venerdì 1 ottobre 2010
Don Davanzo: «La recessione ha ridisegnato la mappa della povertà. Ha trasformato famiglie che avevano sempre goduto di stabilità in soggetti vulnerabili e sospinto  i poveri nella miseria».
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Siamo sempre più poveri. Ma non è una notizia; quella vera è che lo è diventato chi, in passato non si sarebbe mai immaginato di doversi rivolgere un giorno, allo sportello della Caritas per chiedere una borsa pasto o sussidi economici per pagare la bolletta della luce in scadenza.Il nono rapporto sulla povertà, realizzato da Caritas Ambrosiana e presentato ieri a Milano nell’ambito del convegno "Dalla crisi nuove sfide per il territorio" parla chiaro: nel 2009 gli italiani che si sono rivolti agli sportelli della Caritas sono aumentati del 15,7%. Sono invece diminuiti gli stranieri clandestini (-3,7% ) «forse perchè spaventati d’incorrere in denunce da non trovare il coraggio nemmeno di chiedere aiuto alla Caritas» osservano i ricercatori dell’Osservatorio diocesano che hanno redatto il rapporto.Sono aumentati, quindi, gli operai, gli impiegati, gli insegnanti, i liberi professionisti ma anche i dirigenti della Brianza e delle province industriali lombarde che hanno perso il lavoro e si ritrovano dall’oggi al domani senza finanze per poter pagare la rata del mutuo accesa solo pochi anni fa. «La crisi ha ridisegnato la mappa della povertà. Ha trasformato famiglie modeste ma che avevano sempre goduto di una certa stabilità in soggetti vulnerabili e sospinto i poveri cronici sulle soglie della miseria» spiega il direttore di Caritas ambrosiana, don Roberto Davanzo, sfogliando il rapporto annuale secondo il quale nel 2009 sono stati 17.283 i poveri che si sono presentati nei 56 centri di ascolto della diocesi ambrosiana, con un aumento del 9% rispetto al 2008. Ma, oltre all’analisi quantitativa, l’indagine evidenzia anche le caratteristiche sociologiche di chi si è rivolto agli sportelli per accedere ai Fondo famiglia lavoro, il fondo istituito dall’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi per le famiglie che perdono lavoro.«I vulnerabili – ha spiegato il sociologo Aldo Bonomi, che si è occupato della ricerca - non sono marginali in sè. Lo diventano, o rischiano di diventarlo, nella crisi, per la perdita dell’occupazione e l’assenza di ammortizzatori sociali per ampie fasce di lavoratori. Dalle storie del Fondo emergono una nuova questione operaia e sociale, una condizione migrante, una difficoltà degli ammortizzatori che ci interrogano sui ritardi della modernizzazione del nostro welfare». Un welfare, quindi, secondo gli studiosi dell’osservatorio, che ha funzionato in passato, ben occupandosi di pensionati e lavoratori ma che oggi risulta "vecchio" e non al passo con i tempi e la crisi economica che stiamo vivendo. «Le istituzioni si occupano della crisi finanziaria e non si preoccupano della povertà» ha aggiunto l’economista Alberto Berrini, secondo cui ci vorranno ben otto anni perchè le imprese ritrovino il livello della produzione perduta.«La crisi ha confermato e purtroppo drammaticamente esplicitato ciò che già si sapeva: l’inadeguatezza del sistema italiano di chi perde protezione – conclude l’economista – Un welfare, che oggi non è in grado di sostenere le fasce più colpite dalla crisi: quelle dei precari, degli artigiani e dei liberi professionisti».«La crisi ha colpito persone che non sono tutelate e di fronte a questo stato di cose non è possibile che la risposta possa venire solo da noi» aggiunge il direttore di Caritas, Davanzo, che lancia anche un monito: «la politica deve battere un colpo». Per questo Caritas presenterà in modo più dettagliato (lo aveva già fatto a marzo) entro l’anno la richiesta a regione Lombardia di introdurre il "reddito minimo garantito". Una forma di sostegno estesa a coloro che oggi non possono godere di alcun aiuto pubblico. Una protezione sociale, già presente in tutti i Paesi dell’Europa a 15 tranne che Grecia e Italia.
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