martedì 12 marzo 2024
Preoccupano le tensioni geopolitiche crescenti, in particolare il conflitto russo-ucraino, le ripercussioni negative sulle catene di approvvigionamento, i costi del credito ancora elevati
La presentazione dell'indagine congiunturale

La presentazione dell'indagine congiunturale - Federmeccanica

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Gli effetti delle crisi internazionali continuano a farsi sentire. Con riferimento al conflitto russo-ucraino, la percentuale di imprese che a fine 2023 ha dichiarato di risentire ancora degli effetti della guerra è stata pari al 37%, quota non trascurabile, seppure in ridimensionamento rispetto al 42% del 2022. Sull’attività delle aziende persistono fattori di forte criticità: le tensioni geopolitiche crescenti, le ripercussioni negative sulle catene di approvvigionamento, nonché costi del credito ancora elevati. Sono alcuni dei dati contenuti nella 169esima indagine congiunturale di Federmeccanica sull'industria metalmeccanica-meccatronica italiana presentati questa mattina a Roma.

Nel 2023 la produzione industriale nel suo complesso arretra. Dopo il rallentamento congiunturale evidenziato nella prima metà dell’anno, nel terzo trimestre la produzione ha provato a recuperare, ma nel quarto ha nuovamente registrato risultati negativi, chiudendo l’anno con un -2,9% rispetto all’anno precedente. Il peggioramento osservato è stato riscontrato anche nelle dinamiche produttive relative al settore metalmeccanico. In particolare, la produzione nel quarto trimestre è aumentata di un modesto +0,6% rispetto al trimestre estivo, ma ha evidenziato un calo tendenziale dell’1% dopo quello del 2% registrato nei due precedenti trimestri. Le difficoltà dell’industria metalmeccanica trovano riscontro anche in andamenti produttivi che, dalla seconda metà del 2021, oscillano intorno ad un livello di stazionarietà caratterizzato, nei mesi più recenti, da una, seppur leggera, attenuazione della dinamica produttiva. I volumi di produzione metalmeccanica nel 2023 sono, difatti, mediamente diminuiti dello 0,7%.

«I dati parlano chiaro - spiega Federico Visentin, presidente di Federmeccanica - ​stiamo perdendo competitività e questo è un problema, un grande problema. Gli altri Paesi europei nostri concorrenti hanno aumentato la loro produzione industriale, il nostro Paese l’ha ridotta. Non solo, le esportazioni, che per la metalmeccanica-meccatronica sono da sempre un fondamentale volano di crescita, hanno prima rallentato il passo con un incremento via via minore fino ad arretrare nell’ultimo trimestre del 2023. Vedere il segno più davanti all’export con la doppia cifra era una costante».

Nel 2023, infatti, le esportazioni metalmeccaniche, nel confronto con l’anno precedente, sono cresciute del 2,7% (in forte discesa dal +14,5% registrato nel 2022), mentre le importazioni hanno segnato un modesto +0,7%. Il rallentamento dell’export è stato ben evidenziato dalla dinamica discendente delle vendite all’estero che sono costantemente diminuite nei singoli trimestri fino a diventare negative nel quarto trimestre 2023 (-1,1%).

La quota di imprese che dichiarano di aver riscontrato un aumento dei costi di produzione è stata pari al 67%, percentuale che sale al 68% nelle imprese che occupano fino a 200 addetti. L’andamento dei prezzi delle materie prime influenza i prezzi alla produzione dei prodotti industriali e ancor di più nel settore metalmeccanico, che risulta il maggior utilizzatore di metalli. Infatti, con riferimento ai prezzi alla produzione dei prodotti metalmeccanici, negli ultimi tre mesi del 2023 si è sostanzialmente stabilizzato il trend discendente dell’indice osservato già a partire da inizio anno, determinando una flessione media annua dello 0,2%.


Nonostante il perdurare di tale incremento, il 35% delle intervistate non ha trasferito l’incremento dei costi di produzione sul listino prezzi, mentre il restante 65%, invece, lo ha fatto solo in maniera
parziale e l’effetto è una generale compressione dei margini da un lato contribuendo, dall’altro, in maniera sostanziale anche al contenimento delle spinte inflative. In particolare, il 47% delle imprese ha proceduto a trasferire fino al 30% della variazione totale sopportata, un contenuto 3% è stato in grado di trasferirne oltre il 90%, mentre il restante 15% si colloca su percentuali intermedie.

Pertanto, peggiora la condizione del tessuto produttivo metalmeccanico a seguito di un aumento dell’incidenza dei costi di produzione sulla redditività: la percentuale di imprese che ha dichiarato di aver subito una riduzione del Mol-Margine operativo lordo è, infatti, salita al 63% (era il 61% a fine settembre). In tale contesto preoccupa, in particolare, lo stato di salute di due imprese su tre.

«La produzione ristagna e i volumi lasciano poche tracce per l’impatto che l’incremento dei costi ha avuto e continua ad avere sulla marginalità delle nostre imprese - aggiunge Diego Andreis, vicepresidente di Federmeccanica -​. Più del 60% delle nostre aziende ha un Mol sul fatturato inferiore al 10%, soglia che delimita una zona rossa dalla quale si deve uscire. È quindi estremamente preoccupante trovare addirittura più del 30% delle imprese sotto il 5% di Mol, ad alto rischio di scendere sotto il livello di sopravvivenza. L’incremento dei costi che abbiamo subìto in questi anni ha eroso la profittabilità della stragrande maggioranza delle nostre imprese, quasi il 70%. Non solo, si contano infatti davvero sulle dita di una mano le aziende che hanno trasferito l’incremento dei costi sui prezzi dei loro prodotti».





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