lunedì 23 settembre 2013
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Il "dove" conta relativamente. Che sia Italia, Europa o resto del mondo è diventato ormai un aspetto secondario. In cima alle priorità dei giovani disoccupati italiani (che come ha confermato l’ultimo bollettino dell’Istat sono ancora quasi il 40% del totale) c’è, ovviamente, il lavoro. E per riuscire nell’impresa di trovare un impiego tanti under 35 sono disposti a trasferirsi anche a migliaia di chilometri di distanza da casa.Secondo una ricerca effettuata dalla Spinlight Pm (società che opera nella consulenza di carriera) oggi 6 laureati italiani su 10 preferiscono un’esperienza di lavoro all’estero a un periodo di lavoro precario in patria. Una tendenza confermata anche dalle cifre ufficiali che testimoniano quanto il fenomeno della fuga dei cervelli sia cresciuto a dismisura con l’impennarsi della disoccupazione: gli ultimi dati Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero) segnalano un +30% nel 2012 rispetto all’anno precedente. Certo, alcuni fanno marcia indietro. Ma il saldo annuale tra partenze e arrivi è decisamente negativo: emigrano in 10.000 a fronte di 5.000 ragazzi che comprano il biglietto di ritorno. Alla base della scelta di spostarsi altrove contribuiscono anche le migliori prospettive di retribuzione: a cinque anni dalla laurea gli occupati italiani all’estero hanno un guadagno mensile decisamente superiore: 2.324 euro di media contro i 1.378 di chi non ha fatto le valigie.Si tratta di numeri allarmanti che hanno spinto il governo Letta ad adoperarsi per colmare il gap. Ma con gli ultimi interventi contenuti in "Destinazione Italia" (il pacchetto di provvedimenti presentato in settimana dall’esecutivo) non si vuole tamponare l’emorragia di talenti dal Belpaese. L’obiettivo – ben più ambizioso – sembra in realtà quello di lavorare alla creazione di "giovani italiani globali". Come? Attraverso un sistema di formazione-lavoro sempre meno vincolato ai confini nazionali. Tra gli oltre 50 punti previsti dal piano per attrarre nella penisola investimenti e capitali (anche umani) ce ne sono alcuni orientati proprio in questa direzione: incentivi agli atenei che offrono corsi di studio esclusivamente in lingua inglese, bonus fiscali per progetti volti all’internazionalizzazione delle università e snellimento delle procedure di rilascio dei visti. «Per attrarre cervelli stranieri e semplificare la vita a chi è già presente nel Paese – si legge nel documento – si prevede la trasformazione da annuale a triennale del decreto interministeriale che fissa le quote d’ingresso per tirocini e corsi».   Meno barriere e meno vincoli, insomma. Sia in entrata, sia in uscita. A cominciare dalla formazione. Con il decreto del Fare sono stati introdotti tirocini da 400 euro al mese in azienda (metà del rimborso sarà a carico dello Stato) a partire dal 2014. E con il dl lavoro si è cercato di fornire le prime risposte al dramma dei 2 milioni di Neet che né studiano né lavorano. Adesso, però, si punta anche a rafforzare lo scambio di esperienze formative e professionali in ambito internazionale. «Se oggi fossi un ventenne neolaureato – sostiene il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini – farei eventualmente un’esperienza all’estero ma poi rientrerei, perché le opportunità sono notevoli anche da noi».E in effetti, nonostante la penuria di lavoro, sono 220mila figure professionali qualificate che le aziende italiane inseguono sul mercato ma non riescono a reclutare. Si cercano soprattutto "dottori" in economia, ingegneria e medici. Uno dei settori maggiormente in ascesa, e che potrebbe essere tra i primi ad aprire le porte del lavoro alle nuove generazioni, è quello della green economy: «Si prevede una crescita costante della forza lavoro da qui ai prossimi anni – conferma Michele Tremigliozzi, esperto di Green Energy per Adecco –. Attualmente in Italia nei lavori verdi sono impiegate 130mila persone ed entro il 2020 si dovrebbe salire a quota 250mila». I profili più ricercati saranno «i tecnici addetti all’installazione e alla manutenzione di impianti fotovoltaici, i bioarchitetti, gli energy manager e gli avvocati esperti in questioni ambientali». Significa che per aumentare le possibilità di trovare lavoro saranno determinanti la specializzazione e lo spirito di adattamento alle nuove richieste che arrivano dal mercato. In Italia o all’estero, in questo caso, non c’è differenza.
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