giovedì 8 gennaio 2015
Sono molte le categorie, dagli statali agli addetti al turismo, che attendono di siglare gli accordi economici e normativi scaduti da tempo o in scadenza nei prossimi mesi.
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La crisi morde da tempo il potere d'acquisto dei salari e sulla capacità, sempre più esigua, di spesa dei lavoratori, incidono anche i mancati rinnovi contrattuali. Sono infatti molte le categorie, dagli statali agli addetti al turismo, che attendono di siglare gli accordi economici e normativi scaduti da tempo o in scadenza nei prossimi mesi: in tutto circa nove milioni di lavoratori. Tra questi, circa tre milioni sono rappresentati dai dipendenti pubblici che da oltre sei anni non vedono aggiornata in nessun modo la loro situazione contrattuale. "Un problema - dice Franco Martini, uno dei responsabili dell'area della contrattazione in segreteria nazionale della Cgil (insieme con Fabrizio Solari e Serena Sorrentino) - che non riguarda solo l'adeguamento degli stipendi, ma anche il blocco delle assunzioni e più in generale l'organizzazione del lavoro nella Pa"."Lo Stato-imprenditore, che è il datore di lavoro di questi tre milioni di lavoratori (e di quelli che gravitano nell'indotto della Pa), non solo non destina le risorse necessarie, ma sono anni che nelle manovre finanziarie fa ulteriori tagli", avverte Martini. Nel settore privato sono in attesa di rinnovo contrattuale gli addetti del commercio, turismo, terme, farmacie: in tutto circa cinque milioni di lavoratori. "Si tratta - spiega ancora Martini - di settori che hanno sentito in questi anni, più di altri, il morso della crisi. E il tasso di crescita ai minimi storici, scritto anche nella legge di stabilità, tiene al palo anche la contrattazione".Ma a sentire la crisi e a segnare il passo nelle trattative del rinnovo sono anche settori che tradizionalmente si 'salvavano', come i 309mila bancari. Il loro contratto è scaduto a dicembre. "Il rinnovo dei contratti scaduti o in scadenza - sostiene Martini - può rappresentare un'occasione per ripensare il sistema contrattuale in questo Paese, perché stiamo andando nella direzione opposta a quella auspicata da tutti. Accade infatti che si moltiplicano i contratti, anche per via della forte crisi della rappresentanza datoriale, segnata da divorzi pesanti da Confindustriao da altre storiche associazioni".Per evitare quello che Martini chiama "il Far West della contrattazione", ci vogliono "regole più certe per la rappresentanza". "Dalla parte dei lavoratori (che le regole se le sono date) - aggiungeMartini - occorre portare a compimento l'accordo siglato con Confindustria estendendolo anche a altri settori come l'agricoltura e altre associazioni datoriali come quelle delle pmi"."Per i datori occorrono regole sicure", chiede Martini che auspica "una riduzione dei contratti". "Visto che il Cnel chiude, occorre comunque trovare una sede dove le parti sociali possano accordarsi per un assetto nuovo delle relazioni industriali. E magari occorre anche un sostegno normativo", conclude.
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