martedì 11 ottobre 2022
Il rapporto Oxfam denuncia una crescita del divario durante l'emergenza Covid. In Italia, l'uguaglianza non è tra le priorità della nuova maggioranza
Abitanti di Lima, in Perù, durante l'emergenza Covid

Abitanti di Lima, in Perù, durante l'emergenza Covid - Epa

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Tagli a sanità e spesa pubblica, mancato prelievo fiscale agli extra-profitti generati durante l'emergenza dalle grandi multinazionali e debito pubblico opprimente. Sono queste le principali cause dell'aumento delle disuguaglianze durante la pandemia di Covid-19. A essere più colpiti sono soprattutto i Paesi poveri, dove gli interventi pubblici di contrasto alle disuguaglianze hanno in molti casi mostrato livelli di grave inadeguatezza. A rivelarlo è il nuovo rapporto di Oxfam e Development Finance International. Il dossier passa in rassegna le politiche fiscali e del lavoro e alcuni capitoli della spesa pubblica (istruzione, sanità e protezione sociale) in 161 paesi del mondo durante il primo biennio pandemico.

Quasi la metà di tutti i paesi esaminati (77) sono stati interessati da tagli alla spesa sociale e il 70% dei paesi ha ridotto la propria spesa per l’istruzione e, nonostante il mondo abbia dovuto affrontare la peggiore crisi sanitaria degli ultimi cent’anni, metà dei paesi a basso e medio-basso reddito ha registrato una contrazione della spesa sanitaria in rapporto alla spesa pubblica complessiva: in Giordania, ad esempio, il calo è stato del 20%.

Anche la povertà lavorativa ha raggiunto livelli record: due terzi dei paesi analizzati non hanno incrementato i salari minimi nel biennio 2020-2021. Nei paesi in via di sviluppo come la Nigeria il salario minimo legale non è stato aggiornato da prima dello scoppio della pandemia. Anche in economie avanzate come gli Stati Uniti il livello del salario minimo federale è rimasto invariato dal 2009. Oggi il problema è aggravato dall’impennata dell’inflazione che erode il potere d’acquisto dei lavoratori.

In una situazione d'emergenza un aiuto sarebbe potuto arrivare da un aumento della tassazione su patrimoni e redditi alti, ma Oxfam ha rilevato che 143 Paesi su 161 analizzati non hanno aumentato la pressione fiscale in questo senso. Nonostante innumerevoli precedenti storici - quanto accaduto all’indomani dell’influenza spagnola o al termine della seconda guerra mondiale - la maggior parte dei paesi non ha optato per un incremento dell’imposizione su redditi o patrimoni più elevati o per la tassazione straordinaria degli extra-profitti pandemici, come quelli generati dal settore farmaceutico, dall’IT o dal settore del commercio online, che hanno visto incrementare la domanda per i propri beni e servizi. Così facendo, i governi hanno rinunciato a risorse importanti per supportare chi – tra famiglie e imprese – ha subito i contraccolpi più duri della crisi.

«Il rapporto mostra come in troppi paesi i governi non abbiano agito con decisione per contrastare l’ampliamento delle disuguaglianze – ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International – molti governi hanno ridotto gli investimenti nei servizi pubblici nel momento del maggior bisogno e non hanno fatto ricorso a prelievi su fortune e profitti di chi ha beneficiato della pandemia».

Ad aggravare ulteriormente il quadro per i Paesi più poveri, la difficoltà di reperire risorse per mettere in atto misure di welfare. A differenza delle economie avanzate come l’Italia, infatti, molti Paesi si sono trovati senza liquidità disponibile per misure di supporto al reddito. A pesare sugli spazi di manovra nei paesi in via di sviluppo sono, in larga parte, le loro consistenti esposizioni debitorie. Nel solo 2021 i paesi a basso reddito hanno speso il 27,5% delle risorse pubbliche per il servizio del debito interno ed estero: il doppio di quanto speso in istruzione, quattro volte la spesa per la sanità e 12 volte la spesa per la protezione sociale. «Per ogni dollaro speso per la sanità pubblica i paesi in via di sviluppo spendono quattro dollari per ripagare i propri debiti contratti in prevalenza con ricchi creditori esteri. - ha dichiarato Matthew Martin, direttore del Dfi (Development Finance International) - vanno garantiti un’immediata sospensione del servizio del debito e favoriti accordi equi per una sua ristrutturazione». ​ ​


In Italia

Nel contesto italiano i temporanei e massicci interventi di welfare, hanno contribuito ad attenuare le disuguaglianze di reddito nel primo biennio pandemico. Questo però non ha evitato il successivo calo del reddito per le fasce di popolazione più svantaggiate. Le sfide del momento - la crisi energetica, la crescente inflazione e i rischi di recessione – rischiano di qui in avanti di esacerbare ulteriormente le disparità.

«Mentre non è ancora noto come il nuovo Governo intenderà agire contro il caro-energia e il caro-vita, desta allarme la sottovalutazione dei divari economici e sociali che lacerano il nostro paese e l’indifferenza verso efficaci ed eque misure politiche redistributive in grado di fare da argine – ha aggiunto Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia - non c’è da aspettarsi dalla nuova compagine governativa, stando ai programmi elettorali, un potenziamento della portata redistributiva del nostro sistema fiscale, interventi robusti orientati a promuovere minimi salariali adeguati, contrastare la povertà lavorativa o ridisegnare un welfare pubblico universalistico. Ci Preoccupano inoltre le sorti del reddito di cittadinanza che invece di essere reso uno strumento di contrasto alla povertà più equo ed efficiente, rischia la cancellazione».

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