mercoledì 13 marzo 2024
Il reperimento di figure professionali specializzate (22%) e i crescenti costi di produzione e lavoro (22%) sono le principali sfide per le imprese e cooperative sociali
Volontariato e Servizio civile aiutano a crescere

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Mentre il Terzo settore continua a crescere nel numero di enti e di dipendenti (arrivati rispettivamente a oltre 363mila e 870mila), i volontari diminuiscono notevolmente e nel 2021 sono 900mila in meno rispetto ai 5,5 milioni registrati nel 2015. Effetto del Covid e del post pandemia. Anche se la partecipazione dei giovani sta crescendo. Per tanti ragazzi e ragazze il volontariato e il Terzo settore possono diventare occasioni valide per acquisire competenze, accrescere relazioni ed esperienze che si dimostreranno utili nel mercato del lavoro. «I segnali che arrivano dal Servizio civile universale sono confortanti. Ma è evidente che se non stabilizziamo la dimensione economica il rischio è quello di pregiudicare tutto il lavoro svolto. Stiamo risolvendo il problema e stiamo trovando una soluzione che attinga ai fondi Fse, che consentirà di rendere almeno stabile sui 50mila posti il Servizio civile anche in un'ottica di programmazione di medio e lungo periodo - spiega il ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi -. Così come credo sia stato apprezzato il superamento dello schema del Servizio civile come contenitore generalista, la declinazione in chiave digitale, in chiave ambientale e adesso con il prossimo bando in chiave agricola e con aspettativa di poterlo declinare anche in ambito culturale, in ambito turistico e sportivo, da' il senso di un servizio civile che sta prendendo una nuova fisionomia, una nuova forma che consente di essere ponto verso l'orientamento lavorativo».


Sono comunque diversi gli indicatori in grado di restituire la partecipazione dei giovani alla vita della società e delle proprie realtà locali. In primo luogo la quota di persone che frequentano associazioni, come quelle ecologiche, per i diritti civili e la pace. Gli under 25 sono la fascia di popolazione più coinvolta nell’associazionismo in questo ambito. Rispetto alla media nazionale – l’1,6% delle persone con almeno 14 anni che nel 2022 hanno partecipato a riunioni di queste organizzazioni – nessuna classe demografica over-25 raggiunge la quota del 2%. Percentuale conseguita invece dagli adolescenti (14-17 anni), dai 20-24enni e ampiamente superata tra i neomaggiorenni. I giovani di 18 e 19 anni sono infatti la classe anagrafica più attiva nell’associazionismo per i diritti e la cura dell’ambiente (2,9% del totale). Un altro dato interessante è che, sebbene in media non siamo ancora tornati ai livelli pre-Covid, nella progressiva uscita dalla pandemia è tornata a crescere la partecipazione nel volontariato. In particolare tra i giovanissimi (14-17 anni). Tra i minori, anche a causa dell’emergenza sanitaria, la possibilità di svolgere queste attività era crollata al 3,9%. Nel 2022 è cresciuta di 2,5 punti, l’aumento più importante rispetto alle diverse fasce d’età. Tra i giovani di età compresa tra 18 e 24 anni l’aumento è stato più contenuto. Tuttavia si tratta di fasce d’età dove l’impegno nel volontariato è di un punto superiore alla media della popolazione. L’impegno dei giovani, in particolare nella fascia 18-24 anni, emerge anche nell’attivismo all’interno associazioni non di volontariato. Il 2,7% della popolazione complessiva ha svolto attività gratuite per questo tipo di organizzazioni nel 2022. Tra i 20-24enni la quota sale al 3,3%, tra i 18-19enni arriva addirittura al 4,1%. Solo tra i minori di 14-17 anni risulta più basso (1,6%). Per le comunità in cui vivono, i giovani rivestono quindi un valore inestimabile come agenti di cambiamento. Il censimento Istat sulle istituzioni non profit ha mostrato chiaramente una difficoltà del mondo del volontariato nell’attrezzarsi alla transizione digitale, essendo formato da migliaia di associazioni di piccole e piccolissime dimensioni. Sono organizzazioni snelle, con una media di meno di 2,4 dipendenti ciascuna e strutturate nell’85,2% dei casi nella forma di associazione. Efficaci proprio perché animate da volontari capaci e motivati: oltre 4,6 milioni di persone, in base alle ultime rilevazioni.

