sabato 14 maggio 2022
Si stimava un export di 10 milioni di tonnellate ma il caldo record e l'inflazione alle stelle hanno spinto il governo ad invertire la rotta e ad attuare una politica protezionistica
In India produzione di grano a rischio per il caldo record

In India produzione di grano a rischio per il caldo record - Ansa

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Il governo indiano ha bloccato l'export di ogni tipo di grano, con effetto immediato, da oggi. La decisione è stata resa nota a 24 ore dalla pubblicazione dei dati sull'inflazione annuale, salita all'8,38 per cento, con i prezzi al dettaglio che, nel mese di aprile, hanno toccato il massimo storico da otto anni. L'India si trova in grandi difficoltà a causa dell'anomala ondata di caldo che ha colpito il paese. In molte zone la temperatura sta raggiungendo i 46 gradi e sono previsti picchi fino a 48 gradi. Le dimensioni del raccolto potrebbero essere quindi inferiori molto inferiori al previsto, forse al di sotto dei 100 milioni di tonnellate. Da qui la scelta protezionistica.

Lo stop alle esportazioni segna una brusca svolta rispetto a orientamenti anche molto recenti che prevedevano un aumento record delle esportazioni. A metà febbraio, il ministero all'Agricoltura indiano aveva previsto che il raccolto della stagione avrebbe toccato il record di 111,3 milioni di tonnellate e che le esportazioni sarebbero decollate. Il ministro del Commercio e Industria Piyush Goyal, il 15 aprile, in un tweet, aveva scritto: «Gli agricoltori indiani hanno messo da parte un eccesso di riserve e sono pronti a sfamare il mondo».

Gli acquirenti globali puntavano sul secondo produttore mondiale di grano per le forniture dopo il crollo delle esportazioni dalla regione del Mar Nero in seguito all’invasione russa dell’Ucraina alla fine di febbraio. Prima del divieto, l’India mirava a spedire un record di 10 milioni di tonnellate all’estero. Ad aprile ne aveva esportato 1,4 milioni di tonnellate e sono già stati firmati contratti per altri 1,5 milioni. Il governo ha assicurato che consentirà ancora l’export per lettere di credito che sono già state emesse e su richiesta dei Paesi che stanno cercando di “soddisfare le proprie esigenze di sicurezza alimentare”. La decisione potrebbe portare i prezzi globali a nuovi picchi e colpire i consumatori poveri in Asia e Africa.

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