lunedì 11 marzo 2013
Contro la crisi si punta sui capolavori. ​I primi esempi risalgono al 2006, poi con la tempesta finanziaria sui canali tradizionali. Dal 2008 sono diventati un modello «sicuro», così nel 2011 il mercato ha superato i 950 milioni di dollari.
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​È «art-fund», il termine magico che ha calamitato l’attenzione di coloro che vogliono diversificare i loro investimenti senza troppi batticuori. Nel 2006, data che appare oggi lontanissima, quando il mercato in piena espansione mostrava segni positivi a due cifre, facevano la loro comparsa i fondi d’investimento in arte, suscitando non pochi consensi da parte degli analisti che vedevano nelle opere dei grandi maestri - sia storici che contemporanei - un bene rifugio sul quale puntare, destinato a crescere nel tempo, contro le oscillazioni delle quotazioni in borsa.E ora, in periodo di crisi, l’imperativo dell’abbattimento dei rischi per ridurre le eventuali perdite, pone ancora una volta alla ribalta questa particolare forma d’investimento, che si sta diffondendo anche in Italia. Dove hanno preso avvio diversi fondi, sulla scia di esempi come «The Fine Art Fund» di Londra, gruppo fondato da Philip Hoffman; il lussemburghese «Contemporary Art Fund», lanciato a fine 2010 dalla Petricca Merchant Bank di New York; o il «Sobranie Photoeffect Fund» che, inaugurato nel 2011, gestisce un patrimonio di circa 300.000 fotografie di autori russi e internazionali, per un valore di 467 milioni di dollari.Una tra le prime iniziative italiane è stata «Pinacotheca», fondo autorizzato da Banca d’Italia nel 2007 e indirizzato a opere d’arte dal 1200 all’800: un’operazione dalle prospettive non troppo rosee, vista la sua prolungata inattività. Da San Marino è partito invece a ottobre 2010 il «Fondo Scudo Arte Moderna», della durata di dieci anni - prorogabile di un biennio - promosso dalla società Scudo Investimenti Sg. Un fondo chiuso per clienti professionali (enti, imprese, istituzioni) che investe l’80% in arte, di cui il 10% massimo per artisti emergenti, e il restante 20% in assets liquidi, cash o obbligazioni a breve termine, con un patrimonio raccolto di circa 4,5 milioni di euro e opere di autori di punta del XX secolo, tra i quali Fontana, Vedova, Chia.Altri tentativi sono stati posti in essere a Milano e Roma, con vicende e risultati alterni, che hanno visto in alcuni casi sfumare gli sforzi dei promotori per convincere i sottoscrittori della loro convenienza, dato che i fondi d’arte possono risentire della crisi generale e sembrare inadeguati agli occhi esigenti dei risparmiatori. Il «rading Art Fund», un fondo speculativo con un advisor carismatico come Charles Saatchi, è stato liquidato a fine 2009. La pressione della crisi ha travolto anche l’«Osian Art Fund»: nato nel 2006 per il mercato dell’India, dopo appena tre anni ha dovuto rimborsare le quota ai propri aderenti.Ma come funziona a grandi linee un art-fund? Innanzi tutto, a fronte di un progetto mirato, occorre reperire le risorse finanziarie cedendo quote a medi e grandi investitori; una volta raggiunta la consistenza stabilita, tramite art advisor, ossia consulenti specializzati che valutano le proposte di case d’asta, galleristi e privati, un comitato di esperti analizza l’andamento delle vendite di un autore procedendo infine all’acquisto delle opere, con tutte le garanzie del caso (autenticità, prezzo, valore). Alla scadenza concordata, la durata minima è in genere cinque anni, il fondo viene liquidato rimborsando le quote e suddividendo il plusvalore di quotazione maturato dal dipinto o dalla scultura a suo tempo acquistati. È chiaro che l’arcano è comprare a meno - magari direttamente negli atelier degli artisti - e rivendere a molto, incentivando in questo modo un mercato, quello dell’arte, che nel 2011 ha superato i 950 milioni di dollari. Un risultato allettante, che ha favorito la creazione di oltre 40 fondi d’arte, di cui una ventina di marca cinese. Dietro l’aggiudicazione a 65 milioni di dollari di un’opera di Qi Baishi, artista di stile tradizionale scomparso nel 1957, ci sono proprio loro, i Chinese Art Investment Trust.Oltreoceano, la Plural Capital, con sedi a Rio de Janeiro e San Paolo, ha dato il via al fondo «Bga Private Equity» quotato 24 milioni di dollari e indirizzato all’acquisizione di opere di artisti brasiliani, che viaggiano a gonfie vele sospinti dalle correnti favorevoli dell’economia nazionale.Trasparenza e affidabilità sono le prime doti da richiedere a un art-fund. «Dionysos», specializzato in arte antica, vanta un patrimonio di novanta opere che vanno dalla pittura fiamminga a Tintoretto, Goya e Delacroix. L’arte dei secoli passati è un settore che attrae i collezionisti, tant’è che la londinese Frieze Art Fair, consacrata alla contemporaneità, ha inaugurato quest’anno la Frieze Masters dedicata ai maestri antichi. I visitatori della fiera si sono così trovati di fronte ai 700 euro per una pietra del neolitico e ai 15,5 milioni di euro per un dipinto di Miró del ’68.
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