Tuttavia nel padroneggiare strumenti e tecnologie la strada da fare è ancora lunga. Sebbene quasi l’80% delle istituzioni non profit italiane abbia utilizzato almeno una tecnologia digitale nel corso del 2021, per tre organizzazioni su quattro la tecnologia utilizzata è stata principalmente una connessione a internet, di tipo fisso o mobile. Solo una associazione su tre si è avvalsa anche di piattaforme digitali per le proprie attività, meno di una su dieci (9,8%) ha acquistato servizi di cloud computing e poco più del 2% ha fatto ricorso a ulteriori tecnologie. Come quelle legate all’internet delle cose, alla robotica, alla stampa 3D. Il motivo del mancato utilizzo di tecnologie viene spesso individuato dalle associazioni non digitalizzate nella limitata quantità di risorse finanziarie disponibili (26,4% dei casi). Ma una quota consistente indica anche la scarsa cultura digitale della propria organizzazione (15,7%) o la carenza di personale qualificato (12,6%). Questi dati aiutano a inquadrare quanto il contributo dei giovani possa essere prezioso per la propria comunità. Per l’energia che caratterizza la loro età e in quanto nativi digitali, sono naturalmente portatori di innovazione e cambiamento.


Le proposte per rilanciare la partecipazione

La Cnesc-Conferenza nazionale enti per il Servizio civile ha più volte espresso preoccupazione per il calo dei posti a bando, che da 71.550 del 2022, sono scesi a 52.236. «Una riduzione del 27% che farebbe traballare la stabilità di qualsiasi impresa. Poiché il servizio civile opera quale soggetto attivo della tenuta e della coesione sociale sul territorio, quale è l’impatto di tale riduzione sui territori? La nostra prima analisi dei dati evidenzia l’assenza quest’anno di ben 77 enti titolari su un totale di 317 e un’importante riduzione delle opportunità di servizio da offrire ai giovani presso le proprie sedi da parte di numerosi enti. Una riduzione che ha colpito tutti: enti regionali e nazionali, comprese le grandi reti che hanno visto un taglio anche del 30%, i piccoli enti come i grandi, gli enti locali come gli enti del Terzo settore. Questo significa che, a prescindere dai soggetti penalizzati, dalle dimensioni e dalle tipologie, siamo in presenza di una riduzione sistemica e complessiva con pesanti ripercussioni sui territori in termine di riduzione del contributo del Servizio civile al benessere delle comunità e di continuità delle iniziative intraprese», dichiara la presidente della Cnesc Laura Milani. Tuttavia la Cnesc esprime apprezzamento per l’istituzione di una riserva di posti del 15% nei concorsi pubblici per gli operatori volontari che abbiamo concluso positivamente l’esperienza.

Per ridurre gli ostacoli alla partecipazione dei giovani alla vita politica e sociale l'ASviS propone una serie di riforme, tra cui quella di consentire, fin dalle prossime elezioni europee e amministrative il voto a distanza, che tra i Paesi dell'Ue non è consentito solo a Malta, Cipro e in Italia. E di aumentare e rendere stabili i fondi per il Servizio civile universale (150 milioni di euro a partire dal 2024), visto che a fronte dei 72mila posti a bando nel 2023 sono state presentate 105mila domande e che circa 800mila giovani sono rimasti esclusi dal Servizio per indisponibilità di posti nel decennio 2010-2020. Per assicurare il rispetto del nuovo principio costituzionale, infine, l'ASviS propone di introdurre subito la Vig-Valutazione di impatto generazionale delle nuove leggi, come previsto dal disegno di legge per la semplificazione normativa approvato dal governo il 5 dicembre 2023. «Per evitare che i giovani restino esclusi dalla vita politica e sociale - sottolinea il direttore scientifico dell'ASviS Enrico Giovannini - la politica e la società devono fare tutto il possibile per dare più fiducia ai giovani e affrontare le cause del loro scontento, tra cui il drammatico abbandono scolastico nelle aree disagiate e Il fenomeno dei giovani Neet, che non studiano e non lavorano. Senza una partecipazione attiva dei giovani, infatti, il Paese non ha futuro. La "fuga dei cervelli" dall'Italia, specialmente dal Mezzogiorno, rappresenta una sconfitta per la classe politica, economica e sociale alla quale non possiamo rassegnarci. Per questo, l'attuazione delle proposte dell'ASviS consentirebbe all'Italia di ridurre la distanza da altri Paesi europei e lancerebbe un forte segnale di attenzione e speranza alle nuove generazioni, di cui abbiamo urgente bisogno».

