sabato 27 novembre 2021
La pandemia ha accelerato la transizione digitale, ma il capitale umano resta al centro del processo produttivo
Il dibattito d'apertura del Festival della dottrina sociale a Verona con Gualtiero Bassetti, Marco Tarquinio e Giulio Tremonti

Il dibattito d'apertura del Festival della dottrina sociale a Verona con Gualtiero Bassetti, Marco Tarquinio e Giulio Tremonti

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“La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti: deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica”: con queste parole Adriano Olivetti, ormai molti decenni fa, preconizzava un nuovo modello di azienda-comunità all’interno della quale la persona umana sarebbe stata al centro di ogni processo. Leggendo “Hire (Humanize Industrial Revolution Enhancing). Tendenze del mercato del lavoro per il XXI secolo” (FrancoAngeli 2021) curato da Renato Fontana, sembra proprio che il futuro collocherà le persone al centro di un nuovo tipo di sviluppo, mettendo da parte l’eccessiva enfasi posta sulla sola crescita economica vista in scena sino ad ora. La pandemia non è stata che un acceleratore di una trasformazione innescata dall’irruzione di algoritmi, machine learning, intelligenza artificiale, big data. Il nuovo paradigma tuttavia non metterà, come si temeva, l’uomo tra parentesi. Coltivare l’etica, la fiducia, ci raccontano dati alla mano i professionisti che ogni giorno curano la formazione e l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, diventerà il migliore investimento possibile.

Le nuove tecnologie offrono infatti alla persona umana l’opportunità di tornare al centro, di dedicarsi a quelle mansioni che, in ogni professione, generano un valore aggiunto e sono fondate su caratteristiche non facili da automatizzare, come pensiero creativo e strategico, flessibilità, problem solving, capacità di decisione, doti relazionali, sociali e comunicative. In una parola competenze trasversali o soft skill. A sparire saranno le attività ripetitive, non il lavoro umano. La leadership del futuro, insomma, dovrà unire doti umane e nuove competenze digitali per governare e non subire l’innovazione. Le persone lavoreranno per una cultura, prima che per un’azienda. Gli ecosistemi in cui potrebbero registrarsi i maggiori tassi di crescita in termini occupazionali sono agricoltura ecosostenibile, comparto assistenziale e sanitario, ambito energetico, ambito umanistico, robotica, biochimica, biologia sintetica, biotecnologia ed informatica ad alta innovazione, telecomunicazioni e turismo.

In questo scenario, la cultura e il clima aziendali diventeranno decisivi per attrarre i più talentuosi manager del futuro, cioè coloro i quali sapranno darsi innanzitutto il seguente obiettivo: “rendere umana la rivoluzione industriale in atto, migliorandosi”. Un’azione di crescita e di miglioramento continuo della persona, manager o professionista, come chiave di ingresso nel mercato del lavoro del XXI secolo.Il volume, frutto del lavoro congiunto di Federmanager Roma e VISES Onlus, è stata oggetto di una tavola rotonda sabato 27 novembre, in occasione della undicesima edizione del Festival della Dottrina sociale di Verona, promossa dal Movimento Giovani UCID (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) e dal Coordinamento nazionale Giovani di Federmanager.

*Presidente Nazionale Movimento Giovani UCID (Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti)

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