mercoledì 8 settembre 2010
Federmeccanica «appoggia» Marchionne La Fiom accusa. Fim: non cambia nulla. Il direttivo degli imprenditori meccanici, che apre anche a regole su misura per l’auto, ha comunicato ieri la disdetta del «vecchio» accordo del 2008 che va a scadenza nel gennaio 2012.
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Federmeccanica raccoglie l’appello di Sergio Marchionne e dà il benservito al contratto nazionale del 2008, l’ultimo firmato anche della Fiom Cgil e che scade tra poco più di un anno, nel gennaio 2012. Il direttivo degli imprenditori meccanici, che apre anche a regole su misura per il comparto dell’auto, ha comunicato ieri pomeriggio la disdetta dell’accordo «in via meramente cautelativa e alla scopo di garantire la migliore tutela delle aziende», precisa l’associazione, «a fronte delle minacciate azioni giudiziarie della Fiom».La mossa del vertice dell’industria metalmeccanica, duramente contestata ieri dalla stessa Fiom che parla di decisione «grave e irresponsabile», era attesa. Dopo che le tute blu Cgil hanno bocciato l’accordo siglato dagli altri sindacati a Pomigliano, e dopo che la stessa Fiat ha chiesto nuove regole in tempi brevi che permettano di «blindare» l’intesa raggiunta in Campania, la disdetta del vecchio accordo è diventata un passaggio obbligato e allo stesso tempo simbolico. Da un lato dovrebbe tagliare le unghie a chi volesse, vedi appunto la Fiom, ricorrere alla magistratura per contestare le deroghe al contratto nazionale contenute nelle intese locali. Dall’altro rende esplicito e definitivo il cambio di stagione inaugurato con la firma del nuovo modello contrattuale nel 2009. Sulla base di quell’intesa interconfederale, che non è stata firmata dalla Cgil, alla fine dello scorso anno Fim, Uilm hanno siglato (senza la Fiom) un nuovo contratto con Federmeccanica che prevede la possibilità di derogare, in casi particolari, alle regole nazionali. In sostanza oggi sono due i contratti formalmente vigenti: il primo è quello unitario disdettato ieri da Federmeccanica, il secondo quello «separato» che scade a fine del 2012 e già prevede l’istituto della deroga. Per questo ieri Fim e Uil hanno minimizzato e giudicato con un certo fastidio la mossa degli industriali, che rischia a loro avviso di dare maggiore visibilità alle posizioni dei metalmeccanici Cgil. Secondo il segretario della Fim Cisl Giuseppe  Farina si tratta di un «fatto scontato e irrilevante» senza nessuna ricaduta sui lavoratori, in quanto il contratto 2008 «è già stato superato e migliorato da quello del 2009». Per la Uilm la decisione è «ininfluente». Posizione simile a quella del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi che auspicando «l’ulteriore evoluzione delle relazioni industriali» anche in casa della Cgil, sottolinea che la disdetta «non ha alcuna valenza sostanziale per i lavoratori».All’opposto il segretario della Fiom, Maurizio Landini, definisce la decisione «uno strappo alle regole democratiche, in quanto si pensa di concordare con sindacati minoritari la cancellazione del contratto 2008, firmato da tutti e approvato con referendum». Mentre l’intesa del 2009, accusa, «non è mai stata sottoposta a verifica democratica». La federazione Cgil annuncia una mobilitazione: verrà decisa oggi dal comitato centrale. Federmeccanica chiede poi ai sindacati un tavolo di confronto per «definire norme specifiche per il comparto auto», scelta che può servire a Fiat per allargare a tutta la «Fabbrica Italia» intese simili a quella di Pomigliano. Ma il presidente Pier Luigi Ceccardi precisa che la svolta decisa ieri dagli imprenditori «è arrivata per rispondere alle esigenze delle industrie metalmeccaniche» e non sulla spinta della Fiat. «Essere più competitivi riguarda tutte le oltre 12mila imprese associate», ha aggiunto respingendo l’accusa di un’associazione «orientata» dal Lingotto. Il 15 settembre è previsto il primo incontro sul tema delle deroghe con i sindacati che hanno firmato l’ultimo contratto, dunque senza Fiom. Dagli imprenditori arriva tuttavia l’auspicio a una maggiore unità sindacale e la richiesta urgente di una «regolamentazione condivisa del sistema di rappresentanza» alla quale partecipi anche la Cgil. Secondo Ceccardi vanno «cambiate le relazioni sindacali, le aziende non sono governabili se cinque persone che scioperano fanno chiudere uno stabilimento di 500. Questa non è democrazia ma prevaricazione».
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