venerdì 1 dicembre 2023
All'Università Cattolica il workshop “The future of Financial Mutuals”. Beccalli: "Il credito cooperativo sostiene l'economia reale, riduce le disuguaglianze e aiuta lo sviluppo delle comunità locali"
Un momento del convegno nella cripta dell'Università Cattolica di Milano

Un momento del convegno nella cripta dell'Università Cattolica di Milano - UniCatt

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Strategico per il territorio, in grado di favorire l’inclusione finanziaria e capace di rispondere alle nuove sfide che stanno investendo l’intero settore bancario. Quello della cooperazione di credito è un sistema solido e competitivo che, a livello europeo, secondo i dati dell’Associazione europea delle banche cooperative (EACB), può contare su oltre 39 mila le cooperative bancarie, con 88 milioni di soci, 226 milioni di clienti, 718 mila dipendenti, 5 mila miliardi di euro di depositi e total asset per 9,3 miliardi di euro. È per questo che il credito cooperativo - non avendo obiettivi di massimizzazione del profitto ma piuttosto di sostegno allo sviluppo economico-sociale - può fare la differenza a livello sia nazionale sia internazionale.

Ne sono convinti studiosi provenienti da Germania, Italia, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti, amministratori, manager, esponenti di autorità di vigilanza e associazioni del settore che venerdì 1° dicembre si sono riuniti nella Cripta Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per partecipare al workshop di ricerca “The future of Financial Mutuals”. L’incontro, promosso congiuntamente dal Centro di ricerca sul Credito Cooperativo (CRCC) dell’Università Cattolica, dal Centre for Banking Research (CBR) della londinese Bayes Business School, dall’inglese Building Societies Association (BSA) e da Federcasse, è il terzo di una serie di incontri avviata qualche anno fa e che, alternandosi tra Londra e Milano, intende portare avanti una riflessione sulle modalità con cui la cooperazione finanziaria si sta adattando ai cambiamenti - da quelli tecnologici a quelli legati alla sostenibilità e alle nuove normativa -, rimanendo fedele al modello di business che da sempre caratterizza le banche di prossimità.

«Il credito cooperativo esercita un ruolo fondamentale nel sostegno all’economia reale, in particolare fornendo prestiti attraverso il cosiddetto credito di relazione (relationship lending) a famiglie e imprese, specie di dimensioni medio-piccole», ha detto Elena Beccalli, preside della Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative, aprendo i lavori. «Ancora, contribuisce alla riduzione delle disuguaglianze e allo sviluppo delle comunità locali. Un paradigma che trova conferma a livello internazionale, in Paesi come gli Stati Uniti o in un’economia emergente come la Polonia. Quanto all’Italia, il credito cooperativo, proprio per la capacità di ridurre le asimmetrie informative, risulta particolarmente rilevante nel territorio nazionale per effetto della peculiarità del tessuto economico, costituito in grande maggioranza di piccole e medie imprese. Anche nelle province fortemente digitalizzate, le BCC sono ancora meglio in grado di esercitare il credito di relazione per effetto della prossimità, come emerge da uno studio condotto nell’ambito del Centro di ricerca sul Credito Cooperativo e raccolto nel primo volume della collana di Vita e Pensiero, in uscita l’11 dicembre».

Robin Fieth, Chief Executive della Building Societies Association, ha ricordato come negli ultimi dieci anni sia cresciuta nel Regno Unito l’attenzione verso il credito cooperativo per la diversità del modello di business che propone, fondamentale per il sistema economico. «Numerose ricerche empiriche mostrano che il successo futuro dei servizi bancari e la stabilità dei mercati dipenderà dalla capacità di saper puntare su un mix di banche diverse fra loro. In questi giorni, il settore delle banche cooperative inglesi ha presentato una proposta chiedendo al prossimo governo di dare vita a un’alleanza che possa rispondere ai bisogni della società, offrendo benefici tangibili alle nostre comunità».

Non a caso, ha fatto eco il direttore generale di Federcasse (l’associazione delle Banche di Credito Cooperativo, Casse Rurali e Casse Raiffeisen italiane) Sergio Gatti: «L’interesse accademico crescente per il settore bancario cooperativo è sintomo di una sempre maggiore consapevolezza della “diversità” che serve al comparto finanziario per svolgere un ruolo fondamentale nelle numerose transizioni (ambientale, sociale, digitale, ecc.) che la nostra società si trova ad affrontare».

