lunedì 11 aprile 2011
In un convegno di Gi Group esaminate le valutazioni delle aziende rispetto al ricorso a questa forma contrattuale che non ha ancora sviluppato tutte le proprie potenzialità occupazionali a favore dei giovani
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Pur essendo il contratto di lavoro maggiormente “formativo” tra quelli attualmente previsti nel nostro ordinamento, purtroppo l’apprendistato non gode dei successi che meriterebbe. Ai giovani non piace a causa della sua durata (dai tre ai sei anni) e gli preferiscono contratti più flessibili come gli stage e quelli a progetto, mentre le aziende mettono sotto accusa i numerosi lacci burocratici che lo vincolano e una legislazione poco chiara in materia. A queste e ad altre interessanti conclusioni è giunta una ricerca realizzata da Gi Group, il più grande gruppo italiano nei servizi per il mercato del lavoro, sull’esperienza con l’apprendistato di un centinaio di aziende lombarde. Nel corso del convegno organizzato allo scopo di presentare i dati dell’indagine, è emerso che negli ultimi tre anni il 51,3% dei giovani inseriti con questo contratto è stato successivamente assunto a tempo indeterminato. L’industria, in particolare, è il settore in cui l’apprendistato è maggiormente diffuso (58,2%), mentre le figure professionali più inserite con questa forma contrattuale sono quelle dell’area tecnica (35,3%), seguite dalla produzione (29,4%), dall’amministrazione (25,5%) e dal commerciale (23,5%). Dal punto di vista aziendale (solo un terzo dichiara di non aver mai utilizzato l’apprendistato), vengono giudicati positivi i vantaggi economici legati al contratto (82,4%), ma anche la possibilità di formare i lavoratori secondo le proprie esigenze (51%) e farli crescere all’interno dell’azienda (47%), anche in vista di un’assunzione a tempo indeterminato (31,4%). Le criticità legate allo strumento sono invece individuate nella gestione della formazione svolta solo all’interno dell’azienda. Molte imprese, infatti, vorrebbero un supporto esterno per le attività formative (33,3%), per la consulenza amministrativa (31,4%) o addirittura per la gestione di tutto il processo (17,6%). «L’apprendistato ha enormi potenzialità, ma dal 1997 ad oggi non siamo stati in grado di mettere a sistema questa normativa – ha commentato il professor Michele Tiraboschi, ordinario di Diritto del Lavoro presso l’Università di Modena e Reggio Emilia -. Bisogna a tutti i costi semplificare, attivare maggiori controlli sui canali alternativi come stage e contratti a progetto e fare in modo che anche le agenzie di placement si facciano carico di questo tipo di contratto». Una proposta, quest’ultima, molto auspicata dalle agenzie per il lavoro, come del resto confermato dall’amministratore delegato di Gi Group Stefano Colli Lanzi: «Conoscendo bene sia il lavoratore che l’azienda e le rispettive esigenze, siamo l’itermediario più adatto per mettere in condizione l’impresa di cogliere tutti i vantaggi dello strumento e valorizzare la sua parte formativa».
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