venerdì 19 luglio 2019
Giampiero Calzolari, presidente di Granarolo: la legge è vecchia, oggi i prodotti durano 2-3 giorni in più dei 6 previsti
Gianpiero Calzolari presidente di Granorolo

Gianpiero Calzolari presidente di Granorolo

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Il latte contribuisce in modo significativo allo spreco alimentare con una percentuale attorno al 4% del totale. Nella migliore delle ipotesi, il prodotto ritirato dai punti vendita, scaduto solo 'sulla carta', viene recuperato per l’alimentazione animale, altrimenti finisce direttamente nella spazzatura. Dalla convinzione che sia possibile evitare gran parte di questo sperpero nasce l’appello lanciato da Gianpiero Calzolari, presidente del gruppo cooperativo Granarolo, leader nella produzione e distribuzione di latte fresco: «Va rivista la norma sulla scadenza del latte, perché oggi abbiamo una legge vecchia di trent’anni che limita i giorni di vita del prodotto a 6, mentre in realtà noi produttori possiamo allungare tale termine almeno di 48-72 ore».

Presidente, qual è la vostra proposta?
Abbiamo chiesto al governo, nello specifico al ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio, di superare una legge che lui stesso ha definito obsoleta. Oggi le tecnologie, le tecniche di trasformazione e gli ottimi standard qualitativi delle stalle italiane ci consentono di portare la scadenza anche a 10 giorni. Del resto, lo spreco che c’è oggi ha ricadute enormi su vari fronti: dalle emissioni atmosferiche ai costi di logistica, passando per l’energia. Buttare via un latte ancora buono perché lo impone una legge arcaica è un danno, oltre che un’assurdità.

Come vi ha risposto il governo?
Il ministro Centinaio si è impegnato a costituire un gruppo di lavoro interno per sentire il parere delle parti interessate, dal mondo agricolo ai consumatori, in estate. Per cui l’avvio della fase di studio e di riflessione dovrebbe essere questione di giorni. Verranno coinvolti anche gli altri ministeri, a partire dal dicastero della Salute. Per noi la soluzione ideale sa- rebbe quella di accomunare il latte ai suoi derivati. Quello che già avviene per la mozzarella o la ricotta, in cui è la singola azienda produttrice a determinare la durata del prodotto entro la quale ritiene di garantire il consumatore, può succedere anche per il latte.

Con una scadenza più lunga non rischia però di abbassarsi il livello di qualità?
Saremmo folli e autolesionisti se lasciassimo sul mercato prodotti che perdono in qualità o comunque non all’altezza del brand. Noi siamo presenti in ogni passaggio della filiera del latte ed effettuiamo controlli a 360 gradi dall’inizio alla fine, ma in generale nessun produttore è così irresponsabile da mostrarsi poco serio e affidabile. L’obiettivo a cui ambire insieme è un 10% in meno di resi da mercato italiano (stimando in 123.000 tonnellate il reso da mercato di latte e latticini freschi in Italia) che corrispondono a -1.400 tonnellate di CO2 equivalenti, pari all’illuminazione annua di una città di circa 20mila abitanti. Ovviamente allungare la vita del latte comporta vantaggi economici anche alle aziende produttrici.

Alcuni attori del settore agricolo-alimentare chiedono piena trasparenza
dei dati delle importazioni delle materie prime, tra cui il latte. Lei che cosa ne pensa?
Come Granarolo abbiamo condotto e vinto una lunga battaglia sull’etichettatura, per l’italianità e per la garanzia di freschezza del latte. Personalmente, non sono contrario a prescindere a materie prime che arrivino da fuori, anche perché sul latte l’Italia non è autosufficiente rispetto alla domanda che c’è, ma la trasparenza è fondamentale. Il consumatore deve avere il maggior numero di informazioni possibili sul prodotto per poter scegliere quale acquistare. È chiaro che bisogna essere disposti a spendere un po’ di più per un consumatore che vuole un prodotto di qualità, tracciato e sostenibile.

Le tensioni che si sono verificate quest’anno in Sardegna sul latte non rischiano di minare l’intero comparto?
Sicuramente sono situazioni che non fanno bene al settore. Per evitare il più possibile questioni complicate da gestire, l’intera filiera deve essere in grado di monitorare il mercato, di anticipare i trend, di spingere sull’innovazione e di pianificare ogni passaggio. La logica del 'produrre e poi si vedrà' non è premiante in un mercato sempre più ampio e in continua evoluzione.

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