domenica 7 aprile 2013
​Otre 2,2 milioni di accensioni di nuovi contratti, ma quelli cessati sono stati 3,2 milioni, con 1,6 milioni di persone che hanno trovato un lavoro e ben 2,4 milioni che l’hanno perso
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​Ragazze, cercate un posto sicuro? Adattatevi a fare le colf, perché ben il 78% delle assunzioni è a tempo indeterminato. Non volete perché vi siete laureate e sentite la vocazione per l’insegnamento? Bene, sappiate però che state entrando nel girone infinito della precarietà: è a termine il 99,2% delle assunzioni. Se invece siete uomini le prospettive più "solide" ve le offre ancora la vecchia edilizia, che vede quasi la metà dei nuovi ingressi a tempo indeterminato. Ma se non puntate sulla stabilità, la terza qualifica per occasioni di lavoro è addirittura "spettacolare", riguarda: registi, attori, sceneggiatori, scenografi...Lo spaccato offerto dai dati sulle assunzioni/cessazioni di rapporti di lavoro nell’ultimo trimestre del 2012 restituisce l’immagine di un Paese depresso e bloccato. Non solo perché a fronte di oltre 2,2 milioni di accensioni di nuovi contratti, quelli cessati sono stati 3,2 milioni, con 1,6 milioni di persone che hanno trovato un lavoro e ben 2,4 milioni che l’hanno perso. Ma soprattutto per la composizione e la natura dei nuovi rapporti. La classifica delle 10 professioni maschili con più assunzioni, infatti, vede i braccianti al primo posto, seguiti dai camerieri e i lavoratori dello spettacolo appunto. Seguono poi i manovali edili, i cuochi, i facchini e i commessi alla vendita. Chiudono i musicisti, gli autisti, di nuovo i muratori in pietra e le generiche "altre qualifiche". Lo scenario cambia per le donne, ma solo per le prime due voci, che riguardano le insegnanti di scuola pre-primaria e i professori di scuola primaria, tutte assunte a termine (appena lo 0,3% quelle a tempo indeterminato). Il resto della classifica registra le cameriere al terzo posto, poi le braccianti e le commesse. C’è quindi la pattuglia delle addette all’assistenza personale e delle collaboratrici domestiche che sono appunto le uniche con un lavoro stabile. Poi si torna a scuola con le bidelle – precarie anch’esse per il 99% – le addette agli affari generali, le lavoratrici dello spettacolo e le "altre qualifiche".Nel complesso, ben il 63% delle assunzioni è stato effettuato con contratti a tempo determinato (che ovviamente sono più numerosi in senso assoluto perché si ripetono più volte nello stesso lasso di tempo), mentre solo il 19,6% è a tempo indeterminato. Le collaborazioni sono state l’8,8% dei nuovi contratti, mentre l’apprendistato ha riguardato appena l’1,5% dei rapporti. Come ha impattato allora la riforma Fornero entrata in vigore a luglio 2012? A 6 mesi di distanza i cambiamenti rispetto al vecchio quadro legislativo indicano una "tenuta", anzi una leggera crescita dei contatti a termine, il forte calo delle collaborazioni (–25%) e l’ulteriore sfilacciamento dell’apprendistato (–3%) che pure doveva essere rilanciato e divenire centrale. Quasi dimezzati poi i rapporti intermittenti, quel "lavoro a chiamata" assurto a simbolo della precarietà durante la discussione sulla legge. Aumentano infine i licenziamenti di ben il 15% (329mila nel trimestre, oltre un milione in un anno). In questa voce sono comprese tutte le tipologie: dai collettivi dovuti alle crisi aziendali a quelli per giusta causa, fino agli individuali sui quali è stato limitato il reintegro.A pagare il prezzo più alto, in tutto questo, sono stati i giovani. Non è una novità, ma colpisce come i cali maggiori nelle assunzioni si concentrino proprio nella prime classi di età 15-24 anni (–13,9%) e 25-34 anni (–10,9%). Meglio, molto meglio va agli "anziani". Tra i 55-64 anni le assunzioni tengono con un +0,4% e gli ultra 65enni addirittura portano casa un rotondo +7,6%.
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