«Per tutto questo, però, è richiesta organizzazione - rimarca Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del Terzo settore - . C’è bisogno allora di ripensare e adeguare gli attuali strumenti di promozione del volontariato. Ma c’è bisogno soprattutto di politiche attive per le nuove generazioni. A partire dalla scuola, che dovrebbe essere il pilastro principale di una comunità educante, composta anche dal Terzo settore, in cui fare esperienza di cittadinanza attiva. Il ruolo dell’istituzione scolastica nella promozione della cultura del volontariato è sottolineato anche nel Codice del Terzo settore, insieme al tema del riconoscimento delle competenze dei volontari come fattore “attrattivo” per i giovani: perché su questo non si sono fatti passi avanti? È un aspetto cruciale, su cui il Forum Terzo settore e la Caritas Italiana stanno investendo molto con l’iniziativa NOI+. Siamo infatti convinti che, di fronte a sfide sociali sempre più impegnative che quindi vedono protagonisti dei volontari sempre più formati e competenti, debba crescere ed essere formalizzato il riconoscimento esterno verso di essi. In questo modo tutto il volontariato acquista valore. Anche il mondo del lavoro potrebbe dare un grande contributo, promuovendo iniziative come gli incentivi al volontariato d’impresa. Accontentarsi di spiegazioni semplici per un fenomeno complesso, come sempre non farà scomparire i problemi, ma piuttosto li aggraverà: davanti a un tessuto sociale disgregato e che non riesce a “ingaggiare” le migliori e più giovani risorse, dobbiamo tutti sentirci coinvolti e compiere uno sforzo collettivo di ascolto, messa in discussione e di costruzione di spazi reali di partecipazione».


I fabbisogni del Terzo settore

L’Osservatorio su Finanza e Terzo settore, giunto alla sua XII edizione, monitora lo stato e l’evoluzione dell’offerta e della domanda di finanza per il comparto. L'indagine si focalizza su tre temi cruciali dell'imprenditorialità sociale: rapporto con le banche, finanza a impatto sociale e fabbisogni finanziari e prospettive future. L’analisi rileva come la collaborazione tra le imprese sociali e le banche sia altamente soddisfacente, con oltre l’86% del campione che si dichiara soddisfatto della relazione. I fattori chiave di tale soddisfazione includono la presenza di personale dedicato e formato (34%) e di un’area strategica di servizio dedicata (circa il 21%). Secondo i dati raccolti le cooperative e le imprese sociali percepiscono la banca non solo come erogatore di un'offerta di servizi di credito a loro destinata (40%), ma anche quale soggetto che svolge consulenza e accompagnamento (34%). In particolare, oltre il 41% delle organizzazioni chiede supporto e accompagnamento alle banche anche in ambito formativo su temi di strutturazione di nuovi modelli organizzativi (44,1%, + 4,2% rispetto all’anno precedente) e valutazione d’impatto (20,7%).

Dall’analisi emerge un miglioramento in termini di conoscenza dei singoli strumenti finanziari, anche se con un minor ricorso: due organizzazioni su cinque conoscono gli strumenti di finanza a impatto sociale, mentre una su tre li utilizza o è interessata a farlo. Tra gli strumenti di finanza a impatto sociale conosciuti, i più noti sono i finanziamenti agevolati (82,5%), le obbligazioni solidali/social bond (51,5%), Venture Capital (41,7%), strumenti ibridi (33%) e pay for success (25,2%, per esempio i social impact bond).

Nel triennio 2020-2022, il 67,2% delle organizzazioni dichiara di aver effettuato investimenti, anche se in calo rispetto alla rilevazione precedente (-2,8 punti). Nonostante le principali fonti di finanziamento rimangano credito bancario e autofinanziamento, entrambe fanno registrare un calo rispetto all’ultima rilevazione, a fronte di un trend in crescita nell’utilizzo di risorse da investitori privati (+3,3 punti sul 2020) e istituzioni pubbliche.

