mercoledì 21 giugno 2023
La sede di Confindustria a Washington è stata aperta: l’attività si snoderà su due binari: le policies nazionali, bilaterali e multilaterali e la promozione delle eccellenze italiane
Confindustria fa base a Washington per rafforzare gli scambi con gli Usa
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Confidustria mette casa a Washington aprendo la sua terza sede internazionale dopo quelle di Kiev e Singapore inaugurate pochi mesi fa. Una scelta obbligata visti i rapporti di solida collaborazione economica tra i due paesi e il contesto internazionale.


L’associazione apre la terza sede internazionale nella capitale degli Stati Uniti. Bonomi: «Diventerà un mercato sempre più importante per cui dobbiamo essere presenti per presidiare gli interessi della nostra industria»

«È un mercato importante quello degli Stati Uniti, e lo diventerà sempre più rispetto alle sfide di competitività che abbiamo di fronte, anche per l’Inflation Reduction Act che porterà molte imprese a guardare sempre con più interesse il mercato americano. Era necessario e doveroso» ha spiegato il presidente Carlo Bonomi tagliando il nastro della sede che si trova su Connecticut Avenue, a pochi isolati dalla Casa Bianca. Confindustria sta investendo nell’apertura di sedi all’estero perché vuole avere un ruolo importante nella “diplomazia economica”, che si inserisce a pieno diritto nella diplomazia nel senso più ampio del termine. Francia e Germania sono già presenti con le loro associazioni di industriali. L’obiettivo è fare squadra, dando ulteriore impulso alle relazioni transatlantiche, lavorando in sinergia con l’Ambasciata e la Camera di Commercio.

L’apertura della sede avviene in un momento storico delicato, alla vigilia di un anno cruciale. Indispensabile essere presenti nel 2024 quando ci saranno le elezioni presidenziali negli Usa, le elezioni europee e l’Italia avrà la presidenza del G7 e quindi Confindustria la presidenza del B7. «È importante essere presenti con le nostre sedi e i nostri funzionari in quelle sedi dove si decideranno le strategie internazionali, per presidiare gli interessi della nostra industria - ha sottolineato Bonomi - instaurando forti relazioni sul campo con l’establishment politico, economico e industriale statunitense». Gli Stati Uniti sono lo snodo nevralgico di tutte le decisioni che hanno un impatto globale. Basti pensare che qui ci sono il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale.

Le tensioni geopolitiche in atto con la guerra in Ucraina, l’evoluzione degli equilibri socio-economici con la forte spinta verso la transizione energetica e la volontà di consolidare e potenziare la presenza delle imprese italiane all’estero sono alla base del progetto “Confindustria nel mondo”. Prossimi obiettivi, non ancora ufficiali, sono l’apertura di una nuova sede negli States, sulla costa pacifica e il debutto in America del Sud, molto probabilmente in Brasile.

L’attività di Washington, si snoderà su due binari: le policies nazionali, bilaterali e multilaterali e la promozione delle eccellenze italiane.

L’economia italiana si è dimostrata una delle più resilienti. Le stime di Banca d’Italia prevedono una crescita del Pil dell’1,3% nel 2023. Per quanto riguarda le esportazioni nel 2023 i dati hanno segnalato per la prima volta dopo due anni un calo (-5,4% il dato di aprile) per effetto della recessione tecnica che ha colpito la Ue, ma il dato americano è uno dei migliori con un aumento dell’export del 6,5%. Nel 2022 l’Italia ha fatto registrare un record assoluto di export: +9,4%, pari a 620 miliardi di valore. Il centro studi di Confindustria ha stimato altri 100 miliardi di potenziale nel breve periodo in alcuni mercati come appunto gli Usa e i Paesi asiatici. Il 2022 è stato anche l’anno del sorprasso: gli Stati Uniti da sempre primo mercato di sbocco extra-europeo per le merci italiane sono diventati il secondo in assoluto, subito dopo la Germania, superando la Francia. Le esportazioni hanno raggiunto quota 60 miliardi di euro, quasi l’11% dell’export italiano nel mondo. Percentuale che sale al 15% se si considera il peso delle catene di valore (Global Value Chain) frammentate a livello internazionale, che per l’Italia rappresentano circa il 30% della manifattura.

I comparti più vitali sono la moda, il farmaceutico, l’alimentare e il trasporto. Macchinari e autoveicoli rappresentano un terzo delle vendite italiane negli Usa. Nell’ambito dei servizi gli Stati Uniti sono il terzo mercato italiano (9%), subito dopo la Germania e la Francia, e il quinto come fornitore di servizi all’Italia (7,1%). Più della metà dei servizi italiani venduti agli americani riguardano i viaggi, mentre per il 32,2% sono servizi alle imprese. Gli States conservano il primato come localizzazione dei capitali italiani investiti in attività produttive all’estero, con oltre 202mila addetti e un quinto del fatturato. In Italia, le multinazionali americane sono le prime in termini di addetti (314mila) e di valore aggiunto prodotto.

Non sono però solo tutte rose e fiori. Tra i nodi spinosi che sono sul tavolo e che Confindustria vuole contribuire a risolvere l’accordo sui minerali critici, indispensabili per la mobilità elettrica, con l’Ira (l’Inflaction reduction act) che al momento esclude la Ue tra i partner strategici degli Usa, le controversie sul trasporto aereo Boeing-Airbus, i dazi americani su acciaio e alluminio e i rapporti commerciali tra l’Italia e la Cina, con il progetto della Via della seta ancora attivo sia pure in fase di dismissione.

L'ambasciatrice italiana negli Stati Uniti, Mariangela Zappia, ha parlato di una "scelta non soltanto opportuna ma anche tempestiva, fatta nel momento giusto". L'attuale amministrazione americana "ha davvero molto investito nel rilancio dei rapporti transatlantici, in particolare con l'Unione europea"; ha detto l'ambasciatrice durante il taglio del nastro della sede di Confindustria. Gli Stati Uniti "vedono l'Italia come un punto di forza nella loro relazione con l'Europa e come possibile connessione con il Sud del mondo". In questo contesto, in "un momento positivo" per i rapporti commerciali tra Italia e Stati Uniti, sia pur "con molto da fare di più nei due sensi", la scelta di Confindustria di creare "una connessione privato-privato tra le nostre imprese ed il tessuto produttivo americano costituisce un asset. Sono felicissima che Confindustria abbia aperto queste finestre su Washington - simbolicamente, che sono un po' le finestre sull'America" ha concluso.

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