sabato 12 giugno 2021
Nel 2020 sono oltre due milioni. Secondo il centro studi di Unimpresa le attività commerciali e produttive non sono state sostenute in maniera adeguata dal governo
La chiusura delle attività commerciali ha penalizzato molte famiglie

La chiusura delle attività commerciali ha penalizzato molte famiglie - Ansa

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La pandemia fa crescere la povertà: sono 344.000 le famiglie che sono entrate in una situazione di disagio economico e sociale, durante l'emergenza sanitaria a causa degli effetti delle restrizioni alla mobilità oltre che alle attività commerciali e produttive. Complessivamente, nel 2020 i nuclei familiari definiti poveri hanno superato, per la prima volta negli ultimi anni, quota 2 milioni, in crescita del 20% rispetto al 2019, quando erano 1 milione e 674mila. È boom al Nord: nelle regioni settentrionali l'incremento della povertà, tra i nuclei familiari, è stato di 218.000 unità, in crescita del 30%, dai 726.000 del 2019 a quasi 1 milione dello scorso anno. Aumenti anche al Centro (+21,5%), con una crescita di 52mila nuclei familiari in più, e al Sud (+9%), con una salita di 64mila famiglie. È quanto emerge da una analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo la quale la pandemia ha provocato una impennata di crisi e difficoltà, a causa delle restrizioni che hanno fermato le attività economiche. Nel 2016 le famiglie povere erano 1,6 milioni, nel 2017 erano salite a 1,7milioni, nel 2018 erano 1,8 milioni e nel 2019 erano scese a 1,6 milioni. Adesso un nuovo record negativo.

"Ecco il conto, drammatico, che ci aspettavamo: come sosteniamo da oltre un anno, il governo si è concentrato sulle misure sanitarie mentre gli interventi a sostegno di imprese e cittadini sono stati pochi, sono arrivati col contagocce. Anche l'esecutivo guidato dal professor Mario Draghi non ha messo in campo quanto necessario per sostenere le famiglie, per tenere sotto controllo l'occupazione aiutando le imprese, soprattutto quelle più piccole, a restare in piedi" commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.

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