giovedì 2 gennaio 2020
Costretta ad abbandonare la triangolazione tra Irlanda, Olanda e Caraibi con cui schivava l'imposizione, il gruppo riporta la proprietà intellettuale in America. Con l'aiuto di Trump
L'ingresso della sede di Google in Irlanda

L'ingresso della sede di Google in Irlanda - WikiMedia Commons

COMMENTA E CONDIVIDI

Il “doppio irlandese con panino olandese” è arrivato alla fine della sua avventura. La sofisticata architettura fiscale che per oltre un decennio ha permesso alle multinazionali americane di accumulare nei paradisi fiscali più di mille miliardi di dollari incassati in Europa va in scadenza a fine dicembre, quando terminano i cinque anni di deroga che l’Irlanda aveva concesso alle aziende che già adottavano questa pratica. Difatti molte aziende si sono già adeguate e altre, come Alphabet, che controlla Google, lo stanno facendo.

Come funziona il Double Irish with Dutch Sandwich

Il Double Irish with Dutch Sandwich (“doppio irlandese con panino olandese”, in italiano) era un sistema di triangolazione tra l’Irlanda e i Paesi Bassi che, molto spesso, prevedeva un paradiso fiscale come destinazione finale. Alla base del sistema c’era la legge irlandese, modificata nel 2015, che permetteva di creare aziende di diritto irlandese ma con residenza fiscale in un altro Paese. Google, per esempio, aveva creato Google Ireland Holdings Unlimited, con sede legale a Dublino e sede “operativa” a Hamilton, nelle Bermuda. Questa società era titolare dei diritti di sfruttamento della proprietà intellettuale di Google in Europa, Africa, Medioriente.

La sua unica attività reale era cedere questi diritti a un’altra società del gruppo, la Google Netherlands Holdings basata ad Amsterdam, che le pagava ogni anno miliardi di euro (21,8 miliardi solo nel 2018) per sfruttare quella licenza. Il tutto senza tasse, perché i Paesi Bassi hanno ereditato dalla loro tradizione coloniale e commerciale la regola per cui non si pagano tasse sulle royalty incassate dall’estero o pagate all’estero.

A sua volta, Google Netherlands cedeva l’uso della licenza a una seconda società irlandese, Google Ireland Ltd, unica azienda “reale” che si occupa da sempre di incassare il denaro delle inserzioni pubblicitarie e degli altri servizi che Google vende in Europa. Grazie a questo sistema gli incassi di Google Europa erano tutti convogliati su Dublino e quindi spediti alle Bermuda, dove non ci sono tasse sui redditi di impresa.

Gli effetti del Tax Cuts and Jobs Act

Oggi il doppio irlandese con panino olandese e destinazione caraibica non è più possibile. Su pressione della Commissione europea e dell’Ocse l’Irlanda ha limitato la possibilità di residenze fiscali estere ai soli Paesi con cui abbia firmato un patto di doppia tassazione. Mentre dal 2018 gli Stati Uniti, con il “Tax Cuts and Jobs Act” approvato nel 2017, hanno tagliato dal 35 al 21% le tasse sui profitti all’estero “rimpatriati” in America, agevolando il rientro negli States della cassa delle multinazionali. Alphabet, per esempio, ha deciso di riportare negli Stati Uniti la licenza per la proprietà intellettuale che aveva affidato alla sua controllata carabico-irlandese.

L'Ue resta piena di buchi fiscali

La fine di uno dei sistemi di elusione più popolari – sfruttato non solo da Google ma anche da Facebook, Microsoft e decine di altri colossi americani – non significa che il problema della tassazione sia risolto. Edward Kleinbard, tra i maggiori esperti di fisco negli Stati Uniti, ha ricordato sul Financial Times che molte aziende hanno già sostituito la triangolazione tra Irlanda, Paesi Bassi e Caraibi con nuovi schemi altrettanto efficienti. Come ricorda anche il Fondo Monetario Internazionale nel suo ultimo report sulle tasse in Irlanda, è possibile schivare le tasse sul reddito d’impresa scegliendo Malta, al posto dei Caraibi, come base fiscale per un’azienda irlandese.

I buchi, nel sistema fiscale dell’Ue, sono ancora numerosi. Un gruppo di ricercatori del Fmi guidato da Jannick Damgaard ha analizzato i flussi di investimenti diretti esteri (Fdi) arrivando alla conclusione che dei 40mila miliardi di dollari di media annua degli investimenti diretti esteri, circa 15 miliardi sono investimenti “fantasma”, denaro che passa da una società controllata all’altra senza altro scopo che garantire alla capogruppo di risparmiare sulle tasse. Metà di questi investimenti fantasma sono in Lussemburgo e Paesi Bassi. Se si aggiungono Hong Kong, le Isole Vergini, Bermuda, Singapore, le Cayman, la Svizzera, I’lrlanda e le Mauritius si arriva all’85% del totale degli investimenti fantasma.



© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI