venerdì 6 ottobre 2023
Osservare il mondo con lo sguardo di chi è escluso non basta, «la prima povertà dei poveri è essere esclusi dal dire la loro, esclusi dalla stessa possibilità di esprimere un pensiero»
Il Papa ad Assisi lo scorso anno assieme ad alcuni giovani del movimento Economy of Francesco

Il Papa ad Assisi lo scorso anno assieme ad alcuni giovani del movimento Economy of Francesco - Ansa

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Osservare il mondo con lo sguardo di chi è escluso non basta, «la prima povertà dei poveri è essere esclusi dal dire la loro, esclusi dalla stessa possibilità di esprimere un pensiero considerato serio», per questo è necessario coinvolgere nuovi sguardi, compresi quelli delle donne: bisogna che abbiano rappresentazione e possano essere protagonisti con le loro storie e con la loro capacità di pensare e di prendersi cura tutti insieme della nostra casa comune.

Un messaggio intenso quello inviato dal Papa ai giovani di Economy of Francesco riuniti ad Assisi da tutto il mondo; Francesco ha iniziato raccontando della sua fascinazione da giovane studente di teologia per l’idea legata all’unità degli opposti, «utile per capire cosa succede nell’economia di oggi». «C’è l’economia concreta fatta di volti, sguardi, persone, di piccole banche e imprese, e c’è l’economia tanto grande da sembrare astratta delle multinazionali, degli stati, delle banche, dei fondi d’investimento – ha scritto il Papa –; c’è l’economia del denaro, dei bonus e di stipendi altissimi accanto a una economia della cura, delle relazioni umane, di stipendi troppo bassi per poter vivere bene».

Come fare sintesi tra questi due poli senza cancellarli? Dove si trova la coincidenza tra questi opposti? Se lo è chiesto Francesco, rivolgendo la stessa domanda alle migliaia di giovani imprenditori e change-makers in questi giorni ad Assisi: la sintesi è «nella natura autentica dell’economia», l’«essere luogo di inclusione e cooperazione, generazione continua di valore da creare e mettere in circolo con gli altri. Il piccolo ha bisogno del grande, il concreto dell’astratto, il contratto del dono, la povertà della ricchezza condivisa» ha suggerito il Papa, convinto che ci siano anche opposizioni che non generano armonia, bensì esclusioni e divisioni: «L’economia delle enormi ricchezze per pochi non si armonizza con i troppi poveri che non hanno di come vivere; il gigantesco business delle armi non avrà mai nulla in comune con l’economia della pace; l’economia che inquina e distrugge il pianeta non trova nessuna sintesi con quella che lo rispetta e lo custodisce».

Il Papa ha, quindi, invitato i giovani economisti a ricercare «il cuore della nuova economia per la quale vi impegnate», lontano dalle armi prodotte e vendute per le guerre, dai profitti fatti sulla pelle dei più vulnerabili e indifesi, «come chi lascia la propria terra in cerca di un migliore avvenire»: «tutto questo non è economia, è solo prepotenza, violenza, è solo un assetto predatorio da cui liberare l’umanità».

Sul significato dell’economia della terra, intesa come cura della casa si è poi concentrato Francesco: «La casa non è solo il luogo fisico dove viviamo, ma è la nostra comunità, le nostre relazioni, sono le città che abitiamo, le nostre radici. Per estensione, la casa è il mondo intero, l’unico che abbiamo, affidato a tutti noi». Secondo Francesco fare economia significa «prenderci cura della casa comune, e questo non sarà possibile se non avremo occhi allenati a vedere il mondo a partire dalle periferie: lo sguardo degli esclusi, degli ultimi».

E sul punto di vista dominante il Papa è stato molto diretto, denunciando il fatto che «lo sguardo sulla casa che finora si è imposto è stato quello degli uomini, dei maschi, in genere occidentali e del nord del mondo». «Abbiamo lasciato fuori per secoli – tra gli altri – lo sguardo delle donne: se fossero stati presenti, ci avrebbero fatto vedere meno merci e più relazioni, meno denaro e più redistribuzione, più attenzione a chi ha e a chi non ha, più realtà e meno astrazioni, più corpo e meno chiacchiere. Non possiamo più continuare ad escludere sguardi diversi dalla prassi e dalla teoria economica ha scritto nel messaggio –, così come dalla vita della Chiesa». Per queste ragioni il Papa si è rallegrato dal vedere quante giovani donne siano protagoniste del movimento di Economy of Francesco.

«L’economia integrale è quella che si fa con e per i poveri», in tutti i modi in cui si è poveri oggi, dagli esclusi agli invisibili, fino a quelli che non hanno voce per farsi sentire. E la domanda del Papa – quali sono oggi le periferie della scienza economica? – e il suo richiamo diretto e chiaro a non rivolgere solo il nostro pensiero agli esclusi: «Non basta un pensiero solo su e per i poveri, ma con i poveri, con gli esclusi. Anche nella teologia abbiamo troppe volte ‘studiato i poveri’ ma abbiamo poco studiato ‘con i poveri’: da oggetto della scienza devono diventare soggetti, perché ogni persona ha storie da raccontare, ha un pensiero sul mondo: la prima povertà dei poveri è essere esclusi dal dire la loro, esclusi dalla stessa possibilità di esprimere un pensiero considerato serio. Si tratta di dignità e rispetto, troppo spesso negati». Dall’economia della terra Francesco ha fatto poi riferimento a quella del cammino, ricordando che «uno dei più antichi modi di descrivere i cristiani era ‘quelli della via’. E quando Francesco d’Assisi, a noi tanto caro, iniziò la sua rivoluzione, anche economica, in nome del solo Vangelo, tornò mendicante, errante: si mise a camminare lasciando la casa di suo padre».

Quale via, allora, per chi vuole rinnovare dalle radici l’economia? Il cammino dei pellegrini è da sempre rischioso, intessuto di fiducia e di vulnerabilità, ha proseguito il Papa rivolgendosi ai giovani economisti, «chi lo intraprende deve presto riconoscere la sua dipendenza dagli altri, lungo il percorso: così, voi comprendete che anche l’economia è mendicante delle altre discipline e saperi. E come il pellegrino sa che il suo viaggio sarà impolverato, così voi sapete che il bene comune richiede un impegno che sporca le mani. Solo le mani sporche sanno cambiare la terra: la giustizia si vive, la carità si incarna e, solidali nelle sfide, in esse si persevera con coraggio. Essere economisti ed imprenditori “di Francesco” oggi significa essere necessariamente donne e uomini di pace: non darsi pace per la pace».

L’invito finale ai giovani di Economy of Francesco a non avere «paura delle tensioni e dei conflitti» che vanno abitati e umanizzati, ogni giorno. «Vi affido il compito di custodire la casa comune ed avere il coraggio del cammino. Vi chiedo quindi di rimanere attivamente uniti, costruendo su temi operativi veri e propri ponti fra i continenti, che portino definitivamente fuori l’umanità dall’era coloniale e delle diseguaglianze. Date volti, contenuto e progetti a una fraternità universale. Siate pionieri dall’interno della vita economica e imprenditoriale di uno sviluppo umano integrale».

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