venerdì 27 gennaio 2023
Responsabile per la formazione, 34 anni, Clémence ha apprezzato la dimensione internazionale dell'evento di Assisi
Clémence Dubosq

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Passare ad Assisi e mettere a fuoco certe domande chiave sul proprio impegno, maturando in cuore pure una convinzione: «Non si sbaglia cammino quando si accetta di dipendere gli uni dagli altri». Così la francese Clémence Dubosq, 34 anni, ha vissuto ‘The economy of Francesco’, che spera di mettere a frutto pure come responsabile per la formazione presso il Ceras (Centro di ricerca e d’azione sociali), struttura dei gesuiti appena a nord di Parigi: «Il mio percorso professionale è stato orientato dal fatto d’essere credente. Ma penso che in passato le questioni economiche siano rimaste un po’ un tabù nella Chiesa. Anche per questo, trovo entusiasmante l’appello del Papa. Ci chiede di pensare, come cristiani, a quale tipo d’economia possiamo aspirare. E si rivolge in primo luogo a noi giovani».

Per lei, mettere al centro dell’evento il modello di san Francesco d’Assisi rappresenta un lievito potente per la riflessione: «Le opere francescane continuano a rivelarsi profetiche. Mi riferisco ad esempio alla prossimità con i poveri e i malati. Francesco ebbe una libertà di pensiero a cui possiamo ispirarci nella vita d’ogni giorno. Per noi giovani, delle parole come creato, lode, vita e morte risuonano oggi in modo particolare, tanto nelle preoccupazioni, quanto nelle aspirazioni. Lo vediamo con la crisi ecologica, nella quale percepiamo una fragilità che non è una negazione della bellezza, assieme a un avvicinamento fra le dimensioni della vita e della morte. Per questo, in san Francesco, possiamo trovare un esempio che ci permette di sondare più in profondità ogni nuova strada».

Dei giorni ad Assisi, Clémence ricorda pure la dimensione molto internazionale: «Mi ha fatto piacere ritrovarmi in mezzo a tanti giovani d’altri continenti, come i numerosi latino-americani o gli africani. Con le stesse domande da condividere, gli stessi scogli da superare, uniti da questo e da tanto altro. Tanti incontri mi hanno davvero fatto pensare alla pagina evangelica della visitazione di Maria a Elisabetta, nel senso che ho potuto scoprire altri volti della Chiesa. In particolare, dei modi molto coraggiosi d’impegnarsi concretamente nella vita sociale e professionale. Mi è piaciuto ad esempio ascoltare le voci di giovani brasiliani pronti a mettersi in ascolto dei più poveri e a far perno su ciò per cercare di cambiare l’economia. Ho percepito una libertà e un’energia straordinarie, per esempio durante delle discussioni con dei cubani».

Nel messaggio di papa Francesco, Clémence ha trovato chiavi per continuare il proprio percorso con più volontà: «Con parole semplici, non ha nascosto le disfunzioni del sistema capitalistico che abbiamo costruito, ma soprattutto ci ha lanciato un appello ad agire, senza tirarci indietro. Le sue parole m’hanno toccato molto».

Per quanto riguarda lo stile da adottare nel proprio impegno professionale, Clémence è stata molto colpita da un simbolo: «La figura della sentinella, che era presente ad Assisi pure in chiave artistica, è preziosa anche per ispirare l’azione di tutti i giorni. Diventare una sentinella significa imparare a testimoniare e dunque a comunicare ciò che si vive in ciascun Paese. Anche come professionisti di una nuova economia nascente, com’è possibile nutrire la speranza senza aprire bene gli occhi su quanto ci circonda? Ciò permette d’imparare ad accogliere la parola dell’altro, ad esempio prendendo coscienza dei danni che la nostra economia attuale può arrecare in tanti angoli del mondo. Insomma, aprire gli occhi sul buio e sulla notte, ma anche su ogni piccola gemma nascente, per poter accompagnare il suo aprirsi».

Al ritorno, Clémence ha compreso che l’impulso d’Assisi non smette di valicare le frontiere: «Anche in Francia, fra quanti hanno partecipato alle giornate, percepisco un movimento di giovani in marcia con il desiderio di costruire qualcosa di nuovo, anche creando eventi come festival o altre occasioni d’incontro. Ad Assisi, molti di noi hanno ritrovato o riconosciuto ciò che ci rende vivi».

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