mercoledì 27 settembre 2023
Il leader Sbarra: «No al salario minimo per legge ma solo fissato dai contratti. Da rafforzare l’istruzione e la formazione continua come diritto per tutti»
Il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra

Il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra

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Il salario minimo orario per legge potrebbe provocare più danni che benefici. Ne è convinta la Cisl che spinge perché il salario minimo sia sempre e solo di natura contrattuale. La questione salariale e la povertà lavorativa, infatti, per il sindacato di via Po vanno affrontate con urgenza ma senza illudersi che una retribuzione fissata per legge possa risolvere questioni che hanno origine diversa e possibili risposte su differenti piani. Per questo presenterà oggi un Manifesto in 13 punti che indica i diversi ambiti in cui agire. Non un esercizio di “benaltrismo” ma il tentativo di sfuggire alle semplificazioni e guardare alla realtà nella sua complessità. «Se vogliamo davvero contrastare le sacche di precarietà e lavoro povero, occorre partire da una rinnovata attenzione al sistema di istruzione e formazione e alle politiche attive, da anni trascurati – spiega il leader della Cisl Luigi Sbarra –. Il passaggio dalle sole tutele sul posto a quelle nel mercato del lavoro non è uno slogan ma un’esigenza sempre più centrale per affrontare le transizioni da scuola a lavoro e da un’occupazione all’altra. Ed è soprattutto su questi diversi versanti che occorre recuperare terreno, la Cisl lo chiama “Statuto della persona nel mercato del lavoro”».

Il Manifesto inizia dunque – e non poteva essere altrimenti – dalla scuola e dalla formazione per le quali si chiedono maggiori investimenti e sostegni, perché il lavoro povero è spesso il frutto di un’insufficiente preparazione, di abbandoni scolastici, di fallimenti educativi e formativi che dobbiamo impegnarci a scongiurare. Collegato a questo, la richiesta di rendere strutturale e di incentivare il sistema duale con le tre tipologie di apprendistato. Si continua con un migliore orientamento scolastico e universitario, anche favorendo l’Istruzione Tecnica Superiore e le lauree Stem. Discorso a parte meritano i Tirocini extracurricolari molto utilizzati in particolare da Garanzia Giovani che spesso non hanno prodotto un’efficace formazione al lavoro ma sono scaduti in veri e propri abusi. Per la Cisl vanno dunque meglio mirati perché siano efficaci nel facilitare l’inserimento lavorativo. Quello della formazione è però un ambito che non può e non deve riguardare solo i giovani o chi fa il suo ingresso nel mercato del lavoro ma dev’essere generalizzata e riguardare l’intero arco di vita del lavoratore per garantire l’aggiornamento delle sue competenze e rafforzarne l’occupabilità. Per renderlo concreto si punta a rafforzare l’azione degli enti bilaterali e ad affermare nei contratti collettivi la formazione continua come diritto individuale. C’è, infine, la necessità di attivare davvero le “politiche attive” evocate in tutte le riforme del lavoro e del welfare degli ultimi anni ma rimaste sempre la Cenerentola del sistema pubblico. Quanto alle materie più propriamente contrattuali, la Cisl sottolinea l’esigenza di «contrastare i contratti di lavoro discontinui e i contratti a termine di breve durata», mentre andrebbero incentivati la conciliazione vita-lavoro e lo smart working, migliorate le condizioni di lavoro nei settori labour intensive e tutelate anche le prestazioni autonome con un equo compenso. Si auspica anche la conferma strutturale dell’ammortizzatore sociale (l’Iscro) e l’inclusione nelle politiche attive. Infine – vero cavallo di battaglia della Cisl – va promossa la partecipazione dei lavoratori in azienda sia sul piano gestionale sia su quello economico-finanziario. In questo quadro complessivo, secondo la Cisl il «salario minimo può essere solo di natura contrattuale».

La contrattazione nazionale, che già copre il 97% del lavoro privato, « va estesa settore per settore non solo riguardo ai livelli retributivi, ma anche per quanto riguarda permessi, scatti d’anzianità, premi di risultato, welfare integrativo, bilateralità». Al contrario, «la definizione di un minimo legale non produrrebbe effetti positivi nelle aziende innovative e competitive, che già riconoscono livelli salariali più alti di quelli proposti, mentre rischierebbe una destrutturazione del sistema contrattuale e l’individualizzazione dei rapporti di lavoro nelle aziende a minore valore aggiunto e bassa produttività, con abbassamento dei salari medi, scoraggiamento dei rinnovi contrattuali e spinta verso il lavoro irregolare per i lavoratori più fragili sul piano professionale », si spiega. Fin qui i 13 punti del Manifesto Cisl. Forse se ne potrebbe aggiungere un altro, secondo noi decisivo: una maggiore vigilanza del sindacato rispetto ai contratti delle esternalizzazioni, con una fattiva solidarietà dei lavoratori delle case-madri nei confronti dei “colleghi” di cooperative e piccole imprese in subappalto. Lì dove si annida molto del lavoro povero e sottopagato: non nascosto in uno scantinato ma accanto a noi “garantiti”, nelle funzioni scarsamente tutelate.

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