizione che ha messo in allarme chi porta i pasti a domicilio. E se le aziende settore ringraziano, con Assodelivery che plaude alla decisione, dai collettivi dei ciclo-fattorini – Riders Union Bologna e Roma, Riders per Napoli e Deliverance Milano – è arrivato un appello alla responsabilità e al blocco delle consegne. «Non possiamo essere noi, senza tutela per eccellenza, a dover svolgere questo servizio: se è essenziale ci pensi lo stato con la Protezione civile» è il messaggio lanciato in questo momento di emergenza sanitaria nazionale. L’appello ai cittadini è quello di effettuare uno sciopero bianco, non ordinare, a boicottare le app e a tutelare «chi sembra non abbia il diritto di poter restare a casa». Da Assodelivery, l’associazione di categoria delle imprese del food delivery alla quale aderiscono Deliveroo, Glovo, Just Eat, Uber Eats e Social Food, arriva invece la rassicurazione sullo svolgimento regolare del servizio e delle misure per consegne 'senza contatti'.

L’altra faccia del problema per i rider è che senza consegne non si mangia. Letteralmente. Non ci sono ferie arretrate da consumare, permessi da chiedere per accudire i figli rimasti senza scuola o cassa integrazione straordinaria da attivare. Il collettivo Usb riders ha indetto martedì scorso un’assemblea virtuale aperta anche ai lavoratori precari o autonomi di altri settori, dall’educazione al commercio al mondo dello spettacolo. «Il nostro obiettivo spiega Riccardo Germani – è quello di chiedere al governo e alla Regione un reddito di quarantena per i mesi di stop forzato. Dovrebbe essere garantito a tutti uno stipendio pari alla media degli ultimi tre mesi». Da Deliverance Milano arriva un appello al premier Giuseppe Conte affinché vengano introdotte misure di sostegno specifiche. «Il reddito di quarantena è una misura emergenziale – spiega il portavoce Angelo –. Noi pensiamo che si debba parlare di un reddito di base per tutti i lavoratori autonomi. Anche i sindacati confederali si stanno muovendo in questa direzione chiedendo un’indennità di 500 euro al mese». In Italia i rider sono stimati tra i 15 e i 20mila, almeno 5mila nel capoluogo lombardo, e il loro numero è destinato a crescere nei prossimi anni. A Milano alcune comunità straniere come quella pakistana hanno scelto l’auto-quarantena. «Hanno deciso autonomamente di restare a casa, in città dopo l’obbligo di chiusura di bar e ristoranti che però consente il food delivery, molti ristoranti hanno comunque deciso di chiudere – spiega Angelo –. Il calo delle consegne è stato drastico, tiene un po’ solo Glovo grazie al servizio di spesa a domicilio». I problemi per i rider sono sostanzialmente di due tipi: la paura del contagio con la mancanza di presidi di sicurezza forniti dalle aziende, e la questione retributiva. A Milano l’indennizzo minimo previsto nel caso in cui un rider non riceva nessun incarico per tutta la giornata è una misura che non viene mai attivata. E il futuro appare nero. «Si parla di una defiscalizzazione dell’Iva ma riguarda i redditi futuri. Ai rider è stato riconosciuto lo status di lavoratori subordinati ma solo dalle sentenze, non ci sono le tutele reali» spiega ancora Angelo.

A conti fatti a Milano e in Lombardia le consegne si sono dimezzate nelle ultime tre settimane, stessa situazione anche a Bologna, da dove è partita anni fa la mobilitazione dei ciclofattorini con la sottoscrizione di una carta dei diritti poi adottata da altre amministrazioni. Lorenzo Righi di Riders Union Bologna sottolinea come in realtà solo poche aziende abbiano dotato di presidi di sicurezza i propri fattorini. «Purtroppo molti di noi sono costretti a lavorare, toccare i soldi e stare ammassati fuori dai locali è un rischio, per noi come per gli altri lavoratori sarebbe auspicabile una sospensione sino al 3 aprile delle attività». Da Roma Nicolò Montesi, presidente dell’Anar (Associazione nazionale autonoma di rider) sostiene invece che il lavoro sia aumentato in queste settimane e che le app abbiano deciso di pagare di più e di accantonare, vista l’emergenza, il meccanismo di rating che penalizza chi non si rende disponibile nelle ore e nei giorni di punta. Una voce fuori dal coro la sua. Resta il fatto che ogni giorno il contagio e i divieti avanzano e il lavoro per i rider diventa un’enorme incognita.

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