sabato 27 agosto 2022
Lunedì riunione con Franco e Cingolani sulle misure, ribadito il no a scostamenti di bilancio. Il premier spinge sui rigassificatori per allentare l’emergenza
Draghi cerca 10 miliardi e frena sui razionamenti

Ansa

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Tutti con la testa rivolta verso Palazzo Chigi. Ma ciascuno con la propria lista della spesa. L’incubo di andare a votare con il caro-gas che spaventa gli elettori manda in agitazione i leader, che per tutto il giorno fanno a gara a lanciare accorati appelli a Mario Draghi perché «intervenga subito». Senza però creare quel minimo di 'comune sentire' che potrebbe aiutare il governo, in carica per gli affari correnti, a varare con meno tormento il terzo pacchetto di aiuti.

Non solo: tutti condividono la necessità di ulteriori misure, ma i partiti che hanno assicurato la fiducia al premier sino alla fine accusano per la situazione che si sta creando le forze politiche che hanno causato il voto anticipato. E ancora: pur sapendo che il premier non si smuoverà dalla propria posizione, ovvero quella di non chiedere scostamenti di bilancio in una fase di turbolenza sui mercati sui titoli di stato, alcuni leader avanzano richieste da 30, 50 o 60 miliardi. Un modo per dire in anticipo che quanto sarà deliberato dall’esecutivo risulterà comunque insufficiente, e quindi impostarci sopra l’ultimo pezzo di campagna elettorale. Una dinamica che Draghi vede e comprende ma dalla quale resta distante.

Lunedì è previsto un incontro tra il premier, il ministro dell’Economia Daniele Franco e il titolare della Transizione ecologica Roberto Cingolani. Le misure saranno definite in quella sede. Ma, soprattutto, in quella sede si cercherà di capire quali sono le reali possibili coperture. Si dà la caccia a 10 miliardi. E la strada di un nuovo intervento sugli extraprofitti resta la più probabile, nonostante sia ancora da risolvere il nodo del contributo sinora eluso da diverse compagnie che stanno facendo affari d’oro con lo choc energetico.

Tra le misure, la più probabile è il rinnovo e il rafforzamento del credito d’imposta per gli aumenti di costo a danno delle imprese. Mentre si studia la possibilità di riservare quote di elettricità a basso costo provenienti dalle fonti rinnovabili a specifici settori produttivi. Il decreto, che poi diventerà un emendamento al dl aiuti-bis atteso alle Camere a metà settembre, avrà anche la dote per prorogare lo sconto di 30 centesimi sulla benzina. Palazzo Chigi tende a frenare, e molto, su ipotesi di imminenti razionamenti. Di certo il piano c’è, è pronto.

Gli interventi saranno progressivi e partirebbero dallo stop di pochi giorni per le imprese che possono interrompere la produzione, con conseguenti ristori. Ma la parola- chiave al momento è rassicurare, non far precipitare il Paese nella paura che da un momento all’altro possa esserci un 'lockdown energetico'. Il premier, in particolare, aspetta un segnale politico dai partiti più grandi, in particolare da Pd e Fdi, sui rigassificatori e su Piombino. L’avvio dell’impianto, insieme alle riserve accumulate, potrebbe fornire sufficienti garanzie per la fine del 2022 e l’inizio del 2023.

Ma Fdi oscilla tra la posizione del sindaco di Piombino e quella dell’ex ministro La Russa, mentre il Pd oscilla tra pragmatismo e il timore di lasciare sacche di consenso nel mondo ecologista. Le possibilità operative del governo si scontrano con le attese dei partiti, però. Enrico Letta propone due misure: il credito d’imposta, appunto, e un tetto nazionale sul modello spagnolo, in attesa che sul 'price cap' si muova l’Ue. «Ne va della tenuta del Paese», dice. Meloni propone di tagliare tutti gli oneri delle bollette che portano soldi allo Stato, «si può risparmiare sino al 30%». I Verdi avanzano l’idea di tenere l’ora legale per tutto l’anno.

E Matteo Salvini, dopo una riunione con i vertici della Lega, avverte: «Se il prezzo non scende, il prossimo governo dovrà razionare luce e gas a partire dalle imprese». A suo avviso servono «30 miliardi» e uno «scostamento» che però, prosegue, dovrà fare il prossimo esecutivo. Silvio Berlusconi invece già immagina chiusure obbligate delle imprese per l’impossibilità di pagare l’elettricità e chiede «adeguati ristori». Giuseppe Conte spinge per una «vera tassa sugli extraprofitti » che porti «9 miliardi», in sintonia con Nicola Fratoianni. Tra i leader, Carlo Calenda insiste nel chiedere una sospensione temporanea, «anche un giorno», della campagna elettorale per arrivare a un’intesa tra i partiti che agevoli l’esecutivo. Ma la proposta continua ad essere respinta dagli avversari. Mentre Luigi Di Maio accende la polemica con M5s e centrodestra: «Chi ha fatto cadere il governo dovrebbe solo tacere».

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