mercoledì 15 dicembre 2010
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Dinamicità. Effetto e soluzio­ne della crisi che da oltre due anni sta rivoluzionando il mercato del lavoro. Il cambiamen­to imposto dalla negativa congiun­tura economica che diventa oggi op­portunità per invertire la marcia e generare nuove spinte per lo svilup­po. Una rivoluzione inevitabile che parte da un assunto, ormai eviden­te da tempo: il lavoro è mobile, o ci si muove o ci si perde. Dimostrato oltre che dalla percezione di ciascuno di noi, anche dai numeri.«Fra il 2004 e il pri­mo semestre del 2009, in Lombardia, motore econo­mico del Paese, si sono ve­rificati 19 milioni di eventi a livello occupazionale, tra avviamenti, cessazioni, tra­sformazioni o proroghe di contratti di lavoro, che han­no interessato 4 milioni di cittadini», sottolinea il professore Mario Mez­zanzanica, direttore scientifico del Crisp (Centro di ricerca interuni­versitario per i servizi di pubblica u­tilità) e docente di Sistemi informa­tivi all’Università degli Studi di Mi­lano Bicocca, presentando ieri, nel­la Facoltà di statistica, la ricerca «Di­namicità e sicurezza: i dati del lavo­ro che cambia. Il mercato del lavo­ro in Lombardia dal 2004 al I se­mestre 2009» (Guerini e Associati). Su circa 6 milioni di rapporti di la­voro avviati, nel periodo preso in considerazione, il 71% di questi so­no stati chiusi. Il fenomeno riguar­da la quasi totalità di contratti fles­sibili.Ma sorprendentemente inte­ressa anche i contratti a tempo in­determinato. «Oltre un milione di contratti di questo tipo – aggiunge Mezzanzanica – si è chiuso nel pe­riodo osservato. Nel complesso il 50% dei lavoratori in tre anni ha mo­dificato il proprio stato. Sono nu­meri che esprimono una elevata di­namicità del mercato del lavoro. Vo­luto o subìto, il cambiamento c’è e resta un fattore importante». Lo studio – reso possibile dall’in­crocio dei dati dell’Osservatorio del mercato del lavoro della Regione Lombardia – evidenzia come gli av­viamenti al lavoro nel periodo ana­lizzato, su un totale di oltre 7,6 mi­lioni, riguardano per il 54% i giova­ni tra i 20 e i 34 anni e il 32% la fa­scia 35-49. La crisi economica, os­servata attraverso i dati di flusso, ha prodotto due effetti sostanziali in questo ambito: una diminuzione de­gli avviamenti e un innalzamento della quota dei contratti flessibili ri­spetto a quelli permanenti. Nei pri­mi dieci mesi del 2010 si arriva in­fatti al 71% di contratti flessibili (nel 2008 erano il 65%) rispetto ai per­manenti che dal 2008 a oggi sono passati dal 35 al 28%. Sul totale dei lavoratori osservati, il 66% risulta stabile nella tipologia contrattuale, il 21% migliora la propria posizio­ne e il 12% la peggiora, passando da forme contrattuali permanenti a for­me flessibili. Come trasformare il cambiamento di un tempo di crisi, in dinamicità virtuosa? «Aumentando la propria capacità di skill , di conoscenza e competenza – spiega Mezzanzanica –. Perché quando il mercato, come adesso, è in difficoltà, le aziende ten­dono a premiare le forze più quali­ficate a danno di quelle meno com­petenti ». La «stabilità del lavoro» vie­ne meno: all’idea di «posto fisso che dura una vita» si sostituisce il con­cetto di «percorsi di lavoro». Un pro­getto di vita che va oltre il «posto» che si occupa al momento e punta tutto sul «mestiere», sulla professio­nalità. «In questa direzione – con­clude l’esperto della Bicocca – il fat­tore strategico per il raggiungimen­to della competitività per le impre­se e che garantisce alla persona con­tinuità per lo sviluppo dei percorsi lavorativi si chiama capitale uma­no ». La sfida è educativa, è di pro­spettive, di desiderio, per richiama­re l’espressione citata dal Censis per descrivere il declino del nostro Pae­se. Così competenza e dinamicità di­ventano la molla per uno scatto in avanti, per avvicinare imprese e la­voratori. E garantirsi la sicurezza del posto. Che non è fisso, ma in mo­vimento.
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