Meno della metà delle organizzazioni del campione dichiara di prevedere nuovi investimenti per i prossimi mesi. Infine, la propensione all'indebitamento varia in base all'anzianità operativa delle organizzazioni: poco più di una realtà su cinque fra quelle più giovani ha fatto richiesta di finanziamento alle banche nell’ultimo triennio (21,1%), contro quasi una su tre delle più longeve (33,5%). Nonostante i principali ambiti di investimento per il futuro si confermino essere il potenziamento del capitale umano (29,8%) e l’accesso alla tecnologia (17,9%), in entrambi i casi il trend decresce (rispettivamente -4,5 e -7,8 punti percentuali sul 2020) a fronte di aumento di allocazione di risorse in ambito di ripensamento dei modelli organizzativi (+1,9 punti sul 2020) e ridisegno dei servizi offerti (+2,7 punti sul 2020).

Il reperimento di figure professionali specializzate (22%) e i crescenti costi di produzione e lavoro (22%) sono le principali sfide per le imprese e cooperative sociali. Stabilità occupazionale (68%), allineamento tra valori personali e mission d’impresa (55%) e attenzione al work-life balance (52%) risultano essere i principali fattori su cui agire per trattenere risorse umane all’interno delle organizzazioni del settore.

Cresce l’incidenza di coloro che hanno reso la strategia di digitalizzazione condivisa e formalizzata all’interno delle proprie organizzazioni (+44 punti sull’ultima rilevazione). Gli investimenti sinora effettuati sembrano concentrarsi più sull’acquisto di software (74%), strumentazione (43%) e percorsi formativi (46%) e meno sullo sviluppo di prodotti e servizi in chiave digitale (14%) e partnership strategiche con soggetti detentori di competenze specifiche in materia (14%).

Più della metà delle organizzazioni (52,8%) ha già avviato percorsi di misurazione dell’impatto sociale delle proprie attività, il 39,2% del totale in maniera continuativa e non saltuaria. Il 40,9% svolge valutazione principalmente per riorientare le proprie attività ed aumentare la propria capacità trasformativa e il 42% delle imprese intervistate percepisce positivamente l’utilizzo della valutazione a fini della formulazione del merito creditizio, a cui concorrono sempre di più gli aspetti qualitativi.

Volontariato di competenza

Oltre 4mila imprese (il 5% delle aziende con almeno 50 dipendenti) hanno offerto al proprio personale l’opportunità di svolgere il “volontariato di competenza” e altre 21mila (il 26%) sono interessate a consentirlo in futuro. Si tratta di
una concreta pratica di responsabilità sociale che consente ai lavoratori dipendenti del settore privato di svolgere attività di volontariato durante l'orario di lavoro, mettendo in gioco le competenze acquisite nel proprio percorso professionale e aziendale. A mostrarlo è il Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, che fa luce così sulla diffusione tra le imprese di una possibilità prevista dall’art. 100 del Tuir-Testo unico delle imposte sui redditi. La norma stabilisce che le aziende possano dedurre fino al 5 per mille delle spese relative all’impiego di lavoratori dipendenti per prestazioni di servizi erogate a favore di onlus. Con il Codice del Terzo settore, tale norma è stata poi estesa a tutti gli enti iscritti al Runts-Registro unico nazionale del Terzo settore. Attualmente il volontariato di competenza risulta più diffuso tra le imprese del nord-ovest (5,6%) e nei settori dei servizi (5,4%), con i picchi più elevati in alcuni dei comparti dei servizi alle imprese, come l’Ict (l’8,4% delle aziende con almeno 50 dipendenti concede la possibilità di fare volontariato), i servizi di consulenza (9,1%) e i servizi finanziari e assicurativi (13,8%). Per l’industria la percentuale si attesta al 3,9%, con valori superiori per quanto riguarda il comparto delle costruzioni (5,5%). Esaminando i dati per dimensione aziendale, si osserva una maggiore propensione per il volontariato di competenza nelle imprese di medio grandi dimensioni con 250-499 dipendenti, dove la quota raggiunge il 6,6% e in quelle più grandi con almeno 500 dipendenti (5,5%), mentre le imprese di medio-piccole dimensioni presentano valori più contenuti (4,4%).

