giovedì 31 marzo 2016
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Permettersi una colf o una badante, quest’anno, costerà poco di più rispetto all’anno passato. I contributi, infatti, sono rimasti letteralmente invariati e anche le retribuzioni minime sono aumentate di poco. Colpa (o merito: dipende dai punti di vista) del tasso d’inflazione Istat, che negativo (è risultato, infatti, pari a – 1%), ha inciso per niente all’adeguamento dei valori di contributi e retribuzioni al costo della vita. Come precisato dall’Inps (circolare n. 16/2016), l’Istat ha comunicato nella misura negativa dello 0,1% la variazione percentuale verificatasi nell’indice dei prezzi al consumo, per le famiglie degli operai e degli impiegati, tra il periodo gennaio 2014-dicembre 2014 e il periodo gennaio 2015-dicembre 2015, ossia quella che deve applicarsi agli adeguamenti per il 2016. Dunque, ci sarebbe dovuto essere addirittura un deprezzamento dei contributi. Tuttavia, l’art. 1, comma 287, della legge n. 208/2015 (legge di Stabilità di quest’anno) dispone che “In riferimento alle prestazioni previdenziali e assistenziali e ai parametri a esse connessi, la percentuale di adeguamento (…)non può risultare inferiore a zero.” Ciò vuol dire, ha spiegato l’Inps, che per l'anno 2016 vanno confermate le fasce di retribuzione dell’anno scorso su cui calcolare i contributi dovuti i quali, conseguentemente, restano anch’essi confermati nei valori del 2015. Stesso discorso vale per le retribuzioni: non subiscono incremento per via dell’indice Istat. Tuttavia, il valore viene aggiornato dall’ultima tranche di aumenti previsti nel rinnovo contrattuale del 2013 (che scade proprio a fine anno 2016).  I nuovi valori retributivi si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2016, quindi faranno sentire gli effetti con il versamento da farsi all’Inps entro il 10 aprile (quest’anno c’è un giorno in più: si paga fino a lunedì 11 aprile, in quanto il 10 è domenica) relativamente al primo trimestre 2016 su tutti i rapporti di lavoro domestico, sia a quelli già in corso al 31 dicembre 2015 che a quelli costituiti dopo tale data. Due vie per i contributiDopo la riforma Fornero (legge n. 92/2012 in vigore dal 1° gennaio 2013), con l’introduzione del contributo addizionale sui rapporti di lavoro a termine (+ 1,4 per cento) si è registrato un piccolo cambiamento nella tradizionale procedura di calcolo dei contributi da versare per i lavoratori domestici. Il cambiamento che c’è stato è questo: mentre prima esisteva un’unica tabella di riferimento per le misure dei contributi, adesso ne esistono due: una per i rapporti di lavoro domestico “a tempo indeterminato” (per i quali non si versa l’addizionale); un’altra per i rapporti di lavoro domestico “a termine” (per i quali, invece, è dovuta l’addizionale). Quale primo passo per calcolare i contributi da versare è quello di stabilire se operare con la prima o la seconda tabella, cioè quella “SENZA addizionale” (se il domestico è assunto a tempo indeterminato) ovvero quella “CON addizionale” se il domestico è assunto a termine. Per il resto si procede come nel passato. Ci sono, come sempre, due tipi di rapporti: 1) fino a 24 ore settimanali;
2) oltre le 24 ore settimanali.Al primo tipo sono associati tre livelli di contribuzione a seconda della paga oraria effettiva erogata al lavoratore, che comprende la quota per la tredicesima e quella per le eventuali indennità di vitto e di alloggio per le colf e le badanti che sono a servizio intero o che consumano in casa uno o più pasti (i livelli retributivi sono gli stessi dello scorso anno): •    fino a euro 7,88; •    oltre 7,88 e fino a 9,59 euro; •    oltre 9,59 euro. Nel secondo caso (occupazione per più di 24 ore alla settimana), quello che c’è da fare per determinare l’importo di contributo orario dovuto all’Inps è molto più semplice. In tal caso, infatti, si prescinde dal valore della retribuzione e il calcolo della cifra da pagare è ottenuto dal prodotto del contributo orario (1,01 euro ovvero 1,02 euro a seconda che sia o meno dovuto il contributo per gli assegni familiari, Cuaf) per il numero di ore lavorate nel trimestre. Il calcolo dell’importo da versare Il versamento dei contributi all’Inps avviene a cadenza trimestrale. L’importo dovuto per un trimestre si ottiene moltiplicando il “contributo orario” (A), come prima determinato, per il numero delle “ore retribuite nel trimestre” (B) al quale si riferisce il versamento. Per ottenere le ore retribuite nel trimestre (B), occorre moltiplicare le ore retribuite ogni settimana per le settimane del trimestre in pagamento. Attenzione; la settimana lavorativa di riferimento decorre dalla domenica al sabato, per cui con ogni pagamento devono essere indicate tutte le ore retribuite nelle settimane del trimestre che si concludono con il sabato. Le ore retribuite nei giorni successivi all’ultimo sabato del trimestre considerato, si aggiungono a quelle del trimestre solare successivo. Se dalla somma delle ore e delle frazioni di ora si ottiene un numero non intero, il numero stesso deve essere arrotondato all’unità superiore. Si tenga conto che ogni trimestre non è sempre composto da 13 settimane (52 settimane = 1 anno diviso quattro trimestri = 13 settimane) ma dipende dal numero dei sabato compresi nel trimestre. Questo numero indica le settimane cui fare riferimento per il versamento dei contributi. Ad esempio, se il collaboratore domestico lavora 24 ore a settimana si ottiene 24 ore x 13 sabato (13 settimane) = 312 (totale ore lavorate nel trimestre). Le ore retribuite nei giorni successivi all’ultimo sabato del trimestre considerato vanno aggiunte a quelle del trimestre solare successivo. I contributi si pagano per trimestri solari osservando i seguenti termini:•    dal 1° al 10 aprile, per il primo trimestre;•    dal 1° al 10 luglio, per il secondo trimestre;•    dal 1° al 10 ottobre, per il terzo trimestre;•    dal 1° al 10 gennaio, per il quarto trimestre.La previsione di un termine iniziale è dovuta al fatto che il pagamento deve avvenire sempre a trimestre ultimato. Se l’ultimo giorno utile per il pagamento coincide con la domenica o con una festività, esso è automaticamente prorogato al giorno successivo non festivo. Quando c’è la cessazione del rapporto di lavoro In caso di cessazione del rapporto di lavoro, devono essere calcolati anche i contributi relativi alle ferie maturate ma non fruite e al preavviso. Il relativo versamento va effettuato entro i 10 giorni successivi alla data di cessazione, tenendo comunque conto delle settimane che devono essere retribuite e contribuite, anche se non corrispondono all’attività lavorativa.
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