venerdì 1 marzo 2024
Le costruzioni di scenografie garantiscono i profitti maggiori: secondo anno in utile per la società controllata dal Tesoro. E grazie ai fondi europei del Pnrr si potranno costruire 5 nuovi teatri
L'ingresso al complesso di Cinecittà

L'ingresso al complesso di Cinecittà - Imagoeconomica

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Accoglie le storie e quanti hanno il talento per raccontarle al cinema, ma anche nelle serie tv di Netflix, Sky e Prime: è Cinecittà SpA, considerata la casa delle creatività e dell’artigianalità nel settore dell’audiovisivo in Italia, a rilanciarsi, sfruttando la crescita delle piattaforme per lo streaming video e raggiungendo negli ultimi tre anni quasi 100 milioni di euro di fatturato, di cui 40 milioni solo con la costruzione di scenografie. Profitti che godono del fascino stesso di questo luogo: Cinecittà è, infatti, un simbolo per il cinema mondiale, amatissimo dal grande maestro Federico Fellini.

Una volta entrati da via Tuscolana, a Roma, ci si ritrova in un dedalo di edifici che comprendono attrezzerie, magazzini, uffici per la post-produzione con tecnologie avanzate e teatri di posa, di cui 20 già a disposizione delle troupe italiane e internazionali che scelgono di lavorare negli studios romani, a cui si aggiungeranno da aprile il teatro 7 – 800 metri quadrati già rinnovati – e a seguire altri 5 teatri in costruzione che verranno completati entro il 2026: dagli attuali 18mila metri quadrati si andrà quasi a raddoppiare la superficie di produzione a disposizione di registi, scenografi e attori arrivando a 30mila metri quadrati.

Il 2023 è stato archiviato con un fatturato di oltre 43 milioni di euro, con una crescita del 10% rispetto all’anno record del 2022 da quasi 35 milioni, già raddoppiato rispetto al 2021. Secondo Cinecittà, l’aumento è da ricondursi, da un lato, alle oltre 50 produzioni audiovisive in meno di due anni e dall’altro, alla piena occupazione degli spazi teatrali, stabile oltre il 75% contro il 31% degli anni precedenti.

Decisivo poi è stato l’incremento delle commesse per le costruzioni sceniche che determinano da sole 21 milioni del fatturato. A Cinecittà non ci sono solo teatri di posa, ma anche set all’aperto costituiti da 9 ettari di terreno e vegetazione che ogni volta vengono ripensati, ridisegnati, riallestiti, proprio dal team dell’Art department, ossia i falegnami e pittori che lavorano alla costruzione delle scenografie e che per la prima volta, lo scorso anno, hanno contribuito alla realizzazione del grande presepe in piazza San Pietro. «Il lavoro più incredibile che mi è capitato di fare in 40 di anni di lavoro da falegname scenografo è stato quando ho dovuto riprodurre la ‘stanza delle lacrime’ dove si ritrova il Papa dopo la sua elezione» ha raccontato Paolo Perugini, falegname scenografo che lavora con DWG e 3D e macchine a controllo numerico, riferendosi al film britannico “Conclave” del regista Edward Berger per il quale lo Studio 15 è diventato una replica in scala reale della Cappella Sistina. Un altro tributo alle maestranze di Cinecittà lo ha rivolto la regista Alice Rohrwacher, raccontando di aver cercato in tutta Italia scultori autentici per il suo film che poi ha trovato solo tra i professionisti degli studios romani.

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Una volta oltrepassato lo storico ingresso, non sembra di essere entrati in una dimensione di finzione, almeno fino a quando non ci si avvicina a toccare con mano una parete di polistirolo, un sostegno di legno, un portale in gommapiuma o una colonna in vetroresina: solo allora si ha la conferma di essere entrati nella “fabbrica dei sogni” come da sempre viene denominata Cinecittà, fondata nel 1937 da Benito Mussolini. L’attuale ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano ne ha riconosciuto il valore strategico, anche se il rilancio di Cinecittà, grazie ai fondi europei del Pnrr era già iniziato con il ministro dem Franceschini. Finora 100 milioni di euro sono stati utilizzati per avviare i lavori e si arriverà a quasi 200 milioni di investimenti che daranno una forte spinta alla sostenibilità energetica e ambientale degli studios romani. 

Poco più di dieci anni fa Cinecittà aveva rischiato di finire trasformata in un parco divertimenti e non erano mancate contestazioni e anche occupazioni dei teatri di posa in segno di protesta verso il piano industriale predisposto dalla Italian Entertainment Group, la società di Luigi Abete che gestiva allora Cinecittà. Nel 2017 la società pubblica Istituto Luce Cinecittà ha riacquisito il ramo d’azienda privatizzato nel 1997 con il nome di Cinecittà Studios facendolo tornare in capo allo Stato. Ora resta da vedere se nell’azienda partecipata di primo livello – controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze – la presidente di Cinecittà, Chiara Sbarigia e l’amministratore delegato Nicola Maccanico verranno confermati, già ad aprile o entro giugno in occasione dell’assemblea di approvazione del bilancio. Mesi fa erano circolate anche voci di una possibile quotazione in Borsa di Cinecittà, decisione che spetterebbe però direttamente al ministero dell’Economia e delle Finanze. 

Stando ai conti del 2022 il famoso marchio romano pare abbia ritrovato una collocazione prestigiosa sulle mappe dei produttori e dei registi internazionali: se l’aumento della durata delle produzioni legato al boom delle serie tv sta impattando positivamente, anche il fatto che Roma sia nota in tutto il mondo per la sua ricca cultura, la sua ospitalità e il suo clima sono certamente aspetti che non vengono ignorati da molte troupe internazionali al momento della scelta su dove stabilirsi per lavorare per mesi. Lo sciopero di sceneggiatori e attori di Hollywood della scorsa estate, inoltre, ha colpito solo marginalmente le strutture di via Tuscolana, che in quel periodo, in un’ottica di diversificazione, hanno aperto maggiormente le porte dei propri teatri di posa a produzioni televisive.

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Pupi Avati ha appena terminato le riprese del suo ultimo film “L’orto americano”; anche Angelina Jolie aveva scelto Cinecittà per il suo “Senza Sangue”, adattamento dell’omonimo libro di Alessandro Baricco. Sempre sui set romani ha lavorato il regista britannico Joe Wright per il suo adattamento televisivo di “M. Il figlio del secolo”, il romanzo di Antonio Scurati sulla giovinezza di Mussolini. Una versione moderna di “The Decameron” è stata girata per Netflix così come “Ripley”, la serie tv basata sui romanzi di Patricia Highsmith, creata da Showtime e acquistata nel 2023 dal colosso dello streaming, per citare solo alcune delle ultime produzioni realizzate nei mesi scorsi a Cinecittà. 

In termini di conti economici, il 2023 è stato il secondo anno consecutivo in utile. Il fatturato registrato comprende 43,5 milioni di euro ricavati dai teatri, dai locali e dalle scenografie, di cui 21 milioni sono prodotti dalle maestranze dell’Art Department. Anche l’Ebit con 1,6 milioni di euro, in linea con il piano industriale. In meno di tre anni, si è passati da un tasso di occupazione medio del 30% a quasi l’80% di occupazione media degli studios di via Tuscolana, a Roma. Il magazine culturale del quotidiano francese Le Monde nel dedicare una copertina a Cinecittà, aveva usato l’espressione «Nuova età dell’oro» per gli studios romani che «hanno ritrovato l’effervescenza anni ‘50 e ‘60, quando erano chiamati ‘Hollywood sul Tevere’».

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