giovedì 21 gennaio 2021
Il rapporto di Eowb evidenzia differenze strutturali tra Paesi. Italia in sesta posizione grazie alla presenza femminile nei cda ma nelle aziende il percorso è lento
La ricerca è uno dei settore in cui il gender gap è in via di riduzione

La ricerca è uno dei settore in cui il gender gap è in via di riduzione - Ansa

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I passi avanti ci sono, ma non tutti viaggiano alla stessa velocità. In Europa la diversità di genere continua ad essere un freno a mano che incide pesantemente sullo sviluppo economico. E la pandemia, tra nuovi equilibri di conciliazione e crisi occupazionale, rischia di penalizzare le donne ulteriormente. L’Indice sull’uguaglianza di genere 2020 evidenzia un progresso lento, ma costante, in Europa malgrado sussistano notevoli differenze. In Norvegia, Francia, Regno Unito, Finlandia e Svezia le aziende sono vicine all’equilibrio di genere ai vertici aziendali, a differenza di quanto accade in paesi come Polonia e Repubblica Ceca, tutt’altro che orientati alla leadership femminile. L’Italia, grazie a tutele legislative più che a lungimiranza imprenditoriale, si trova in una buona sesta posizione. È stato presentato oggi lo studio europeo di Ewob, l’associazione European Women on Boards di cui fa parte l’italiana Valore D, che ogni anno analizza la rappresentanza di genere nei consigli di amministrazione e nei vertici aziendali delle più grandi realtà europee.

Sono appena il 6% le società che compongono l’indice di borsa Stoxx Europe 600 con a capo una donna e solamente in 130 (19%) è presente una donna che ricopre la funzione di amministratore delegato o direttore operativo.Lo studio assegna ad ogni azienda un indice sull’uguaglianza di genere, il Gender Diversity Index (Gdi), che consente di operare un confronto tra paesi e aziende ma anche di valutare i progressi interni del tempo. Il 2020, con tutte le sue peculiarità, è stato comunque un anno positivo. «Rispetto al 2019, l’avanzamento della leadership femminile si è tradotto concretamente in un aumento delle donne Ceo che oggi sono 42, 14 in più rispetto all’anno scorso, delle aziende con una direzione al femminile, che oggi sono 129, 30 in più rispetto all’anno scorso e in un 9% di presidenze rosa dei Cda aziendali con un aumento del 2% –commenta Päivi Jokinen, presidente di European Women on Boards-. L’indice di Gender Diversity medio è cresciuto da 0,53 a 0,56 e il numero di aziende con un Gdi superiore a 0,8 è raddoppiato, passando da 30 a 62. Con un Gdi di 0,74 (quasi il doppio rispetto a quello polacco) la Norvegia vanta le aziende più performanti in termini di uguaglianza di genere. L’uguaglianza di genere ai vertici aziendali appare ancora lontana: i ruoli dirigenziali sonol il 28% del totale. La presenza femminile all’interno dei Cda è invece del 34% ed è il livello di governance che conta la maggiore partecipazione delle donne.

La pandemia di Covid-19 ha influito negativamente per via di licenziamenti e misure di disoccupazione temporanea. Molte hanno perso il lavoro, altrettante si sono ritrovate alle prese con il difficile compito di conciliare telelavoro, didattica a distanza e cure domestiche. Di conseguenza, si sono accentuate le disuguaglianze di genere all’interno delle società. A fare da traino, come sottolinea Valore D, un settore in particolare quello della ricerca, sono ben 87 le aziende a vantare una quota femminile pari o superiore al 40% in tutti i ruoli dirigenziali: un notevole passo in avanti rispetto alle 47 imprese del 2019.

L’Italia come dicevamo si trova al sesto posto per indice di Gender Diversity tra i paesi europei esaminati. I dati testimoniano una buona presenza di donne nei Consigli di amministrazione (22%) e nei comitati di controllo (45%), dettata però da un impianto legislativo favorevole. Ma quando si parla di livelli esecutivi il discorso cambia: le donne sono solo il 17% contro il 33% della Norvegia e il 25% degli UK e un’esigua minoranza (il 4%) ricopre il ruolo di Ceo contro il 21% della Norvegia o il 15% dell’Irlanda.«È grazie alla legge Golfo Mosca se oggi in Italia abbiamo migliorato la rappresentanza femminile nei Consigli di amministrazione, ma la strada da percorrere è lunga. Ancora troppo esiguo il numero di donne ai vertici delle aziende nei livelli executive e Ceo – commenta Paola Mascaro, presidente di Valore D –. Oggi più che mai è indispensabile promuovere lo sviluppo della leadership inclusiva. È un tema centrale per la progressione della nostra società e una leva indispensabile per la ripartenza».

Valore D è la prima associazione di imprese in Italia – 217 ad oggi, per un totale di più di due milioni di dipendenti e un giro d’affari aggregato di oltre 500 miliardi di euro – che da oltre dieci anni si impegna per l’equilibrio di genere e per una cultura inclusiva nelle organizzazioni e nel nostro Paese. L’associazione è nata nel 2009 dall’incontro tra dodici manager di altrettante aziende virtuose: parliamo di AstraZeneca, Enel, General Electric, Johnson&Johnson, IKEA, Intesa Sanpaolo, Luxottica, McKinsey & Company, Microsoft, Standard&Poor’s, UniCredit e Vodafone.

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