martedì 3 ottobre 2023
Il governo punta a inserire l’atomo nel Piano energetico nazionale per i prossimi anni. Eni, Enel, Ansaldo ed Edison hanno progetti in corso in altri Paesi. Tra le incognite c’è anche quella dei costi
La testa di una turbina di Ansaldo Nucleare

La testa di una turbina di Ansaldo Nucleare - Ansaldo Energia

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Le grandi aziende lavorano all’estero, le piccole si accodano o stanno a guardare. Questo, in estrema sintesi, il posizionamento italiano sul nucleare (quello nuovo) a cui il governo sta cercando di dare legittimità all’interno della strategia energetica nazionale e internazionale: non a caso l’Italia ha partecipato la scorsa settimana alla conferenza internazionale pro-atomo. «Non si tratta di proporre il ricorso in Italia alle vecchie centrali nucleari di grande taglia – ha spiegato il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto – ma di valutare le nuove tecnologie più sicure, quali gli small e micro modular reactor, i reattori nucleari di quarta generazione allo studio».

Ma cosa sono in concreto e chi ci sta lavorando? Eni, Enel, Ansaldo Nucleare, Ansaldo Energia, Edison hanno in corso importanti progetti e con l’avvio di diverse collaborazioni tentano di dare forma ad una nuova industria dell’atomo azzoppata dal referendum del 1987. Tuttavia, le tecnologie e gli sviluppi tra i vari soggetti in campo sono diversi, anche nelle strategie. Il nucleare di quarta generazione usa uranio e si basa sulla fissione (la scissione di un nucleo atomico pesante come quello dell’uranio che genera energia), mentre la fusione magnetica usa idrogeno e si basa sulla fusione (l’unione di due nuclei atomici leggeri di idrogeno sempre allo scopo di generare energia). Entrambe producono una reazione nucleare. Ma se nel primo caso si tratta di una evoluzione del primo nucleare, la fusione è una strada tutta nuova, in fase di studio e sperimentazione. La maggiore difficoltà sul fronte della fusione è quella di riuscire a gestire l’energia liberata e ci vorrà tempo prima che possa essere inserita nel sistema elettrico. Su questo fronte è schierata l’Eni che con il Massachusetts Institute of Technology (Mit) punta a realizzare nel 2025 il primo impianto pilota a confinamento magnetico, ed entro il 2035, a costruire la prima centrale elettrica industriale in grado di immettere elettricità nella rete.

Guardando invece alla quarta generazione, promette di andare oltre ad alcune delle principali criticità del passato nucleare: usa uranio naturale, che non viene trasformato in rifiuto radioattivo, ed è dotato di sistemi sicuri. Ma i tempi sono anche qui lunghi: il 2035 per i prototipi più consolidati di quarta generazione, e almeno il 2040 per vedere questi impianti pienamente operativi.

Ci sono però progetti in corso per reattori di taglia più piccola: gli Smr (da 600 Mw) che sono economici, pratici ed efficienti. Non solo, usano le scorie come combustibile. Sulla quarta generazione e sugli Smr si sta muovendo, per esempio, Enel. Il gruppo guidato da Flavio Cattaneo collabora con Newcleo, società italiana con sede a Londra. Enel ha attualmente una capacità nucleare di oltre 3,3 GW in Spagna, e detiene il 33% della slovacca Slovenské elektrárne. Ed è proprio all’estero che le grandi aziende italiane in questi anni hanno continuato a lavorare. Ansaldo Nucleare, ad esempio, sta ammodernando la centrale di Cernavoda in Romania – e collabora con Edf, Edison e Ansaldo Energia allo sviluppo della quarta generazione.

E tra i gruppi più piccoli? Di sicuro non sarà della partita Erg. L’amministratore delegato Paolo Luigi Merli ha escluso un coinvolgimento. Più possibilista il presidente di Iren Luca dal Fabbro, secondo il quale «oggi il nucleare vale il 2% nel mondo, non è una soluzione a breve, ma vale la pena studiarlo». È favorevole invece a «rimettersi in discussione» A2a che indica però alcuni temi da tenere in considerazione: dai costi, ai tempi.

Il tema dei costi ha interessato in particolare la Francia e resta uno dei grandi nodi da sciogliere per una industria – come quella italiana – che tenta di ripartire. I costi di produzione sono stati rivisti al rialzo e lo scorso anno l’annuncio del gigante francese dell’elettricità Edf – relativo a un ulteriore ritardo e un altro sforamento del budget previsto per la costruzione della più importante centrale nucleare di nuova generazione del Paese – ha dato un duro colpo alla strategia del presidente Emmanuel Macron di fare dell’energia atomica una pietra angolare della politica energetica di Parigi.

Con 56 reattori in attività, che secondo i dati di Edf forniscono oltre il 70 per cento dell’elettricità francese, Parigi ha guidato il fronte dei paesi europei favorevoli al riconoscimento dell’energia nucleare come una tecnologia verde, ammissibile per investimenti a emissioni zero. Alleandosi con gli stati membri dell’Europa centro-orientale come la Polonia e la Repubblica Ceca, la spinta a includere l’energia atomica nella cosiddetta tassonomia verde ha messo Parigi in contrasto con il tradizionale partner tedesco. Berlino ha infatti scelto di chiudere tutte le sue centrali nucleari.

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