lunedì 1 aprile 2024
Dal 1° aprile stop ai lavoratori fragili e ai genitori di figli di under 14. Ora sarà possibile affidarsi solo ad accordi interni alle aziende. Nel 2023 il ricorso allo smart working è cresciuto
Fine dello smart working semplificato: così cambiano le regole

Ansa

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Lo smart working è in crescita ma le regole generali (tranne per chi nel privato ha raggiunto accordi intergrativi o intese individuali nel privato) da oggi rendono più difficile usufruire di questa modalità di lavoro. Dopo una lunga serie di proroghe, infatti, dal primo aprile infatti termina il lavoro da remoto garantito alle procedure semplificate attivate durante il Covid per chi era affetto, ad esempio, da alcune patologie. Si tratta dei cosiddetti lavoratori fragili, per intenderci. Scade contestualmente la proroga dello smart working nel privato per i genitori di minori under 14.

La novità normativa sulla fine dello sw semplificato arriva mentre il ricorso allo smart working è in aumento, seppur su livelli nettamente inferiori ai picchi registrati durante la pandemia dove il lavoro da casa spesso in molti settori era una scelta “obbligata”. nel 2023 i lavoratori da remoto nel nostro Paese si assestano a 3,585 milioni, in leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, ma ben il 541% in più rispetto al pre-Covid. Nel 2024 si stima saranno 3,65 milioni gli smart worker in Italia, come rilevava l' Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.

Sempre dai dati dell’Osservatorio del Politecnico, nel corso del 2023 i lavoratori da remoto sono cresciuti in particolare nelle grandi imprese, nel comparto sono oltre un lavoratore su due, pari a 1,88 milioni di persone; sono aumentati lievemente anche nelle PMI, con 570mila lavoratori, il 10% della platea potenziale; sono invece ancora calati nelle microimprese (620mila lavoratori, il 9% del totale) e nelle Pubbliche Amministrazioni (515.000 addetti, il 16%).

Come è cambiato il lavoro e cosa succede adesso

Quasi tutte le grandi imprese (96%) prevedono al loro interno iniziative di smart working, in larga parte con modelli strutturati, e con il 20% delle imprese impegnate a estendere l’applicazione anche a profili tecnici e operativi precedentemente esclusi. Lo smart working è presente anche nel 56% delle PMI, dove viene spesso applicato con modelli informali spesso gestiti a livello di specifici team, e nel 61% degli enti pubblici, con iniziative strutturate presenti soprattutto nelle realtà di maggiori dimensioni. Lo smart working ha effetti importanti sull’ambiente: 2 giorni a settimana di lavoro da remoto evitano l’emissione di 480kg di CO2 all’anno a persona grazie alla diminuzione degli spostamenti e il minor uso degli uffici. Lo smart working, inoltre, ha effetti sul mercato immobiliare e sulle città: il 14% di chi lavora da remoto ha cambiato casa o ha deciso di farlo, scegliendo nella maggior parte dei casi zone periferiche o piccole città alla ricerca di un diverso stile di vita, con un effetto di rilancio per diverse aree del paese. Un cambiamento che ha generato iniziative di marketing territoriale e nuovi servizi, come nuove infrastrutture di connettività o spazi coworking. D’altronde, il 44% di chi lavora da remoto l’ha già fatto - almeno occasionalmente - da luoghi diversi da casa propria, come spazi di coworking, altre sedi dell’azienda o altri luoghi della città.

Non sempre però il lavoro da remoto porta a modelli realmente “smart”. Sono solo i “veri” smart worker, ossia quelli che oltre a lavorare da remoto hanno flessibilità di orari e operano per obiettivi, a presentare livelli di benessere ed engagement più alti dei lavoratori tradizionali in presenza. Questi ultimi hanno livelli migliori rispetto a coloro che lavorano semplicemente da remoto, senza autonomia e responsabilità. I “veri” smart worker, tuttavia, sono più frequentemente vittime di forme di tecnostress e overworking. Un ruolo fondamentale è quello dei manager: i lavoratori con un capo realmente “smart” (che assegna obiettivi chiari, fornisce feedback frequenti e costruttivi, favorisce la crescita professionale e trasmette gli indirizzi strategici) hanno livelli di benessere e prestazioni migliori rispetto a quelli i cui capi non hanno queste caratteristiche.

Nel 2024 si stima saranno 3,65 milioni gli smart worker in Italia. Nel frattempo a livello normativo si ipotizza un’evoluzione di questo strumento. Nei prossimi giorni dovrebbe iniziare in Parlamento la discussione sulla settimana corta: giovedì in Commissione Lavoro della Camera è previsto l’avvio dell’esame della proposta di legge in merito delle opposizioni.

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