In Italia le Banche di Credito Cooperativo (BCC), le Casse Rurali, le Casse Raiffeisen sono 223 (dati Federcasse), il 51% delle banche operanti sul territorio nazionale. Presenti in 2.529 Comuni e 102 province con 4.096 sportelli (il 31% dei quali collocati in aree interne) hanno un patrimonio (capitale e riserve) di 23,6 miliardi di euro. A giugno 2023 le loro quote di mercato nei prestiti erogati alle micro-piccole-medie imprese hanno superato abbondantemente il 20% in tre settori-chiave e ad alta intensità di lavoro dell’economia italiana: piccola manifattura e artigianato, agricoltura, turismo. Nel frattempo, il CET 1 ratio, principale indicatore di solidità patrimoniale, è salito al 23,3%, significativamente superiore alla media dell’industria bancaria nazionale (15,6%). In 723 Comuni italiani le BCC rappresentano l’unica presenza bancaria.

«Per questo, abbiamo bisogno di una ricerca accademica di alta qualità e internazionale per comprendere al meglio l’impatto che le banche cooperative hanno sulle molteplici dimensioni del ben-essere di soci e clienti; ma anche di fornire ai legislatori e ai regolatori una analisi scientifica e imparziale che dovrebbe costituire la base per politiche efficaci e lungimiranti», ha aggiunto Gatti. «La funzione obiettivo delle banche cooperative è complessa e multidimensionale: tende a promuovere crescita inclusiva e sostenibile, a rafforzare la coesione sociale, a interloquire con responsabilità con i soci e gli stakeholders locali. È per questo che accademici e professionisti devono dialogare sempre di più. Una occasione come quella di oggi, in questo senso, è particolarmente utile e stimolante».

Aspetti ripresi da Giorgio Gobbi, direttore della sede di Milano di Banca d’Italia, keynote speech del workshop insieme con Nina Schindler, Chief Executive Officer dell’Associazione europea delle banche cooperative (EACB). «Nelle economie avanzate le mutue cooperative hanno raggiunto una fase di maturità. Attraverso reti complesse, competono alla pari con gli altri attori del settore finanziario. Sono riuscite a raggiungere un equilibrio tra i principi guida della cooperazione e la capacità di resistere alle forze del mercato», ha osservato Gobbi. «Dopo la crisi finanziaria globale, le opportunità di crescita offerte dalle attività di prestito bancario si sono ridotte a causa di una serie di fattori. Le mutue finanziarie, tuttavia, non si limitano a erogare prestiti. Basandosi sui loro principi fondanti, sono in grado di fare la differenza nell’affrontare le sfide più importanti della nostra società: i rischi climatici e ambientali, le trasformazioni tecnologiche e i cambiamenti demografici».

Un momento del convegno nella cripta dell'Università Cattolica di Milano

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Un tema, quello della cooperazione di credito, da sempre identitario per la scuola bancaria dell’Università Cattolica. Come ha confermato la preside Beccalli. «La Facoltà ha deciso di costituire, con il sostegno di Federcasse e Federazione Lombarda delle BCC, un Centro di ricerca sul credito cooperativo per promuovere studi degli aspetti tecnico-identitari del credito cooperativo. L’analisi scientifica, infatti, è necessaria per disporre degli elementi per interpretare in chiave innovativa i tratti del mutualismo. Va in questa direzione anche la collana “Credito cooperativo: innovazione, identità e tradizione”, edita di Vita e Pensiero, uno strumento che consentirà al Centro di ricerca di porsi come polo di riferimento, anche a livello internazionale, degli studi in ambito mutualità finanziaria. Rilevante anche la cattedra finanziata sul credito cooperativo, istituita presso la Facoltà di Scienze bancarie finanziarie e assicurative, affidata a un professore di storia economia e della banca, per trasferire anche nella didattica – a beneficio dei nostri studenti – l’attenzione al valore della cooperazione di credito».

Durante la giornata di studio si sono alternati gli interventi e le presentazioni di oltre 20 relatori, che hanno risposto al Call for papers lanciato dal Centro di ricerca dell’Università Cattolica. Docenti provenienti da Atenei italiani ed europei ed esponenti del settore, nel corso delle relazioni hanno approfondito tematiche e sfide che interessano oggi il mondo della cooperazione finanziaria: il contributo allo sviluppo partecipato e alla riduzione delle disuguaglianze di reddito; le sfide della digitalizzazione e della prossimità; la sostenibilità integrale: ecologica, sociale ed educativa; i cambiamenti nel panorama competitivo; le complessità normative; l’accesso ai servizi bancari e assicurativi e l’inclusione finanziaria; la prevenzione delle crisi bancarie e la stabilità finanziaria; le trasformazioni in atto in materia di politica monetaria. È stato anche presentato il libro “Cooperazione di credito: modelli organizzativi e ruolo della prossimità”, a cura di Elena Beccalli, Ludovico Rossi, Andrea Viola. Si tratta del primo volume della nuova Collana della casa editrice Vita e Pensiero “Credito cooperativo. Innovazione, identità, tradizione”.

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