giovedì 30 aprile 2020
L'associazione dei direttori del personale mette a fuoco i punti fondamentali per il ritorno alle attività
Cinque linee guida per il post Covid-19
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Il lavoro nel post-coronavirus può rappresentare un’incognita. Da affrontare ora prima di trovarsi spiazzati in un momento delicato per la tutela della salute dei dipendenti e per gli impatti sul Paese. Queste settimane di chiusura hanno permesso di misurare le esigenze d’innovazione anche nell’organizzazione del lavoro. Così, l’Aidp – l’Associazione nazionale dei direttori del personale – ha fatto tesoro delle esperienze dei direttori del personale elaborando una gestione per la Fase 2. “Fin dai primi giorni dell’emergenza coronavirus i direttori del personale hanno dovuto fronteggiare un impatto sull’organizzazione del lavoro senza precedenti - spiega Isabella Covilli Faggioli, presidente Aidp -. In pochi giorni abbiamo rivoluzionato il mondo del lavoro e le modalità favorendo il diffondersi su larga scala del lavoro da remoto che è stato definito nella maggioranza dei casi, impropriamente, smart working. Queste settimane hanno maturato un bagaglio di esperienze di grande valore che intendiamo mettere a disposizione del Paese”. Di qui nascono cinque linee guida per quel “dopo" tanto atteso.

Smart working dopo l'emergenza. Sviluppare un modello di smart working reale ispirato ai principi del benessere della persona, della crescita, della competitività dell’azienda e sostenendo l’impatto positivo che ne deriva a tutti i livelli in un’organizzazione basata sui risultati. Per la categoria, quello vissuto è stato “home working”, utile per non affollare gli uffici ma tipico di una obsoleta organizzazione del lavoro. Aido ritiene che lo smart working sia un pilastro fondamentale della fase due e del futuro del lavoro in generale e quindi è necessario prevedere forti incentivi dello Stato sul piano economico e normativo per premiare le aziende “virtuose” e quelle che incentivano forme di solidarietà anche fra i lavoratori. Tra l'altro il lavoro agile permette una conciliazione positiva vita-lavoro.

Organizzazione secondo parametri di sicurezza. Rimodulare i turni su fasce orarie diverse dalle 8 ore diluendo le attività anche su 6 giorni e riducendo i livelli di presenza nelle aziende. Articolazione del lavoro con orari differenziati che favoriscano il distanziamento e favorire la flessibilità degli orari di uscita ed entrata. Ingresso in azienda attraverso App che informano sulle presenze in ufficio con orari di ingresso distanziati di 5 minuti.

Semplificazione delle procedure. Incentivare l’utilizzo delle tecnologie per snellire le procedure e la burocrazia del lavoro. Secondo Aidp è necessario ripensare la normativa sulla privacy e la GDPR nelle aziende. I datori di lavoro devono mettere al primo posto la salute di dipendenti, collaboratori e clienti trovando un equilibrio per accedere ai dati personali. Inoltre serve semplificazione delle procedure per accedere agli ammortizzatori sociali.

Relazioni industriali. Va disinnescata la conflittualità che rischia di esplodere per l’emergenza. Serve la partecipazione dei lavoratori alla gestione e all’utile dell’impresa (elemento cardine del sistema tedesco) giungendo all’attuazione dell’articolo 46 della Costituzione.

Flessibilità e contratti a termine. Secondo l'associazione, senza flessibilità non saremo in grado di sostenere l’impatto legato al coronovirus e la competitività con altri Paesi. Flessibilità vuol dire anche nuovi modelli contrattuali in grado di considerare la prossimità contrattuale territoriale e una contrattazione adeguata a sostenere a medio termine i livelli occupazionali. In Italia, negli ultimi anni, si sono aboliti i voucher, forme di pagamento tracciabile per tanti lavoretti temporanei, si è intervenuti per rendere difficile il ricorso a contratti a termine, così che oggi ci sono meno strumenti per lavori di qualità nella crisi e per il post-crisi. È stato burocratizzato il ricorso alla somministrazione come i contratti di apprendistato ed a tempo determinato, mettendo in crisi una forma di lavoro che assicura più tutele di altre. In questo tempo di paralisi l’obbligo delle causali per i rinnovi dopo i 12 mesi, e l’aggravio di costi, nelle aziende rischiano di scoraggiare la conferma dei lavoratori a tempo.

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