lunedì 27 aprile 2020
Si deve passare dal "restiamo a casa" al "curiamo a casa" seguendo l'esempio del dottor Cavanna di Piacenza
Cure domiciliari per gli anziani contagiati dal Covid 19

Cure domiciliari per gli anziani contagiati dal Covid 19 - Reuters

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Arginare la pandemia è possibile, ma il ministero della Salute deve coordinare il passaggio delle Regioni dal “restiamo a casa” al “curiamo a casa”, come ho scritto in una lettera rivolta al premier Conte e al ministro Speranza. Il metodo italiano intuito e sperimentato dal prof. Cavanna per contrastare la Covid-19, infatti, è ad oggi il più corretto ed efficace, e può essere utilizzato a livello mondiale. Cavanna, direttore del reparto di oncologia dell’ospedale di Piacenza, da metà marzo “cura i pazienti a casa” dall’insorgere dei primi sintomi, entro 48/72 ore. In poche settimane ha curato e guarito, con una task-force, più di 200 persone. In molti casi, come abbiamo visto, non è stata è la Covid-19 a uccidere, ma i tempi di attesa tra l’insorgere della malattia e l’inizio della cura. Tra l’altro sappiamo quanto è necessario tenere il virus lontano da luoghi di trasmissione come gli ospedali, e questo anche per la sicurezza di chi negli ospedali lavora. Le Regioni, a parte poche eccezioni come l’Umbria, ancora oggi sembrano concentrate sulla gestione ospedaliera. Il ministero della Salute deve traghettarle verso una nuova gestione dell’emergenza epidemiologica, facendo entrare in campo i medici di base e le Unità speciali di continuità assistenziale, a casa. Anche a livello globale, attraverso l’Oms, si dovrebbe passare alle cure domiciliari precoci per arrestare la pandemia. Ciò tocca la questione stessa del diritto alla vita e allo sviluppo. Diritti che dovrebbero essere assicurati anzitutto dalla comune appartenenza al medesimo orbis universale. Come sempre, la dottrina cattolica è un faro illuminante. Papa Francesco ce lo ricorda spesso. Nell’enciclica Laudato si’ ci esorta (dal versetto 52): «Bisogna rafforzare la consapevolezza che siamo una sola famiglia umana. Non ci sono frontiere e barriere politiche o sociali che ci permettano di isolarci, e per ciò stesso non c’è nemmeno spazio per la globalizzazione dell’indifferenza. (Dal versetto 53) Queste situazioni provocano i gemiti di sorella terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un’altra rotta. Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli. Siamo invece chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre perché il nostro pianeta sia quello che Egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace, bellezza e pienezza». Parole che oggi, al tempo del “Coronavirus”, assumono un significato ancora più intenso.

*presidente onorario dell’associazione “World – Law, Economics & Architecture”

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