sabato 24 gennaio 2009
Il leader Cisl: «È l'ora della partecipazione. Per gli aumenti avrà più peso la contrattazione di secondo livello, è lì che si crea la produttività. Inflazione, non decide più il governo».
  • IL COMMENTO: Un «patto fra produttori» di F. Riccardi
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    Il giorno dopo la firma di un accordo che definisce storico, Raffaele Bo­nanni può godersi la soddisfazione di avere raggiunto un obiettivo da tempo perseguito dal suo sindacato. Un nuovo modello contrattuale improntato «a un’i­dea partecipativa delle relazioni indu­striali » , sottolinea il segretario generale della Cisl, « un sistema che incoraggia strade meno conflittuali » del quale c’è bisogno soprattutto oggi quando serve una « ricostruzione dell’economia basa­ta sul valore del lavoro».Qual è l’aspetto centrale della riforma? È lo stimolo alla contrattazione di se­condo livello. È lì che si crea la produtti­vità e si incentiva la crescita del reddito. I salari aumentano così, non si può più prescindere dall’aspetto della produtti­vità. Dopo un lungo tira e molla giovedì si è arrivati alla firma. Come mai questa ac­celerazione, qualcuno voleva un «ac­cordo separato»? L’altra sera abbiamo solo tirato le som­me di quello che oltre trenta organizza­zioni avevano discusso a lungo e sotto­scritto autonomamente. Il governo non c’entra, anzi ha dovuto cambiare la sua posizione: sull’indice programmato di infla­zione fissato all’ 1,7% il governo ha sconfessa­to se stesso. Infatti nel- l’intesa abbiamo stabilito che saranno le parti a indicare l’indice di inflazione per i rinnovi contrattuali, sottraendo la scel­ta all’esecutivo. Ma c’è chi vi accusa di avere diviso il sin­dacato Vedo che in Italia ci sono troppi smemo­rati. C’è un ex ministro di cui ho stima che era un convin­to assertore come noi della decontri­buzione dei con­tratti di secondo li­vello ma alza le barricate, proprio ora quando abbia­mo raggiunto un accordo che valo­rizza quell’ele­mento. Non vorrei che, a fronte di una larghissima condivisione nel mondo e­conomico e politico verso queste scelte, si volesse dare il diritto di veto a una so­la organizzazione. Il leader della Cgil Epifani ma anche D’Alema hanno chiesto ieri che l’accor­do sia sottoposto al voto dei lavoratori. Che ne pensa? Il referendum si giustifica quando si fa un accordo unitario, come è accaduto l’anno scorso sul Welfare. Quando inve­ce ci si sottrae all’intesa ogni organizza­zione consulta i propri iscritti a casa pro­pria. Ed essendo la Cisl un sindacato con quattro milioni mezzo di aderenti, noi lo faremo attraverso tutti i nostri organismi Lei ha espresso rammarico per il no del­la Cgil. Ma come lo spiega? È la solita storia. A ogni accordo im­portante quando si è di fronte a una svolta, ciclicamen­te tornano queste resistenze al cam­biamento. Ma mi chiedo, è possibile che tutti i rappresentanti delle imprese e tutti i sindacati tranne uno abbiano per­so il buon senso? O forse c’è un’organiz­zazione che sta sbagliando? Un anno fa abbiamo sottoscritto insieme una piat­taforma unitaria per la riforma che con­cepiva relazioni sindacali partecipative, riducendo i margini di con­flittualità. Poi qualcuno ha scelto di tornare al­l’antagonismo in un momento di crisi, quando servirebbe unità. Un «no» in nome del conflitto? C’è chi è ancora convinto che il sindaca­to raggiunga i suoi obiettivi solo con l’an­tagonismo ma questo, come minimo, è anacronistico. Oggi c’è bisogno di parte­cipazione e concordia per ricostruire l’e­conomia su nuove basi. Dobbiamo su­perare l’economia di carta, un sistema dove i soldi avevano sostituito il lavoro e la persona. E tornare a puntare sulla pro­duzione dei beni, un sistema che dà in­sieme più efficacia alla crescita e più va­lore ai lavoratori. Per questo è importante un sistema partecipativo di relazioni in­dustriali. Al vertice con il governo si è parlato an­che di misure anticrisi. Siete soddisfat­ti? Noi chiediamo ammortizzatori sociali per tutti quelli che perdono il lavoro, an­che i precari. Ogni lavoratore deve sape­re che se serve avrà un sostegno. Anche attraverso contratti di solidarietà, per ri­distribuire il lavoro tra tutti trovando u­na compensazione per la quota di red­dito perso. Quest’anno perderemo un milione di posti e servono risorse. Biso­gna trovare i soldi.
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