giovedì 29 settembre 2016
​Un piano industriale da 94 miliardi di euro in dieci anni. I dipendenti passeranno da 69mila a 100mila.
Investimenti e nuove assunzioni
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Investimenti per 94 miliardi di euro con l’obiettivo di raddoppiare il fatturato in dieci anni, passando dai nove miliardi di incassi previsti quest’anno a 17,6 miliardi nel 2026. Crescita dei dipendenti da 69mila a 100mila. Quotazione in Borsa di almeno il 30% della divisione Frecce-Intercity. Margine operativo lordo a 4,6 miliardi. Questo il piano industriale «rivoluzionario» di Gruppo Ferrovie dello Stato presentato ieri dalla presidente Gioia Ghezzi e dall’amministratore delegato Renato Mazzoncini alla presenza del presidente del Consiglio Matteo Renzi e del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio.Un piano «rivoluzionario», lo hanno definito la presidente e l’ad, perché «cambia il paradigma stesso dell’azienda, che da ferroviaria si trasforma in azienda per la mobilità». La gran parte degli investimenti sarà dedicata alle infrastrutture, che assorbiranno 73 miliardi; altri 14 saranno destinati al materiale rotabile, mentre sette saranno dedicati allo sviluppo tecnologico. C’è già la copertura per i primi 58 miliardi di euro, ha sottolineato Mazzoncini. Il piano permetterà di creare «21mila nuovi posti di lavoro annui aggiuntivi per le opere in più rispetto a ciò che era già stato programmato». Il che «sicuramente concorrerà a spingere la crescita dell’economia italiana, dal momento che già oggi le ferrovie pesano il 2% del Pil».Ma insieme al piano arriverà anche la prima quotazione in Borsa. L’ipotesi è quella di scorporare la divisione Frecce di Trenitalia e portarne a piazza Affari il 30% del capitale. Tempi previsti: un anno. «Da tempo ragioniamo sull’ipotesi ipo (offerta pubblica iniziale) – ha spiegato –. Abbiamo ipotizzato di dividere Trenitalia in due: Frecce-Intercity e servizio regionale». Attualmente la divisione Frecce conta su 2,4 miliardi di fatturato, con una crescita stimata nel piano industriale fino a tre miliardi. Ha un debito complessivo di 1,5 miliardi. L’intenzione, ha puntualizzato comunque Mazzoncini, è dire «no a gruppi industriali che possano entrare nella nostra azienda. Il controllo rimane delle ferrovie», ha aggiunto. L’idea è che diventi «un po’ di più una public company».Il banco di prova dell’integrazione ferro-gomma è la fusione con Anas. La società stradale verrà conferita a Fs e sarà "sorella" di Rfi: i tempi sono legati al meccanismo per far uscire Anas dal perimetro della Pubblica amministrazione. Indipendentemente da questo, le sinergie permetteranno 400 milioni di risparmi. Grazie a Freccialink, poi, il cliente può acquistare un biglietto per la città non raggiunta dall’Alta velocità. «Se uno vuole andare a Matera – ha detto Mazzoncini – può comprare il biglietto integrato on line treno-bus. Scende in stazione e sale su un minibus veloce su cui ha già il posto assegnato che lo porta a Matera senza fermate intermedie. È un servizio che ha avuto grande successo, e stiamo pensando di espanderlo coprendo le principali città turistiche».Intanto il Gruppo Fs ha già siglato un accordo quadro da circa quattro miliardi per la fornitura di 450 nuovi treni regionali (300 alta capacità, 150 media capacità), ai quali si aggiungeranno 50 diesel. Le stime prevedono un incremento complessivo della quota di posti per chilometro tra l’8 e il 10% entro il 2026. Attualmente già il 20% della flotta circolante è rinnovata, grazie agli arrivi dei nuovi treni consegnati a partire dal 2014.
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