Le attività di volontariato svolte dal personale durante l’orario lavorativo si concretizzano principalmente (nel 47,7% dei casi) nella partecipazione a community day: si tratta per esempio di giornate dedicate ad una casa famiglia per disabili, ad attività di volontariato nelle carceri o alla pulizia di un parco. Di particolare interesse sono le aziende che consentono a dei propri collaboratori di dedicare diverse giornate – anche settimane o mesi - ad attività di informazione e sensibilizzazione culturale/sociale/ambientale in call center, negli sportelli informativi dei Csv-Centri di servizio per il volontariato in incontri pubblici o del Terzo settore (22,5%); oppure ad attività educative a favore di studenti e minori in difficoltà (17,5%) o, infine, nel sostegno di Ets impegnati in progetti di cooperazione in Paesi del Sud del mondo (7,3%). A livello settoriale si evidenzia una più intensa partecipazione a community day da parte dei dipendenti del commercio, turismo e servizi alle imprese, mentre per le imprese dei servizi alle persone è più rilevante la formazione rivolta a giovani in difficoltà.

Tra le imprese con più di 50 dipendenti che non prevedono attualmente tra le pratiche aziendali la possibilità di favorire il volontariato di competenza, il 61,6% dichiara di non conoscere affatto la normativa che consente di dedurre fino al 5 per mille del costo dei dipendenti impegnati in attività di volontariato a favore di enti del Terzo settore. Emerge, dunque, l’esigenza di far conoscere meglio questa possibilità introdotta dal legislatore per favorire le pratiche di responsabilità sociale delle imprese e incoraggiare la collaborazione tra aziende profit ed enti non profit del Terzo settore. Più di un quarto delle imprese intervistate, peraltro, già si dichiara interessata a sviluppare in futuro questa forma di innovazione sociale.

Ecco alcuni corsi utili

Riparte il 21 marzo il corso di formazione di Cbm Italia La dimensione della disabilità nell'Agenda 2030 per conoscere meglio il mondo della cooperazione internazionale e gli strumenti con cui la società può agire in modo efficace per promuovere i diritti delle persone con disabilità e realizzare uno sviluppo inclusivo. Il corso prende le mosse dall'articolo 32 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, che invita gli Stati ad adottare misure per «far sì che la cooperazione internazionale, compresi i programmi internazionali di sviluppo, includa le persone con disabilità e sia a loro accessibile attraverso lo scambio e la condivisione di informazioni, esperienze, programmi di formazione e buone prassi di riferimento cooperazione nella ricerca e nell'accesso alle conoscenze scientifiche e tecniche attraverso agevolazioni all'acquisto ed alla condivisione di tecnologie di accesso e di assistenza e operando trasferimenti di tecnologie». È un corso online che comprende dieci lezioni, di cui tre in diretta, comprensivo di esercitazioni guidate, individuali e di gruppo. È dedicato a educatori, insegnanti, studenti e a chiunque sia impegnato nell'educazione e sensibilizzazione dei giovani a essere cittadini attivi e responsabili, verso una società aperta ed inclusiva. Il corso, realizzato in collaborazione con la Scuola di Alta Formazione del Vis-Volontariato internazionale per lo sviluppo, termina a giugno. Al termine del corso viene rilasciato un diploma di specializzazione in "Cooperazione Internazionale allo Sviluppo e Disabilità". Per maggiori informazioni: https://www.cbmitalia.org.

Nuove offerte formative alla The FundRaising School. Dal 2000 a oggi, più di 5mila professionisti si sono formati con i suoi corsi, sviluppando competenze essenziali per affrontare le sfide presenti e future in un contesto professionale in continua evoluzione. Come evidenziato dall'Italy Giving Report, nel 2022 gli italiani hanno donato 6.790 miliardi di euro, registrando un lieve aumento rispetto all'anno precedente. L’incremento può essere in parte attribuito alle donazioni destinate alle emergenze internazionali, effettuate dal 37% della popolazione italiana. Questi dati confermano un’evoluzione nel panorama delle donazioni che spinge a un ripensamento dei fondamenti della «raccolta fondi» per le attività d’interesse generale. Un ripensamento dovuto alla profonda trasformazione delle motivazioni intrinseche connesse al dono, alla diffusione del digitale come strumento per conoscere e donare a progetti sociali (le donazioni on line scelte dal 42% dei donatori, superano quelle in denaro contante). Sono tre i percorsi formativi specifici che certificano le competenze di tre figure strategiche: Fundraising Manager, Cultural Fundraiser, Community Fundraiser. Questi percorsi sono stati progettati per promuovere figure professionali capaci di sviluppare un approccio orientato all’impatto sociale, operando sia nel Terzo settore che in altri contesti quali comunità, politiche, sviluppo e innovazione. Per maggiori informazioni: www.fundraisingschool.it, Tel.: 054362327, email: ecofo.aiccon@unibo.it.






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