mercoledì 3 gennaio 2024
Gabriele Massarutto: "Per raggiungere gli obiettivi climatici e garantire la sicurezza energetica servono 80 milioni di km di nuove reti elettriche entro il 2040, traguardo impossibile"
"Auto elettriche, irrealizzabili gli obiettivi Ue. Ecco perchè"

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Dopo i primi entusiasmi sorgono anche i primi dubbi sull’automobile con motore elettrico che utilizza come fonte di energia quella immagazzinata in una o più batterie ricaricabili, che dal 2035 dovrebbe essere l'unica forma di motorizzazione consentita sulle vetture di nuova immatricolazione in Europa nell'ottica di contrastare i cambiamenti climatici. Ma si tratta di un traguardo veramente raggiungibile? E soprattutto: mercato auto a parte, lo sviluppo della rete elettrica europea è in linea con gli obiettivi fissati? Lo abbiamo chiesto a Gabriele Massarutto, presidente dell’azienda idroelettrica Valcanale.

Dottor Massarutto, è realizzabile nei tempi indicati la transizione energetica decisa dall’Unione Europea in questo campo?
Se prendiamo in considerazione e ragioniamo sui numeri, non è difficile renderci conto che ci troviamo di fronte ad una missione impossibile. E non tanto per la difficoltà di vendere milioni di nuove auto elettriche, ma soprattutto per l’impossibilità di rifornire attraverso le reti di distribuzione esistenti un numero stratosferico di colonnine. E’ sorprendente che nessuno si renda conto che, senza una radicale ristrutturazione delle reti di trasmissione e di distribuzione, la tanto auspicata transizione energetica dovrà inevitabilmente arrestarsi dopo aver compiuto soltanto le prime fasi.

Quali sono gli ostacoli maggiori?
Le rispondo con le parole che l’AIE, l’Agenzia Internazionale dell’Energia, che nel rapporto presentato il 18 ottobre scorso ha scritto: “Per raggiungere gli obiettivi climatici e garantire la sicurezza energetica servono 80 milioni di Km di nuove reti elettriche entro il 2040, tra nuovi collegamenti e sostituzione di infrastrutture esistenti, pari all’estensione di tutte le reti in funzione attualmente nel mondo e pari a circa la metà della distanza tra la terra e il sole o 2.000 volte la circonferenza del nostro pianeta. Un obiettivo che richiede un raddoppio degli investimenti a 600 miliardi di dollari l’anno entro il 2030, dopo un decennio di stagnazione a livello mondiale”. Si tratta di un ostacolo invalicabile, almeno nei tempi auspicati dall’Europa. Anche perché non è possibile interrompere la continuità della fornitura elettrica e quindi sarà necessario costruire nuovi elettrodotti che dovranno attraversare decine di milioni di proprietà dopo il superamento di interminabili procedure per l’imposizione delle servitù coattive.

Quindi sino ad oggi ci si è mossi a livello sperimentale?
Certamente. Fino ad ora la transizione energetica ha compiuto i primi incerti passi utilizzando le reti esistenti come una cassa di compensazione che è stata in grado, con difficoltà, di sopportare inversioni di flusso per le immissioni di nuove produzioni da fonti rinnovabili e anche gli anomali assorbimenti di energia delle prime colonnine di ricarica. Ma ora la “pacchia” sta per finire ed è necessario costruire nuovi elettrodotti, e nuove cabine primarie e secondarie. Senza contare che le auto elettriche richiedono un accorciamento dei tempi di ricarica, i quali possono essere ridotti soltanto con un notevole aumento della potenza di fornitura. Non si può più ignorare il ruolo decisivo delle reti, insistendo su traguardi che giudico del tutto irraggiungibili; a meno che, davvero, qualcuno possa pensare di fornire energia elettrica a distanza, senza elettrodotti, come è avvenuto per il segnale telefonico. Ma qui entriamo in una fantascienza per ora irrealizzabile.

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