giovedì 29 giugno 2023
Con il «Data Act» sarà più facile per i consumatori condividere e trasferire dati da un operatore o da un servizio all’altro. Protestano le grandi imprese del settore
Dati, più controllo agli utenti Dalla Ue lo smacco a Big Tech
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A i colossi del Big Tech non piace per niente. E forse, proprio per questo, “qualche” interesse questo “Data Act” sta andando davvero a toccarlo. Parliamo del pacchetto di norme sulla condivisione e l’accesso dei dati su cui è stata raggiunta l’altra notte l’intesa tra Parlamento e Consiglio Ue. Molto in breve: le istituzioni europee vogliono che gli utenti abbiano maggiore controllo sui loro dati. Che possano, volendo, trasferirli da un operatore all’altro o da un servizio all’altro in maniera facile e senza tante restrizioni da parte degli operatori. Pensiamo ai vari servizi cloud o ai dati generati da oggetti, macchine e dispositivi intelligenti, da quell’Internet delle cose che promette di essere la vera rivoluzione di questi anni. Di più: se da un lato le norme garantiscono tutele sui segreti commerciali, per i governi viene prevista la possibilità di richiedere dati delle imprese in tempi di emergenza. Più controllo sui propri dati agli utenti e più obblighi, di converso, per i produttori per andare verso un mercato dei dati europeo più competitivo e affidabile: non sorprende che Big Tech premesse in un’altra direzione. Digitaleurope, network formato da giganti come Amazon, Google, Nokia, Qualcomm, Philips e Sony, non lo nasconde.

«Il Data Act metterà l'industria europea in una posizione di svantaggio costringendola a rinunciare ai dati guadagnati con fatica e limitando la libertà contrattuale, portando potenzialmente a una nuova ondata di deindustrializzazione e ponendo rischi per la nostra sicurezza informatica», è la posizione netta del suo direttore generale, Cecilia Bonefeld-Dahl. Di tutt’altro parere, evidentemente, gli esponenti delle istituzioni europee. Il Data Act è «un passo importante nel nostro percorso verso un Mercato unico dei dati, renderà i flussi di dati più grandi, più facili e più sicuri per le persone e le imprese. E questo è necessario per la nostra trasformazione digitale», ha evidenziato la vicepresidente esecutiva della Commissione Ue responsabile per il Digitale, Margrethe Vestager. «L'accordo sul Data Act è una pietra miliare nella riorganizzazione dello spazio digitale», ha osservato il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, secondo cui «siamo sulla strada di una fiorente economia dei dati Ue, che è innovativa e aperta, alle nostre condizioni ». Secondo gli esperti, il Data Act si concentrerà soprattutto sul potenziale non sfruttato nell'economia dei dati. Si stima che circa l'80 per cento dei 33 zettabyte generati nel 2018 (ovvero 33mila miliardi di gigabyte), in crescita a 175 nel 2025, siano andati perduti. Il quadro globale dei servizi e prodotti connessi (l’Internet delle cose) avrà una crescita stimata alla fine del decennio tra i 5 e gli 11mila miliardi di euro: gli interessi sul settore sono fortissimi.

«Oggi, la rivoluzione dell’Internet delle cose alimenta una crescita esponenziale con un volume di dati previsto destinato a salire alle stelle nei prossimi anni. Una quantità significativa di dati industriali rimane inutilizzata e ricca di possibilità non realizzate», spiega la Commissione Europea. L’accordo sul Data Act, a cui si lavorava da tempo, deve ora essere approvato dal Consiglio e dal Parlamento Ue singolarmente. La prossima presidenza di turno spagnola del Consiglio dell’Unione Europea intende sottoporre il testo al Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri (Coreper) per l’approvazione «il prima possibile». I giochi, insomma, sembrano fatti.

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